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Sansovini e le sfumature della Serie C

Una palestra di vita, una scuola in cui crescere, una Casa in cui diventare uomo: questa è stata la Serie C per Marco Sansovini. Il Sindaco di Pescara, in questa intervista esclusiva a La Casa di C, ci ha aperto le porte del cuore e della mente e noi ci siamo entrati con piacere e delicatezza, cercando di catturare ogni minimo frammento e immagine, lasciandoci trasportare dalle sue parole. Un percorso lungo le tappe più importanti della sua carriera, respirando un’atmosfera in cui, a volte, realtà e magia sembravano mischiarsi. La sua amata Pescara, gli infortuni, le vittorie e le sconfitte, Zeman e Di Francesco, le fasciature, il panino prima della finale play-out. Andate e ritorni. La Serie C. Sedetevi, allacciate le cinture e godetevi il viaggio.

Marco Sansovini ci racconta la sua vita e le sue case, tra le quali, una delle più importanti non poteva che essere la nostra: la Casa di C.

Sansovini e la Serie C come palestra di vita”

Il Sindaco la Serie C l’ha conosciuta e l’ha vissuta in ogni suo aspetto e in ogni suo dettaglio. Un rapporto, quello con questa categoria, decisivo per la sua crescita: “Per me la Serie C è stata fondamentale. È stata una grande palestra dove ho passato tanti anni e dove ho imparato tanto. Quello che sono diventato come giocatore è stato grazie a quanto ho vissuto in Serie C”. Anni di gioie e dolori, di campionati, play-off e play-out vinti, come a Pescara, a Viareggio o a Sesto, e altri persi, sempre nelle medesime piazze. Stagioni fatte di cavalcate trionfali e altri di amare delusioni. Un po’ come la vita.

I primi anni in Serie C di Sansovini, tra infortuni e un panino

Sansovini cresce in fretta. La vita lo porta subito a fare i conti con gli angoli e i risvolti più duri del pallone. Prima i due infortuni al crociato a soli vent’anni, a Foggia nella prima esperienza C e nella primavera della Roma, la squadra in cui è cresciuto. Poi le prime stagioni in Serie C. Gli anni più difficili ma, allo stesso tempo, anche tra i più belli: “A Viareggio eravamo in una società-non società. Noi ragazzi non eravamo pagati. In tutto il secondo anno siamo stati in grande difficoltà, andarono via fisioterapisti e dottori. Eravamo noi compagni a farci le fasciature. Situazioni che non hanno nulla a che vedere con il professionismo, però le ho vissute e mi hanno fatto crescere”.

Per non parlare di quel panino. “Un play-out surreale. Ero a Tivoli e arrivammo penultimi con un distacco notevole dalla squadra sopra di noi. Incontrammo il Gela. Dopo il pareggio in casa, potevamo solo vincere al ritorno. Andammo senza allenatore, con il portiere che fece la formazione. Arrivammo a Licata all’1.30 di notte. Non facemmo colazione e, mangiando un panino, andammo a Gela, vincemmo e ci salvammo”. Che storia.

Tutte le strade portano a… Pescara. Tra Di Francesco e Zeman

La carriera di Sansovini è stato un bellissimo viaggio che l’ha portato su e giù per l’Italia. Da Roma a Viareggio, da Sesto San Giovanni a Grosseto, da Chiavari a Teramo. E ne abbiamo citate solo alcune. E in questo percorso, c’è una città che è divenuta speciale, e in cui ci è tornato per ben tre volte. Una città che profuma di casa. Pescara. E ora, con Marco Sansovini, è proprio a Pescara che ci fermiamo.

A Pescara incontra due grandi maestri: Di Francesco e Zeman. Con il primo “ho un grande legame-. Ho avuto la fortuna di essere allenato da lui. Una persona molto preparata che ti convince sia sotto il profilo umano che tecnico”. È con Di Francesco che il Pescara nella stagione 2009/10 sale in Serie B. Anni speciali: “Con lui ci siamo divertiti tanto, era un gruppo che stava insieme da due anni. Ricordo ancora le sere dei ritiri prepartita passate a ridere per le imitazioni dei miei compagni. Avevamo in squadra artisti oltre che giocatori (ride, ndr)”.

