Dal campo al ruolo di ds con umiltà e passione, Floriano: “Il calcio un amore eterno”
Dopo una vita trascorsa sul campo Roberto Floriano ha deciso di appendere le scarpe al chiodo per diventare direttore sportivo: l’intervista esclusiva.
Il rettangolo verde e la palla sferica come fonti di vita. Si potrebbe pensare: “Beh che novità per un calciatore” e non sarebbe del tutto sbagliato farlo ma la storia di Roberto Floriano è qualcosa che va oltre. Per 33 dei suoi 37 anni ha dedicato l’intera vita a questo sport e non ha mai pensato di aver operato la scelta sbagliata.
“Ho iniziato a giocare a calcio a 4 anni e mezzo nei pulcini della squadra della mia città in Germania (ad Abstadt, ndr) e da lì avevo capito che avrei fatto solo quello nella vita“. Una passione nata non solo con la pratica. Per un italiano nato a ridosso dei Mondiali del ’90 il calcio rappresentava una sorte di religione ed è stato così anche per Roberto: “Non ricordo bene quello straordinario evento ma ho memoria del fatto che fossi dinanzi alla televisione a guardare l’Italia. Già a quell’età ero fissato ed è stato veramente un amore eterno, proseguito senza sosta. Anche perché ho fatto solo quello, ho parlato solo di quello e ho dedicato tutto il tempo ad uno sport che poi mi ha fatto crescere anche come uomo“.
Il binomio tra Floriano e il calcio giocato è terminato qualche settimana fa. Un ultimo successo: la vittoria dei playoff di Serie D col Desenzano. Poi il saluto commovente con un post su Instagram: “Non è stata una scelta facile ma negli ultimi anni le motivazioni sono un po’ venute meno. Ero abituato a piazze importanti come Foggia, Palermo, Pisa, Bari e Mantova. Il tifo ha sempre rappresentato un fattore per me e da quando invece ho deciso di venire qui vicino casa, non ho avvertito più le stesse sensazioni“.
Una decisione arrivata, però, anche per un altro motivo: “Mi è stato proposto di diventare il ds del Caravaggio. Già da tempo studio per questo ruolo e a fine giugno terrò l’esame a Converciano. Non ci ho pensato un attimo. Ho chiuso un po’ prima la mia carriera sul campo ma è meglio così perché riesco a tenere la mente impegnata“. Tra l’inizio, la fine e il futuro, c’è in mezzo tutta la storia di Roberto. Tante esperienze, tanti colori facenti parte di un unico splendido quadro.
Gli inizi nelle giovanili dell’Inter e l’aneddoto con l’idolo Baggio
La carriera di Floriano parte nelle giovanili dell’Albstadt. Il primo vero approccio col calcio, però, avviene in Italia. Un avvio per nulla banale. A 12 anni approda, infatti, all’Inter. Nel settore giovanile nerazzurro ci rimane per otto anni – dal 1998 al 2005 – e ha modo di confrontarsi con campioni straordinari. Da Ronaldo a Vieri passando per Recoba e Veron.
Ma l’idolo di Floriano è sempre stato solo uno: Baggio, col quale ha un ricordo che ancora oggi lo emoziona: “Non ebbi la possibilità di conoscerlo personalmente ma quando facevo il raccattapalle in nerazzurro mi toccò la spalla mentre stava entrando negli spogliatoi. Per me che avevo 12 anni fu un’emozione incredibile ed è un qualcosa che porto sempre con me“.
Dal nerazzurro al rossonero, Floriano e il Foggia: “De Zerbi? Sapevo sarebbe diventato tra i migliori”
La straordinaria esperienza all’Inter si conclude con un bagaglio di prime volte di un certo spessore e da lì parte la carriera tra i “pro” di Roberto. Gavetta e sacrificio gli aprono le porte per le esperienze più importanti della sua carriera: Foggia, Bari e Palermo. In rossonero arriva nel 15/16 e incrocia sul suo cammino Roberto De Zerbi, su cui ha subito un’intuizione: “Lo avevo affrontato già col Barletta. Mi resi conto che quel Foggia avesse qualcosa di speciale e che l’allenatore avesse qualcosa di diverso. Poi quando l’ho avuto al mio fianco l’anno successivo, mi è bastata una settimana per dire alla mia compagna che sarebbe diventato uno tra i tre migliori allenatori al mondo. Lo percepivi che insegnava il calcio in maniera diversa dagli altri“.
Quell’anno, però, per Roberto e il Foggia la stagione si concluse con la delusione della finale playoff persa contro il Pisa: “È il rimpianto più grande della mia carriera ma è dettato soprattutto dalla sconfitta perché in realtà è stata un’annata bellissima anche per l’ambiente che si era creato. Lo sport è fatto anche di emozioni e quell’anno ne trasmettemmo tante, quella fu già una vittoria“. Non solo il Foggia di De Zerbi, però. Floriano ricorda anche la seconda parte dell’avventura in rossonero con Stroppa in B nel 17/18: “Per me fu un ottimo inizio di stagione, poi però ebbi uno stiramento che mi costrinse a saltare due mesi e anche quando tornai quel problema mi condizionò. Non partimmo benissimo ma poi fummo autori di un gran campionato. Stroppa decise di cambiare modulo nel girone di ritorno ma con me è stato chiaro ed è quello che ho sempre apprezzato di lui“.
