Di strada, Simone Pesce, ne ha fatta. Eccome. È partito, come tanti, dai campetti della sua città, Latina. Quelli in cui se ti sbucci un ginocchio su due torni a casa contento perché l’altro, almeno questa volta, non sanguina. Riuscito, come qualcuno, ad esordire per la sua squadra e diventarne un idolo. Ha girato, come pochi, l’Italia da professionista: Sardegna, Marche, Sicilia, Piemonte, Lombardia… come dicevamo, un po’ di strada ne ha fatta. Tutto questo per coronare il sogno, come pochissimi, di arrivare in Serie A. Ora, a fine corsa, dopo aver annunciato il ritiro col Lumezzane, è diventato il nuovo direttore sportivo del club .
Quando sei di Latina e giochi per il Latina, sposi una causa. Non è solo sport. Dalle giovanili all’esordio in D nel 2000 fino alla promozione in C2 e una militanza durata 6 anni, 127 partite e 6 gol. Poi l’addio, doloroso forse, necessario sicuramente. Per sbocciare. La Torres è il trampolino di lancio: 31 presenze in C1 gli valgono la chiamata dell’Ascoli. E che chiamata. È l’estate del 2006, il cielo è azzurro sopra Berlino e Attilio Tesser ha bisogno di Simone per restare in Serie A. L’occasione della vita. Al primo anno colleziona 27 presenze in massima serie, ma la squadra non gira e retrocede. Diventeranno 127 tra A, B e Coppa Italia. Un pezzo di storia. Nel mezzo, l’incrocio con un grandissimo del calcio moderno: il “Cholo” Diego Simeone, che lo vuole a Catania. Questo sì, che per è pochi eletti.
Finita l’esperienza siciliana inizia quella al Nord Italia, dove evidentemente Pesce si sente a casa. Prima il Novara, dove colleziona i suoi ultimi gettoni in A e purtroppo, un’altra retrocessione. Ma non molla: in azzurro, in Serie B, trova la sua miglior stagione a livello realizzativo (6 gol nel 2012/13). Dopo 4 anni e mezzo in Piemonte, scopre la Lombardia: Cremonese, Feralpisalò e Lumezzane. Quest’ultima, grazie al pressing dell’amico Andrea Caracciolo (sì, l’airone) sarà la favola della sua carriera.
Presa in Eccellenza e portata ai playoff Serie C in 4 anni, fino al ritiro, da capitano. Quella scalata sempre con gli stessi colori addosso, fino al nuovo ruolo di direttore sportivo. Adesso è da qui, che vuole ottenere altre imprese. Partito da Latina, chissà se Pesce avrebbe mai pensato che ci sarebbe stata una squadra con la “L” a farsi spazio nel suo cuore. Estate 2020, è appena scoppiato il Covid e nel mondo calcio regna l’incertezza. A 38 anni ed in una situazione così complessa, c’è chi appenderebbe le scarpette al chiodo. Ma Simone no, ha ancora voglia. Forse, per lui, l’Eccellenza deve essere l’ultimo campionato con cui chiudere la carriera, ma il bello deve ancora venire. Due anni di purgatorio, poi la D. E in men che non si dica il ritorno in C. Un ultimo sforzo, non è ancora il momento di lasciare. Da capitano porta la squadra per mano ai playoff. Davanti c’è il Legnago, la rivelazione della stagione, a sbarrargli la strada al primo turno. Finalmente può finire qui. Dopo 673 partite, 8 squadre, 5 regioni e 5 categorie, Simone Pesce dice stop. E “dà” il benvenuto alla sua nuova vita professionale. Sempre al fianco del presidente Caracciolo, ma dietro una scrivania.
Il Lumezzane ne omaggia il viaggio: “Capitano di mille battaglie, esempio di professionalità vera, trascinatore vincente, protagonista sul campo di una cavalcata indimenticabile con i colori rossoblù. Grazie non può racchiudere la stima, l’affetto e la gratitudine che tutto Lumezzane prova per te. Onore a te Simone, nostro condottiero“. No, questo non è neanche per pochi. Forse è per uno solo, che di strada ne ha fatta. Eccome.
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