Caiata saluta il Potenza: “Non è detto ci sia il principe azzurro per il club. Contestazione? Non la merito”
Salvatore Caiata saluta definitivamente il Potenza. Il presidente rossoblù si è presentato martedì 26 aprile in conferenza stampa per dire addio al club della sua città, di cui è stato socio di maggioranza dal luglio del 2017. Dopo i primi ringraziamenti ad amici, familiari, tifosi e collaboratori, Caiata ha accennato al futuro della società: “Auguro all’associazione di portare avanti il progetto e alla comunità di supportare il più possibile l’associazione. Credo sia fondamentale per tenere in vita il Potenza. Ad oggi non ho avuto alcuna manifestazione di interesse. Sono qui per fare chiarezza, non voglio tracciare il bilancio, lo conoscete tutti”.
Potenza, Caiata: “Non faccio strategie per diventare sindaco”
Proseguendo, Caiata ha fatto chiarezza sulla situazione societaria attuale: “Ad oggi la quota azionaria che fa riferimento alla mia persona è di circa l’85%. Al 65% va ad aggiungersi la quota di Tonino e di Maurizio, mentre il 15% è dell’associazione. Noi siamo disposti a cedere l’85% delle quote e tenerne una parte se chi subentra ci chiede di restare come soci di minoranza. Ma non siamo disposti più ad essere perno centrale come quello rivestito fino ad ora. Siamo disponibili a dare il nostro contributo, ad esempio a livello di sponsorizzazione. Non è un problema economico, noi possiamo cedere anche a titolo gratuito. Sciacalli non ne vogliamo perché non vogliamo relazionarci con gli sciacalli e ce ne sono troppi nel calcio. Però ci deve essere il gradimento della Figc, se non la autorizza le quote tornano in nostro possesso. Siamo consapevoli che le società di calcio appartengono a tutti. Il Potenza è di tutti quindi la cessione non è un problema economico, ma di credibilità“.
Futuro personale da sindaco di Potenza? Caiata ha risposto così: “Assolutamente no. Non faccio strategie. Vado via dopo cinque anni in cui c’è stato il nulla a livello di impiantistica sportiva. Sarei felice se, andando via, il giorno dopo arrivasse la possibilità di un nuovo stadio e di un nuovo centro. In quel caso arriverebbe come risultato del nostro lavoro di 5 anni”.
Tra passato e presente
Tornando sul suo percorso da presidente del Potenza, Caiata ha parlato del suo rimpianto principale: “Mi è mancata la Serie B, il destino è stato beffardo. Quella squadra era piena di personalità ed esperienza, c’era tutto. La mia decisione non matura in risposta a stimoli di altri, ma solo per stanchezza personale, fisica, psicologica, economica, famigliare. Non sono capace di fare il presidente part-time“.
Sul futuro del Potenza qualora la cessione non dovesse andare a buon fine, Caiata ha risposto senza peli sulla lingua: “Non ci sarà, è evidente. Noi abbiamo tenuto fede agli impegni, per questo ho detto di tenersi stretta l’associazione. Spero possa esserci il principe azzurro, ma non è detto sia così. L’unica possibilità è nell’associazione. Restare con un ruolo marginale? Vorrei solo un ruolo di supporto. Potrei soltanto mettere a disposizione la mia esperienza, ma nel calcio dove cantano troppi galli non fa mai giorno“.Sono disponibile ad entrare nell’associazione“.
Potenza, Caiata: “Non merito la contestazione”
Proseguendo, Caiata ha voluto parlare anche della tifoseria rossoblù: “La devo ringraziare per i tanti abbonamenti fatti. E’ stato un punto di forza, col Viviani pieno abbiamo fatto sempre meglio rispetto al Viviani vuoto. Sulla tifoseria dico un’altra cosa che non è molto bella, devo essere onesto fino in fondo: io credo che il tifo in C si stia estinguendo. Non faccio una riflessione solo sulla nostra comunità, ma a 360 gradi. Siamo ancora una eccezione, quella che cerca di coinvolgere le nuove generazioni, ma queste non lo seguono, non sono interessati alla C. Io temo che nel giro di 5-10 anni questo tipo di identità e tradizione possa perdersi e sparire. Questo calcio non è appetibile“.
In chiusura, qualche parola sulla contestazione messa in atto dai tifosi: “Mi è dispiaciuto. I presidenti che tengono in piedi il giochino devono essere rispettati. La contestazione non esiste, non lo merito. Ci sono modi e modi di farlo. Mandare aff**culo una persona, imprecare sulla famiglia no. E’ sbagliato culturalmente“.