Portiere grazie al padre. Poi Marotta e la Juve: Rampulla, Siena la nuova sfida
Parate e non solo. Da un bianconero all’altro, dalla maglia della Juventus alla panchina del Siena. Dopo l’esperienza in Cina nello staff di Lippi, Michelangelo Rampulla si trasferisce in toscana. Sarà il vice di Massimiliano Maddaloni, scelto dal club al posto dell’esonerato Gilardino. Lui, che i consigli li ha sempre ascoltati, ora proverà a darli. La sua carriera, infatti, sarebbe stata differente se il buon Michelangelo – che voleva giocare a tutti i costi – non avesse dato retta al padre, tifosissimo della Juve, che gli consigliò fin da subito la porta.
Dall’Eccellenza alla Serie A, la carriera di Rampulla
Dopo gli inizi nella squadra della sua città, la Pattese, nel 1980 un giovane Giuseppe Marotta (attuale amministratore delegato dell’Inter) all’epoca direttore sportivo del Varese, lo convinse a trasferirsi nel club lombardo che militava in serie B. Qui da terzo portiere diventa improvvisamente il titolare fra infortuni e momenti negativi dei suoi colleghi. Ne segue un esordio niente male: è il 21 settembre 1980, dall’altra parte c’è il Milan. Salto avanti, perché nell’estate del 1992 – dopo 7 anni anni – ecco la Juventus, che aveva bisogno di un vice Peruzzi considerando la partenza di Tacconi. In bianconero Rampulla giocherà dieci stagioni, vincendo tanti trofei, compresa la Champions del ’96.
Portiere col vizio del gol, tu chiamale se vuoi emozioni…
Nel corso dell’incontro disputato il 23 febbraio 1992 a Bergamo contro l’Atalanta, Rampulla segnò di testa sugli sviluppi di un calcio di punizione. Il suo gol entrò subito nella storia, fu la prima volta che un portiere realizzò una rete durante un’azione di gioco: “Il punto più alto della mia carriera a Cremona con quel gol allo scadere contro l’Atalanta. Fu un’emozione fortissima che mi diede anche tanta notorietà. Fu un gesto che ebbe un impatto mediatico molto importante perché ebbe una grandissima cassa di risonanza, tanto che da quel momento in poi molta gente si accorse che sapevo anche parare“.
a cura di Anthony Carrano