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Teramo, ecco Pochesci: dal Monterotondo alla B con la Ternana. Una storia da raccontare

“Io sono Sandro Pochesci, vengo dalla gavetta e faccio della mia passione e determinazione, il mio punto di forza – le sue parole al Quotidiano di Puglia –“. Non male come presentazione. Forse, potremmo fermarci qui. Ma questo allenatore, ha davvero tanto da raccontare. Il classico personaggio che resta scolpito nella mente, uno di cui non ti scordi facilmente. Un genio, a suo modo. Tanta gavetta, mai il passo più lungo della gamba. Ma con il sacrificio e la passione, in 7 anni è arrivato ad allenare in Serie B. Un percorso che in pochi possono realizzare. Un viaggio in cui sognare potrebbe non bastare. Serve di più. Serve essere “antipatici”, ma “veri”. Voce del verbo Pochesci, l’allenatore che sfida gli scienziati e i tuttologi del mondo del calcio. Adesso, dopo tante avventure, allenerà il Teramo (leggi qui i dettagli), sotto la supervisione di un presidente particolare: Aldo Spinelli. Una coppia inedita, ma tanto, davvero tanto, curiosa.

Pochesci, il “Romanaccio” partito dalla Prima Categoria

Dai bassi fondi, dalla terra battuta. Ma è da qui che si parte, se non sei davvero qualcuno. Pochesci era unico, già ai tempi, ma doveva presentarsi al mondo. “Romanaccio”, di quelli con cui ti prenderesti una carbonara in osteria. Inizia dalla Prima Categoria, alla Polisportiva Borghesiana, dove vince il campionato. La sua seconda avventura è a Roma, alla Torbellamonaca, prima come direttore tecnico e poi come allenatore. È ricoprendo quest’ultimo ruolo, che riesce a raggiungere con la sua squadra la promozione in Eccellenza. Seguiranno le esperienze in Serie D al Guidonia, con cui in tre anni riesce a raggiungere i playoff e alla Viterbese, in Serie C1. Lascerà i gialloneri dopo il cambio di società, dimettendosi da 3° in classifica. Un gesto che spiega il suo carattere al meglio. I valori, prima del risultato sportivo. E nel corso della sua esperienza a Viterbo, racconterà: “Facevo il portantino nel reparto dialisi ad Ostia, dopo lavoro andavo ad allenare la squadra portandola al terzo posto”. Vulcanico, camaleontico, ma una persona di cuore come poche oggi nel mondo del calcio. A seguire, l’esperienza breve di Olbia, dove allenerà per pochi mesi da luglio a novembre 2007.

“Contro gli scienziati”, dal Monterotondo alla B con la Ternana

“Sono contro i tuttologi e gli affaristi, il calcio ormai è pieno di questa gente qui, che se ne infischia di quanto la tifoseria tenga alla propria squadra”, diceva Pochesci al Quotidiano di Puglia nell’aprile 2020. Evidentemente, un mondo che non gli appartiene più ma che lo ha richiamato. E lui ha accettato, perchè in Abruzzo si respira quel tipo di vento che lui desidera. Di umiltà, valorizzazione dei giovani, patrimonializzazione. Pochi soldi e tanti valori. Proprio come nelle sue esperienze al Flaminia Civitacastellana (Roma), Monterotondo Lupa, Cynthia e Ostiamare. Prima dell’approdo al Fondi nel 2016, da cui viene esonerato, sempre nello stesso anno, per motivi disciplinari. Notizia che non destò stupore o meraviglia. Gli uomini passionali sono così: calorosi e istintivi allo stesso tempo. Nel 2017 arriva poi la chiamata in Serie B del presidente della Ternana Stefano Bandecchi. Un’escalation da sogno. Meritata e voluta, sempre dormendo la notte e aspettando il proprio momento. L’avventura durerà soltanto un anno: nel 2018 fu infatti esonerato dopo il pareggio interno contro la Salernitana. Dopo aver ottenuto l’abilitazione da allenatore di Prima Categoria, allena la Casertana subentrando a Nello di Costanzo e Raffaele Esposito, raggiungendo i playoff. A fine 2019 lo mette sotto contratto il Bisceglie, ma dura pochissimo dopo aver raccimolato appena 3 punti in 9 gare. La sua ultima esperienza è stata sulla panchina del Carpi, iniziata ad agosto 2020 e conclusa a gennaio del 2021.

“Il movimento italiano deve cambiare, nessuno mena più”

Accento capitolino inconfondibile, stile pirotecnico. Pochesci è ricordato anche per il suo sfogo in conferenza stampa dopo la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali del 2018. “In Italia nessuno più mena, prima vincevamo e le davamo, adesso perdiamo e le prendiamo. Se giochi con la paura ti gli autogol, questo accade. Se vedo che i miei ragazzi giocano con paura, io me ne vado”. Conciso, pungente, al punto giusto. 4 anni fa, l’allenatore (ai tempi alla Ternana, terz’ultima in classifica) sollevò un problema dal quale, purtroppo, il nostro sistema calcio sembra non essere uscito: “Le squadre della Primavera sono tutte fatte di stranieri, bisogna cambiare le regole – diceva in conferenza stampa -“. Il suo credo mancava da tempo sui campi da calcio, adesso è pronto a tornare. A raccontare una nuova storia. A Teramo si preparano a conoscere Pochesci, il “romanaccio” partito dal nulla e arrivato in alto.

Redazione

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