Il numero è salvato. Entriamo velocemente su WhatsApp: “Il vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”, lo stato del profilo. Il contatto è quello di Matteo Rossi, il portiere che sta facendo sognare l’AlbinoLeffe. E dopo esserci fatti raccontare la sua storia, possiamo dire che quella frase probabilmente gli si addice eccome. Ed è lui stesso a spiegarlo: “Il campo è il giudice sovrano. La prima cosa è il lavoro, poi le occasioni arrivano”.
Una storia fatta di fini e nuovi inizi che si ripetono. Ostacoli, sorprese. Salite e opportunità sfruttate. Perché la vita è così, fatta di variabili. Prevedibilità e imprevedibilità che si legano, dando, appunto, vita alla storia di ognuno. Questa è la storia di Matteo Rossi, il pararigori dell’AlbinoLeffe, ora settimo in classifica nel Girone A di Serie C. Con un insegnamento. Carpe diem.
“Nella mia prima partita che feci con il Carpi da bambino ricordo che parai un rigore”, ci racconta Matteo. La sua carriera la si può raccontare e percorrere così. A tappe. Passando da un tiro dal dischetto a un altro. “A dodici anni sono andato al Carpi. Ho fatto tutto il settore giovanile”. I ricordi più importanti? Che domande: “Nell’U17 conquistammo due tornei, il Previdi e il Sassi. Quest’ultimo lo vincemmo ai rigori contro il CSKA Mosca. Ne parai tre su quattro. Venni eletto come miglior portiere”. Dopo la Primavera e gli allenamenti con la prima squadra: “Sono legato a Colombi, portiere ora a Parma. Mi aiutò molto e ci sentiamo ancora”. E poi quella partitella: “Un giorno andammo ai rigori. Lo parai a Di Chiara. Mi diede 50€”.
Poi le due stagioni in Serie D: “Feci un anno alla Reggiana (allora Reggio Audace) e uno al Lentigione. Due esperienze importanti. Le mie prime tra i grandi”. In particolare, quella alla Reggiana: “Sono di Reggio Emilia. Una responsabilità in più. Una grande società con una tifoseria importante”. Lo scorso anno il ritorno al Carpi e l’esordio in C contro la Virtus Verona: “Un sogno realizzato. Da bambino l’obiettivo è arrivare fino alla prima squadra”. Sette presenze, tre rigori contro, due parati: “Uno sul cucchiaio di Scappini nel derby vinto 3-0 contro il Modena”.
La vita è capace di sconvolgerti i piani con l’imprevedibilità delle sue variabili. Il Carpi fallisce. La casa, e con lei le sue fondamenta, è caduta. Bisogna lasciarla: “Per la prima volta ho lasciato la mia famiglia”. L’approdo all’AlbinoLeffe: “Un grande società. Mi ha convinto fin da subito”. Rossi arriva come terzo portiere, anche se queste classificazioni non gli piacciono molto: “Alla fine è il campo a parlare. È il giudice sovrano. Bisogna saper sfruttare le occasioni”. E le occasioni arrivano. Prima l’esordio in Coppa Italia contro la Pro Vercelli: “Una grande partita. Parai un rigore a Bunino”. Tanto per cambiare. Poi, complici gli infortuni di Savini e Pagno, la maglia da titolare. E, con quella, molte prestazioni notevoli e… ancora loro, i rigori parati: “A Kaio Jorge contro la Juventus U23 e domenica scorsa a Capogna contro la Pro Sesto”. All’AlbinoLeffe come a Carpi. Partito da riserva e la maglia da titolare. Occasioni sfruttate. Lavoro e sacrificio. Matteo Rossi lo sa bene, carpe diem.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Dalla prima partita con il Carpi da bambino a quella contro la Juventus U23. Con una costante, i rigori parati (5 su 8 nelle ultime due stagioni): “Studio sempre i miei avversari prima delle partite. Anche se poi dipende un po’ dall’istinto”. Il più emozionante, per lui che è juventino, quello neutralizzato a Kaio Jorge: “Era la mia prima da titolare in campionato. Ho passato il giorno prima a guardare i video del brasiliano su YouTube per studiarlo”. E poi quella profezia: “Il mio procuratore mi disse che Kaio Jorge avrebbe giocato. Risposi che gli avrei parato un rigore e che l’avrebbe calciato incrociando il tiro”. E così accade. Calcio di rigore per la Juventus. Dal dischetto si presenta il talento brasiliano. Il pensiero solo uno: “Zero dubbi. Lo calcia lì”. Rigore parato. Rossi è sommerso dall’abbraccio dei compagni: “Un’emozione speciale”.
Cosa vuol dire essere un portiere ce lo spiega Matteo: “È un ruolo a parte, in cui mi rispecchio. Sei da solo. E in questo suo essere ‘solo’ il ruolo del portiere incarna un po’ una parte della mia personalità. Sono un ragazzo introverso”. Un ruolo “che ho sempre voluto fare. Mi è sempre piaciuto l’1 sulle spalle”. E, nonostante l’essere juventino, l’idolo non è Buffon, bensì un altro: “Neuer, ha rivoluzionato il ruolo del portiere. Io penso di assomigliare a Meret”. E poi la passione per la F1: “Mi piace l’adrenalina della velocità. Amo Leclerc”. E, a proposito, con il premio di miglior portiere al Torneo Sassi ai tempi di Carpi, una sorpresa speciale: “Un giro a Maranello con la Ferrari”. Lo studio: “Mi sono iscritto qualche mese fa alla facoltà di Economia aziendale”. Infine, il rapporto con la famiglia e la ragazza: “Mi vengono sempre a vedere. Sono molto legato a loro”.
Una storia fatta di obiettivi conquistati e nuovi sogni da raggiungere. La storia del pararigore che cattura gli attimi. Perché le occasioni arrivano. Ce lo insegna Matteo. Carpe diem.
A cura di Nicolò Franceschin
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