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Dal rapporto con Zeman al traguardo storico con il Pineto, Tisci: “Abbiamo costruito un rapporto importante”

Le parole dell’allenatore

Il Pineto ha centrato aritmeticamente l’accesso ai playoff, raggiungendo con largo anticipo un traguardo storico per il club. Un risultato straordinario che porta la firma dell’allenatore Tisci, ospite speciale del nostro appuntamento “LaCasadiC – Talk”, dove abbiamo ripercorso insieme le tappe di questa splendida cavalcata e non solo.

Per prima cosa l’allenatore ha raccontato il suo arrivo a Pineto: “Ho avuto questa opportunità dopo le prime 7-8 giornate, quando sono stato contattato. In quel periodo ero in attesa, ma non con le mani in mano: cercavo di studiare, di guardare quante più partite possibili. Quando non si parte dall’inizio, è fondamentale restare aggiornati e farsi trovare pronti. Vivendo a Pescara, ho avuto modo di seguire da vicino il girone B, che conoscevo meno, visto che l’anno scorso avevo avuto la fortuna di allenare nel C. Nelle prime giornate ho cercato di immergermi il più possibile, proprio perché speravo che arrivasse un’occasione. Quando è arrivata la chiamata del Pineto, è stata per me una grande soddisfazione. Dopo il colloquio, il mio obiettivo era riuscire a convincere sia il direttore che il presidente, perché sentivo che poteva essere la situazione giusta per ripartire, per proporre le mie idee. Oggi, guardando indietro, sono felice della scelta fatta e ancora di più di aver rinnovato il contratto“.

Credo che subentrare non sia mai facile. Dipende sempre dal tipo di gruppo che trovi. È chiaro che quando si cambia allenatore, spesso è perché le cose non stavano andando bene, ma devo dire con onestà che a volte questi cambi vengono fatti con troppa fretta. Ci sono situazioni in cui gli allenatori vengono esonerati senza che lo meritino davvero. Nel nostro mondo c’è poca pazienza, e tanta voglia di ottenere risultati immediati. Nella mia carriera da allenatore mi è capitato due volte di subentrare. La prima è stata a Bisceglie, a poche giornate dalla fine di un campionato complicatissimo. Quell’esperienza mi è servita molto, perché lì ho capito che il primo passo non è tecnico o tattico, ma mentale: devi entrare nella testa dei ragazzi, cercare di dare loro fiducia, stabilità. A Pineto è stato lo stesso. Sapevo di avere a disposizione un gruppo giovane, di prospettiva, ma impaurito e con poca autostima. Ho cercato prima di tutto di lavorare su quello. Poi, con il tempo e i risultati, abbiamo costruito anche tutto il resto. La bacchetta magica non ce l’ha nessuno. Quello che conta davvero è non stravolgere troppo, ma capire in fretta dove intervenire e farlo con intelligenza, rispettando l’equilibrio del gruppo“.

Prosegue raccontando la soddisfazione di aver raggiunto i playoff: “Le sensazioni non possono che essere estremamente positive. Da quando sono arrivato, abbiamo costruito un percorso importante insieme a questi ragazzi e a questa società. Sarebbe esagerato dire che ce lo aspettavamo: tutti sapevamo che l’obiettivo principale del Pineto era consolidare la categoria. Quando sono stato chiamato, la stagione era appena iniziata e non nel migliore dei modi. Però ero convinto che, con questo gruppo, ci fossero le basi per raggiungere la salvezza. La verità è che siamo andati ben oltre le aspettative. Credo che chiunque avrebbe firmato per trovarsi in questa posizione di classifica, non solo oggi ma già da diverse settimane. Ed è per questo che siamo davvero molto contenti“.

Pineto, Tisci: “Abbiamo la sicurezza di giocare tre partite ancora”

L’allenatore ha poi analizzato le ultime due partite della regular season della squadra contro la Virtus Entella e il Rimini: “Nonostante la certezza aritmetica di disputare i playoff, è già da qualche settimana che siamo dentro a questo traguardo, ora abbiamo la sicurezza di giocare almeno tre partite: le due che restano in campionato e la prima gara dei playoff. Il nostro obiettivo adesso è cercare di mettere la ciliegina sulla torta: conquistare la possibilità di giocare la prima, storica partita dei playoff in casa. Sarebbe un traguardo importante, non solo per il valore simbolico, ma anche perché ci darebbe il vantaggio di avere due risultati su tre a favore. Le ultime due partite della regular season, però, vanno affrontate con il giusto atteggiamento. Basta pensare a quanto successo nei primi 15-20 minuti dell’ultima trasferta contro la Pianese: siamo partiti male, abbiamo pagato e siamo tornati a casa con una sconfitta pesante, forse anche oltre il punteggio, ma meritata. Non abbiamo interpretato la gara nel modo giusto. Lunedì affronteremo con grande orgoglio e soddisfazione una squadra che ha strameritato di vincere il campionato: secondo miglior attacco, miglior difesa, una sola sconfitta. Numeri che parlano chiaro. Da ex calciatore so bene che non verranno a fare una passeggiata: vorranno chiudere al meglio, magari puntare a qualche record, e sarà una partita tosta. L’ultima sarà contro il Rimini, un’altra squadra che ha fatto qualcosa di straordinario e che si presenterà con un ottimo piazzamento playoff. Tutti vogliono ben figurare nelle ultime giornate, e non esistono partite semplici da qui alla fine“.