L’approdo a Bari dopo il Foggia, Floriano: “La gente ha capito, questa è la mia più grande soddisfazione”
Da Foggia a Bari. Roberto, dopo l’ottima annata coi rossoneri in B, nel 18/19 torna addirittura in Serie D per sposare il progetto biancorosso, ripartito grazie a De Laurentiis. Un tradimento? Nient’affatto e a confermarlo è lo stesso Floriano: “I tifosi rossoneri hanno capito che il mio tempo lì era finito. In generale, oltre a questa circostanza, posso dire che pur avendo girato tanto nessuna tifoseria mi ha accusato di mancanza di professionalità. Questa è una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera“.
La sua avventura a Bari dura un anno e mezzo e Roberto nella stagione di D (il 19/20) si rende conto di far parte di una squadra completamente fuori categoria: “Era un organico incredibile. Avevamo una rosa competitiva anche per la Serie C. Tanti, infatti, poi hanno vinto il campionato qualche anno dopo e poi hanno fatto anche la B. È decisamente la squadra più forte in cui ho giocato in proporzione al campionato affrontato“.
L’arrivo a Palermo: “La tappa più importante della mia carriera”
Dopo aver riportato il Bari tra i professionisti completa il tris delle principali tappe della sua carriera a Palermo: “Fu un inizio deciso. Ho giocato solo 8 partite per via della sospensione dovuta al Covid ma quando arrivai eravamo con un vantaggio di un solo punto, alla sospensione ne avevamo 8/9 e mancavano meno di dieci partite. Il percorso fu netto e scritto“.
Ciò permise al Palermo di tornare immediatamente in Lega Pro e, dopo un anno di assestamento,arrivò la grande gioia, la prima promozione in carriera dalla C alla B: ” È stata la cavalcata più bella che ho vissuto. Sia sul campo che sugli spalti. Siamo passati dall’avere 2000 spettatori a quasi 40mila nelle quattro partite in casa dei playoff. Da marzo siamo diventati irresistibili e abbiamo dimostrato questa superiorità soprattutto nelle fasi finali, in cui abbiamo sempre vinto. Avevamo la consapevolezza che avremmo conquistato quel successo e la spinta del pubblico ha fatto la differenza”. Una parentesi irripetibile, in cui Roberto non può che rendere merito ai propri allenatori, in particolare a Silvio Baldini: “Credo che, seppur in maniera diversa, sia insieme a De Zerbi, l’allenatore che mi ha dato di più. Fu eccezionale“.
“A Mantova straordinario lavoro, la Carrarese è stato un crescendo”
L’apice raggiunto dopo aver costruito con calma, umiltà e passione il proprio percorso, che è stato ricolmo di tanti altri passaggi. Tra questi Mantova, la maglia con cui Roberto ha realizzato più gol in singola stagione – 19 – e che ha voluto ricordare dopo la storica promozione in B: “Sono contento per loro, erano anni che soffrivano e meritano di ritornare in un palcoscenico del genere. Grandi meriti allo straordinario lavoro di Possanzini e del ds. È stata una piazza che mi ha lanciato e che mi ha dato quella consapevolezza di poter diventare un giocatore di alto livello. Sarà sempre nel mio cuore“.
Non solo il Mantova. Roberto ha giocato in un’altra squadra che quest’anno ha ottenuto la promozione dalla C alla B: la Carrarese. Il suo arrivo in gialloblù nel 16/17 diede inizio alla scalata che quest’anno ha portato la squadra toscana al ritorno in seconda serie dopo 76 anni: “È stato un crescendo. Giunsi al primo anno di questa proprietà. Sono persone serie che amano la loro città e questo traguardo arriva al termine di un percorso. Credo che anche lì Baldini abbia svolto un ruolo chiave perché gli ha dato quella consapevolezza di poter lottare per grandi obiettivi. Sono contento per loro“.
Dal campo alla scrivania, Floriano e la nuova avventura da ds del Caravaggio
Non solo Italia. La carriera di Floriano ha vissuto una brevissima parentesi anche in Bulgaria, al Botev Vratsa: “Ero all’Alessandria e il mio allenatore Sonzogni decise di sposare questo progetto. Io stavo per andare in una Serie B scozzese ma lui mi chiamò e mi convinse anche se la mia esperienza lì è durata pochi mesi“. Una scelta dettata anche dalla voglia di conoscere nuove culture: “Non sarò stato uno scenziato a scuola ma nel calcio ci sono queste opportunità e vanno sfruttate perché rappresentano una palestra di vita“. Migliorare, quindi, e dedicarsi sempre a quello che si sta facendo: questa è la ricetta di Floriano.
Con queste credenziali si appresta a vivere una nuova avventura, questa volta da dietro la scivania. Il Caravaggio ha scelto di affidargli la direzione tecnica e Roberto sembra già pronto: “Ho avuto tanti bravi ds bravi nella mia carriera e cercherò di prendere spunto da loro, poi però bisogna anche essere sè stessi. Avrò il mio modo di lavorare e spero possa essere quello giusto per rendere nel migliore dei modi“. Idee chiare e voglia di mettersi subito in gioco: Roberto Floriano, in un’altra veste, è pronto ad alimentare ancora il suo “amore eterno”.