Nella stagione 2011/12 arriva Zeman: “Il mister è come lo vedete. Schietto, sincero, senza filtri. Ho avuto un ottimo rapporto con lui”.  Un consiglio: “Bisogna stare molto in silenzio quando parla. La sua voce è bassa e pretende massima attenzione. Ricordo che quando spiegava le esercitazioni, se eri dalla parte opposta del campo eri costretto ad avvicinarti. Era in grado di creare questo clima di assoluto silenzio”. E se chiudete gli occhi per un attimo sembra di essere lì in campo a “sentire” quel silenzio avvolgente.

E in quel silenzio possiamo scorgere anche quei tre ragazzi lì: “Insigne, Verratti e Immobile erano già fenomeni al tempo”. Ed è in quell’anno che segna il gol a cui è più affezionato. Gubbio. 28 aprile 2012. “Una partita stregata. La palla non voleva entrare. Riuscì a sbloccare la partita. Lancio di Verratti, io taglio alle spalle di Mario Rui, la spizzo di testa e prendo il palo. Vado sulla ribattuta e calcio con tutta la rabbia che avevo in corpo. Penso che quella partita sia stata il crocevia per puntare con decisione alla vittoria diretta del campionato”.

Sansovini e l’amore per Pescara

“Pescara è dove ho giocato di più e dove ora vive la mia famiglia. Mi ha dato tantissimo”. Un amore puro, intimo. E lo si può capire bene tornando con la mente, e con il cuore, a quegli anni. Ci arriva la prima volta nel 2007 in C. Lo scenario è preoccupante: “Arrivo a Pescara e non c’era nulla. Era tutto allo sbando. Fecero una squadra in due giorni e i tifosi allo stadio erano pochi. Sfiorammo i play-off per un punto di penalizzazione dovuto a dei pagamenti della società precedente”. Poi ci torna nel 2009 e in tre anni vince due campionati. Il primo anno vince i play-off contro il Verona con Di Francesco. Dopo un buon anno in B, si arriva all’esaltante cavalcata con Zeman.

I ricordi di quell’anno sono tanti. Decidiamo di farci raccontare quello più significativo: il giorno della vittoria del campionato. “L’emozione di quando a Genova l’arbitro fischiò la fine fu indescrivibile. Come indescrivibile fu l’accoglienza che ci dedicò la città. Contarono circa 100mila persone. Per chi è partito come me al primo anno di Pescara con allo stadio 600 persone, portare così tanti tifosi in città è ancora un motivo d’orgoglio incredibile”. Un intimo rapporto cresciuto negli anni. Un profondo contatto con i tifosi di una città, quale è Pescara, che vive di amore e passione. E, sentendo questa storia narrata dalla sua voce, i brividi vengono anche a noi.

Quel viaggio verso lo stadio

L’ultimo frammento di questo viaggio è costituito da un altro viaggio in cui si respira un’atmosfera speciale. Il viaggio verso lo stadio: “Il tragitto per arrivare allo stadio era bellissimo. Mi faceva stare bene. Arrivare al piazzale, entrare dentro e arrivare al campo. Era bello. Posso dire di aver vissuto lo stadio di Pescara”. Il paesaggio che scorre, i tifosi che arrivano, il pensiero della partita. Frammenti che sanno di calcio. E quel viaggio, magari verso altri stadi, dovrà rifarlo. Questa volta da allenatore: “Ora alleno l’Under 16 della Spal. Ho appena dato l’esame per il corso Uefa A. Sono pronto e fiducioso per il futuro”.

Grazie per averci accompagnato in questo viaggio emozionante Marco Sansovini.

A cura di Nicolò Franceschin

Redazione

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