Un commento anche sul rapporto con i suoi calciatori: “Un po’ per indole, cerco sempre di affrontare tutto con lo spirito giusto, con ottimismo, sia nella vita privata che nel lavoro. Credo che chi fa questo mestiere debba sentirsi fortunato: allenare, vivere di calcio, è un privilegio. È una passione che porto dentro da sempre, e per questo cerco di viverla con entusiasmo. La mia esperienza da calciatore cerco di trasmetterla ai ragazzi ogni giorno, pur sapendo che oggi il mio ruolo è diverso. Il rapporto con loro è sempre stato schietto e diretto. Sono esigente, prima di tutto con me stesso, e poi con loro, soprattutto nell’ora e mezza in cui si va in campo: lì pretendo il massimo. Fuori dal campo, però, lascio libertà e responsabilizzo molto il gruppo. Credo che i ragazzi vadano guidati, aiutati a sbagliare il meno possibile, ma anche ascoltati. Cerco sempre di avere con loro un rapporto molto umano, perché penso che sia la base per raggiungere certi traguardi. È chiaro che la qualità dei singoli conta, ma in questa categoria, alla lunga, è il gruppo che fa la differenza. E io ho la fortuna di avere un gruppo che, sotto questo aspetto, mi segue con grande convinzione“.

Tifosi Pineto, screen | lacasadic.com
Tifosi Pineto, screen | lacasadic.com

Un salto nel passato di Ivan Tisci

Prima di intraprendere la carriera da allenatore Ivan Tisci è stato un calciatore ed è stato allenato anche da Zeman. “Quando si parla di Zeman, è sempre un argomento giusto e importante da toccare, e lo dico con piacere ogni volta. Sono davvero fiero di essere stato allenato dal mister, perché a livello calcistico è senza dubbio la persona che mi ha lasciato di più. È una persona vera, in tutto e per tutto — nel bene e anche quando c’era da farmi capire qualcosa o assegnarmi dei compiti precisi. Ho un ricordo bellissimo di lui, e sono tante le cose che mi porto dentro. Dico sempre che Zeman non si può copiare o emulare: però si può imparare tanto, rubare con gli occhi. Per le mie caratteristiche, lui è stato una vera svolta: mi ha permesso di esprimermi al massimo, di fare un grandissimo campionato con l’Avellino, tirando fuori tutte le mie qualità offensive. Oggi, da allenatore, cerco di trasmettere ai miei ragazzi molte delle cose che ho imparato da lui, anche sul campo, sempre con umiltà, senza nessuna presunzione di volerlo imitare. Ma certi insegnamenti, certi concetti, li porto con me e cerco di passarli al gruppo. Sono parte di me, e lo saranno sempre“.

Oltre al rapporto con Zeman, Tisci ha ricordato anche l’esperienza che gli resta nel cuore: “È chiaro che, da calciatore, uno dei primi pensieri va all’esordio in Serie A. Io, genovese di nascita, ho avuto la fortuna e l’orgoglio di debuttare con la squadra della mia città, il Genoa, a poco più di 18 anni. È un ricordo indelebile, perché il calcio di allora era diverso da quello di oggi, e vivere un momento così importante con la maglia del Genoa addosso è qualcosa che porterò sempre dentro di me. Devo dire, però, che anche la mia prima convocazione con la prima squadra, l’anno prima dell’esordio, fu qualcosa di speciale: ero ancora giovanissimo e partimmo per una trasferta all’Olimpico contro la Lazio. Volammo in aereo insieme a giocatori di altissimo livello dell’epoca… sono immagini e sensazioni che non si dimenticano. Ho avuto la fortuna di vivere tanti bei momenti da calciatore, ma anche da allenatore porto con me ricordi importanti. Forse può sembrare scontato, ma il mio esordio in panchina – anche se in Serie D – è stato molto significativo. Accadde a Bisceglie, in un finale di stagione: una breve parentesi, sì, ma intensa. Quella fu la mia prima partita da tecnico responsabile di una prima squadra, e arrivò anche la prima vittoria. Sono molto legato a Bisceglie, anche per motivi personali. Lì avevo una carissima amica, che poi è venuta a mancare. Ecco, questo rende ancora più forte il legame con quella città e con quel momento. Sicuramente è un ricordo che porterò sempre con me“.

Tisci oltre al campo

Ma chi è realmente Ivan Tisci al di fuori del campo da calcio? Ecco la risposta dell’allenatore: “Quello che vedete oggi. Sono una persona che cerca di vivere ogni giorno con entusiasmo, con sincerità. Credo molto nei valori, nell’amicizia, e cerco di essere sempre trasparente in tutto quello che faccio. Ivan Tisci di oggi è sicuramente diverso da quello che era da calciatore – e non solo per i capelli bianchi! Oggi ho delle responsabilità diverse, non solo in campo ma anche fuori, perché quando intraprendi questo percorso, ti porti dietro tanto, a livello umano e professionale. Avere una famiglia accanto è stato fondamentale nella mia crescita personale e in questo cammino. Dicono che da giocatore fossi un po’ pazzerello di testa… può darsi. Ma so che tutto quello che magari non sono riuscito a ottenere in campo, ora cerco di trasformarlo in esperienza, da trasmettere agli altri. Farne tesoro, insomma“.

A conclusione non poteva mancare un aneddoto culinario: “Cosa mi manca di più di Genova? Beh, sicuramente la focaccia genovese, che è unica. Paese che vai, usanza che trovi, ma la focaccia lì è insostituibile. Anche il pesto mi manca, anche se, a dire il vero, si può trovare un po’ ovunque, ma non è mai come quello originale. Sono quelle piccole cose che, quando torno a casa a Genova da mia mamma, cerco subito di non farmi mancare. È un po’ come un ritorno alle radici, quei sapori che ti fanno sentire subito a casa“.