“Non è questione di ruoli, ma di come copri gli spazi“: dal suo arrivo sulla panchina della prima squadra della Pergolettese, Giovanni Mussa ha voluto mettere subito la sua idea in chiaro. E ha lavorato giorno e notte per insegnarla ai propri giocatori. Con tantissima passione e altrettanto carisma. Parlando di tattica, di calcio, di metodo. Dell’esigenza di un credo comune. Per lottare tutti insieme verso la salvezza.
E i risultati iniziano a parlare, specchio del gioco. Fondamentale per Mussa. Uno che, fino a poche settimane fa, non aveva mai allenato tra i professionisti, ma che ha già scritto un libro, in cui spiega la sua filosofia di calcio. Personalità e voglia di vincere, sempre. Ma prima ancora, di giocare bene. Ovvero intraprendere un cammino che risulti sia divertente che efficace. Un po’ come… una buona pizza. Metafora azzardata? Forse sì. Ma nient’altro descriverebbe meglio Mussa, l’allenatore (forse l’unico) con un passato da pizzaiolo e ristoratore. Anni con le mani in pasta, e ancora oggi è titolare di una pizzeria, vicino Crema. E ora sta reimpostando (o meglio: reimpastando) la Pergolettese.
Nei pressi dello Stadio Voltini lo descrivono come un malato di calcio. Quasi pazzo (per il fútbol). Ma di quella pazzia tutta positiva, di cui parla Erasmo Da Rotterdam nel suo “Elogio della follia“ (“Vedete anzitutto con quanta pre-veggenza la natura, madre e artefice del genere umano, ha badato, perché non manchi in nessun luogo, per condimento, un zinzin di pazzia“). E con le sue idee, è andato a vincere 1-2 al Nereo Rocco contro la Triestina. Alla sua terza partita in assoluto tra i pro (prima aveva allenato solo l’Under 17 gialloblù e il Villa Valle in D). In dieci uomini per tutto il secondo tempo, causa espulsione di Lambrughi. Nessuna paura, tanto sacrificio. E tanta follia positiva.
Dal suo arrivo a Crema al posto di Lucchini, Mussa ha iniziato una vera e propria rivoluzione. Partendo dalla porta: il titolare di tutta la stagione fino a questo momento, Cesare Galeotti, è stato sostituito da Matteo Soncin, scuola Milan, ritenuto migliore nel gioco con i piedi. Poi, in difesa, una scelta follemente vincente: Mariano Arini difensore centrale. Uno che ha alle spalle una carriera da mezz’ala in medio-alta Serie B. Poi spostato mediano. E ora, a 35 anni, si è prestato ad uno stravolgimento del suo stile di gioco. Per non parlare del centrocampo: a Trieste, in mezzo hanno giocato (oltre a Mazzarani, di ruolo) Lepore e Girelli, due giocatori che nascono come terzini. E in attacco, senza il centravanti Scardina (per scelta tecnica), hanno giocato il jolly Bernat Guiu (può essere impiegato ovunque: mezz’ala, terzino, esterno, seconda e prima punta) e il trequartista/ala Hide Vitalucci.
Un trionfo del gioco e della grinta. Di Davide (indebolito pure da un’espulsione) contro Golia. Corse sfrenate ma intelligenti, marcature, pressing, spirito di combattimento. Perché Mussa è anche un motivatore. “Al suo discorso pre-partita, tremavano i vetri”, ci raccontano dallo spogliatoio. E la squadra, che non vinceva da quasi due mesi, ne beneficia: al ritorno, sul pullman, i calciatori gli hanno già dedicato un coro. “Mussa is on fire”, sullo stile di quello per Pioli. Ergo: spensieratezza. Che, guarda caso, (ma è ancora troppo presto per dirlo) fa rima con salv(…).
A cura di Luca Bendoni
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