Pescara, Baldini: “Motta e Fonseca per me non esistono, la Serie A non mi appartiene”
L’intervista di Silvio Baldini al Corriere dello Sport: le parole dell’allenatore toscano
Dal suo arrivo in Abruzzo, Silvio Baldini è stato la vera cura di questo Pescara. Tutti ci ricordiamo l’aria che si respirava da quelle parti quando in estate, dopo una stagione molto al di sotto delle aspettative, la piazza biancazzurra chiedeva a gran voce un cambiamento di passo. Baldini non è nuovo a queste situazioni e ancora una volta, continuando ad applicare lavoro e dedizione, è riuscito sia riportare quel dovuto rispetto verso la maglia del Pescara, e subito dopo, in secondo luogo, i risultati sportivi che ora lo vedono in testa al girone B con 6 punti di vantaggio sul 2° posto.
L’intera filosofia calcistica dell’allenatore toscano potremmo racchiuderla nell’ultima gara contro il Milan Futuro, vinta per 4-1 e che lo stesso Baldini, intervistato nell’edizione odierna del Corriere dello Sport, ha definito “Troppo bella”. In un calcio moderno dove contano sempre di più i numeri o gli algoritmi, la voglia messa in campo sono tornate a fare la differenza. “La passione che ci hanno messo i miei ragazzi contro gente che ha presenze in Serie A e Champions è impagabile. Gente che prende 250 e 300mila euro mentre alcuni dei miei sono al minimo sindacale con 30mila euro l’anno. In campo la differenza di valori non si è vista”.
L’umanità e il rapporto del gruppo: non solo chi scende in campo ma tutti quelli che partecipano, fino ad arrivare all’allenatore. Il calcio recupera i suoi valori primari, quelli che ci hanno fatto innamorare follemente di questo sport. “Mi piace riportare all’essenza del calcio e del lavoro i ragazzi che alleno. Ci sono riuscito a Palermo, Empoli, Carrara, anche qui adesso al Pescara: sono gratificazioni che ti riempiono la vita. Il risultato è solo la metafora del diavolo, sta tutto in una società che rinuncia alle idee e ai valori”.
Risultatismo abolito proprio nel giorno in cui, a San Siro, si sfidano Paulo Fonseca e Thiago Motta. Baldini però non è assolutamente interessato a come finirà la sfida tra i due allenatori: “Per me non esistono, io vivo nella mia dimensione. Non mi interessa cosa fanno, se giocano bene o se giocano male. Semplicemente non gli dedico tempo. All’inizio guardavo con ammirazione a Sacchi, Orrico e Maifredi, poi le ispirazioni me le son fatte venire da solo. Guardiola? È un fuoriclasse come Maradona, due portatori di creatività inimitabili”.
Il mito di Sisifo
Nell’arco della sua intervista, Baldini si è paragonato al mito di Sisifo: personaggio della mitologia greca che fu condannato dagli dei all’eterna punizione di far rotolare una roccia immensa su una collina solamente per vederla rotolare giù una volta raggiunta la cima, e ricominciare così senza mai una fine. “Secondo Camus, Sisifo rappresenta la condizione umana: il compito fatto e ripetuto all’infinito, senza senso e senza riflettere sull’assurdità della vita stessa. Sisifo però continua a farlo, bisogna immaginarlo felice nell’accettazione di questa vita perché solo così si può ottenere la libertà interiore. Io sono proprio così: amo la vita perché ho una famiglia meravigliosa e faccio esattamente come Sisifo: ogni volta che arrivo in cima, ricado giù e ricomincio”.
“Amo innamorarmi della mia squadra, adotto la strategia militare”, ha poi proseguito Baldini. “Cerco di fare sempre il massimo per ottenere il massimo dai giocatori che alleno. Non sono né un mago né un filoso, quando mi sono presentato a Pescara era in atto una contestazione fortissima, roba da mettersi le mani nei capelli. Sono arrivati 3 giocatori, uno dei quali si è rotto il crociato e l’abbiamo perso subito. Ho fatto qualche piccolo ritocco, tagliato chi non era convinto e adesso le cose girano bene“. Solamente qualche anno fa però, la vita dell’allenatore toscano avrebbe potuto prendere una piega molto diversa: ‘”6 anni fa stavo già pensando di cambiare mestiere. Cosa avrei fatto? Il pastore di capre e qualche mucca, credo che anche gli animali sentano la natura e percepiscano il piacere dell’essere accuditi. Sono una vita in montagna, sono Heidi“.
La lotteria (quasi) vinta
Baldini ha infine ripercorso alcune importanti tappe della sua carriera partendo dal Bagnone, squadra toscana della seconda categoria: “Si tratta di un paesino famoso solo perché lì furono vinti 160 milioni al Superenalotto: fu la prima grossa vincita della storia. Non fui io a beneficiarne ma ci andai vicino: quel giovedì alle 3 di notte andammo a funghi io e un mio amico, erano i primi di settembre. A un certo punto mi disse “Perché non compriamo un biglietto?”, tornato a casa ne parlai con mia moglie e mi diede del pazzo. Spendere 100, 90 o 50 euro per la lotteria era da matti, ma se avessi dato retta a quell’intuizione…chissà”. La vita da ricchi però, come affermato da lui stesso, non fa per Baldini: “I ricchi si adagiano troppo, a me piace combattere anche per le piccole conquiste, quelle di ogni giorno”.
Spazio poi ad alcuni nomi del passato, da Di Natale fino all’attuale C.T. della Nazionale: “Di Natale è il giocatore più forte che ho allenato, con me ha imparato a stare nella squadra. Poi all’Udinese non si allenava con gli altri il mercoledì, lui e Sanchez prendevano un portiere e affinavano solo il tiro. Totò mi ha confermato che con me non sarebbe stato possibile, io avrei rinunciato a un capocannoniere per beneficiare il rispetto del gruppo. Spalletti? Lo conosco da 35 anni, quando giocava ancora nello Spezia. L’ho sentito prima e dopo gli Europei: era molto triste, l’ho lasciato il pace”.