“Giocavo a piedi scalzi a rincorrere un pallone”. Parte tutta da qui la nostra intervista con Nicolò Bruschi, attaccante di proprietà della Pro Sesto. Dal campetto vicino a casa a giocare fino ai professionisti. Un percorso lungo, tortuoso come una lunga corsa a ostacoli. Nel corso della carriera ne ha dovuti superare tanti ma sempre con la consapevolezza di poter arrivare. Voglia di dimostrare e di incidere, riuscendo a crescere in primis sotto il punto di vista personale. “Sono maturato nel corso degli anni e quello in D con il Fiorenzuola mi ha fatto fare quello scatto per convincermi a poter giocare anche a livelli superiori”.
30 gol e trascinatore del Fiorenzuola dalla D al ritorno in Lega Pro. In estate la chiamata del Pisa e le parole di Chiellini: “Mi ha fatto capire le mie carenze e su cosa dovevo lavorare per crescere. Un percorso iniziato lo scorso anno e che sto portando avanti”. Uno scatto in avanti grazie anche a Tabbiani: “Mi ha segnato a livello calcistico e umano. Ha toccato i tasti giusti nel modo giusto”. Ora la Pro Sesto. “Ho iniziato con tanta voglia di dimostrare il mio valore ma con spensieratezza e tranquillità senza mettermi addosso pressioni”. Una crescita anche mentale, oltre che calcistica e poi quel ‘vestito’ cucito addosso per lui: “Andreoletti ha saputo mettere le mie qualità in un contesto di squadra e in un ruolo che mi permette di rendere al meglio”.
Poi la rete ad Handanovic nel precampionato: “E’ stata una soddisfazione personale importante. Tra l’altro lo guardi, vedi la porta e ti chiedi come fai a fargli gol”. Istantanee di un percorso partito dai campetti vicino a casa, in provincia di Parma, fino ad arrivare ai 13 gol attuali tra campionato e Coppa con la Pro Sesto. Con la voglia di prendersi tutto. Perché se vuoi ottenere qualcosa devi dare il massimo “nel calcio come nella vita”. Frase a cui Nicolò è particolarmente legato e la usa come un mantra prima di ogni partita: “Me la disse il primo allenatore Vittorio Gabbi, recentemente scomparso e anche per questo la porto con me”.
Riavvolgiamo il percorso. Perché dietro ogni traguardo raggiunto ci sono scelte. L’arrivo al Parma: “E’ stato come un sogno anche se da ragazzino non realizzi bene”. E quel ‘no’ al Manchester United: “Hanno iniziato a seguirmi a 14 anni, mi vennero a vedere in una partita dove feci tre gol. C’era qualche voce ma non ho voluto approfondire perché stavo bene a Parma”. Scelte dicevamo. Poi il fallimento: “Mi è dispiaciuto molto dover lasciare tutto”.
Si chiude una porta e se ne aprono altre. “Mi volevano Juventus, Inter e Fiorentina. Scelsi Sassuolo perché volevo continuare il percorso iniziato con Palmieri a Parma”. Mai banale e senza rimpianti Nicolò che in neroverde si è tolto anche soddisfazioni importanti: “Ho avuto la fortuna di giocare con compagni di livello come Scamacca, Pierini, Erlic, Adjapong, Ravanelli. Un’esperienza che mi ha permesso di capire le mie qualità e i miei limiti”. Il ricordo più bello? “Senza dubbio la vittoria del Torneo di Viareggio”. Cartoline di un ragazzo con la testa sulle spalle consapevole e con tanto da raccontare.
Svestiamo i panni del calciatore e torniamo a vestire quelli del bambino sognatore. “La passione per il calcio la devo tutta a mio papà e mio fratello. Loro mi portavano al parchetto a giocare e mi hanno insegnato tanto. Giocavo con i ragazzi più grandi (amici di mio fratello) e si arrabbiavano perché li scartavo tutti (ride n.d.r.)”.
Un’immagine impressa anche sulla sua pelle: “Ho tutti tatuaggi incentrati sulla mia vita” e quel campetto… “Il primo tatuaggio l’ho fatto con mio fratello. Io che sogno il campo da calcio con lo sfondo del campetto dove andavamo a giocare e sono per mano con lui che mi accompagna”. Poi “Il leone, il mio segno zodiacale. Mi rispecchia anche in campo” e ancora “il pallone con scritto Carpe diem”. Cogli l’attimo. Quello che sicuramente Nicolò sta sfruttando e cavalcando alla Pro Sesto.
“La passione della musica me l’ha trasmessa mio padre quando mi portava con lui ai karaoke nei ristoranti. Nelle pause mi faceva cantare e da lì è nata questa cosa. Per gioco in una gara un giudice mi chiese se volessi pubblicare una canzone e ho iniziato così a scrivere”. Dal calcio al microfono con una naturalezza invidiabile. Puro divertimento, ma allo stesso tempo testi e parole ricchi di significato come quel ‘Cicatrici sulla pelle che raccontano storie’ nel suo singolo ‘Promessa’.
“Una cicatrice che ho voluto togliermi è quel ‘sei bravo ma…’ che mi sono sempre sentito dire. Ora voglio togliermi quei sassolini dalle scarpe e prendermi le mia rivincita”. Dalla serietà allo scherzo, sul campo come nello spogliatoio: “Ai miei compagni dico che il mio vero lavoro è il cantante. A parte gli scherzi mi diverto e lo faccio solo per quello”. In campo ‘canta’ a suon di gol e alla Pro Sesto ha ritrovato continuità e quell’esultanza scaramantica…
La particolarità nei gol è racchiusa nell’esultanza: “Il mio idolo è sempre stato Ronaldo. Un punto di riferimento come lavoro, ambizione e come calciatore. L’esultanza è nata dalla Serie D. Da quel momento ho continuato a fare gol. La tengo come rito scaramantico, visto che l’anno scorso non l’ho più fatta e quest’anno mi sta tornando a portar fortuna“.
Rituali da non togliere, anche se una possibile ‘Promessa’ strappata all’attaccante è un gol con dedica… Esultanza alla Ronaldo e usare la bandierina a modi microfono: “A livello di immagine mi insultano tutti (ride n.d.r). La valuterò”. Calcio e passione. Risate e spensieratezza, la ricetta per la felicità e per i gol. Firmato… Nico Bru.
A cura di Simone Brianti
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