Circa trent’anni fa dall’altra parte dell’Adriatico iniziavano i primi conflitti balcanici. Gli italiani guardavano con particolare attenzione: per la vicinanza geografica, ma anche per la nostra storia profondamente legata a quei posti. Purtroppo il terreno di battaglia più sanguinoso è stato quello della Bosnia Erzegovina. Dall’altro lato del confine, sulla sponda montenegrina, ecco inerme la famiglia Raicevic. Oggi sembra tutto così diverso, con Filip Raicevic – punta 28enne – che sta usando la forza delle sue origini per provare a trascinare il Piacenza.
“Ho ancora in mente qualche flash di quando ero bambino. Dovevamo entrare di corsa in casa perché arrivavano i soldati”, ci spiega l’attaccante classe 93. “Quando sono nato fortunatamente la guerra stava finendo. E’ stata una situazione difficile per tutti. A viverla in prima persona sono stati i miei nonni e i miei genitori”. Ovviamente le cicatrici di quel periodo si vedono ancora oggi. “La mentalità è molto accesa, quasi guerrigliera. Fai presto ad arrivare al conflitto”.
Ma Filip è l’esatto opposto, tranquillo e socievole. Orgoglioso della sua terra. “Portare la maglia del Montenegro è stato il momento più bello della mia carriera. Quando sentii l’inno mi venne la pelle d’oca. Giocare per la propria nazionale è la cosa più bella per un giocatore: puoi giocare dove ti pare, ma la nazionale è un qualcosa di diverso”. Arrivato in Italia ad appena 21 anni, Raicevic ha avuto due maestri a Vicenza. “Zaccardo ed Amelia sono ragazzi fantastici. Sia dentro che fuori dal campo non te lo fanno pesare che sono campioni del mondo. Facevano sentire la loro esperienza, ma nel modo positivo”.
Rimanendo in tema nazionale, lo spogliatoio del suo Livorno era animato da un’altra vecchia conoscenza degli azzurri. “Alino Diamanti è un grandissimo, il numero uno. Fa divertire tutti proprio per indole, è un ragazzo d’oro. La mattina quando mi sveglio e vedo le sue storie su Instagram dall’Australia mi faccio delle risate ed inizio bene la giornata”. Goliardico per natura, ma non dimentichiamoci il campo. “Oltre ad essere una grande persona è anche un grandissimo calciatore. Tuttora fa la differenza”.
Quell’Emilia che ha portato bene a Diamanti, ora Filip spera che possa dargli le stesse “good vibes”. “Già in estate il Piacenza mi aveva cercato, ma io avevo anche altre offerte. Avevo anche qualcosa dall’estero, però volevo rimanere in Italia ed ho scelto questa piazza perché mi sembrava la migliore da cui ripartire”. Si, ripartire, perché a livello fisico Raicevic – 133′ giocati e un gol fino ad oggi – non sta passando un periodo ottimale. “Ora in primis ho bisogno di mettermi a posto fisicamente. Voglio portare la mia esperienza e aiutare i tanti ragazzi della squadra a crescere”.
La voglia di tornare di Raicevic è tanta, anche perché ci sono dei traguardi con il Piacenza da raggiungere. “Il primo obiettivo è quello della salvezza. Poi è chiaro che non ci accontentiamo e vogliamo sempre di più. Ma prima di tutto viene la permanenza della categoria”.
Il montenegrino spera che il suo futuro prossimo non sia minato dalla pandemia, come successo nella stagione 2019/2020. “Era partita alla grande l’esperienza in Polonia. Poi è arrivata la prima ondata di Covid e sono stato chiuso in casa per tre mesi in un appartamento”. Un periodo di totale confusione. “Era tutto fermo e non si sapeva se si poteva giocare. È stato molto difficile, ma credo come per tutti. Non uscivo di casa neanche per buttare la spazzatura”.
Ma Filip si è rifatto con gli interessi nella stagione seguente con la Ternana. “È stata spettacolare. Se quell’annata non è ripetibile, poco ci manca. Abbiamo raggiunto e distrutto record su record della Serie C. Era tutto perfetto, è andato tutto nel verso giusto”. Purtroppo però il ritorno in B di Raicevic non si è concretizzato. “Mi sarebbe piaciuto giocare in Serie B con la Ternana. Inizialmente doveva andare anche così, poi sono successe un po’ di cose e non si è chiusa la trattativa“.
Di Filippo Rocchi
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