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Schelotto e il bianconero, una storia infinita: “Ho la possibilità di tornare al Cesena”

“Sempre la stessa storia. Anche quando parlo con la mia famiglia in Italia è sempre difficile, ma ormai ci sono abituato”. Il fuso orario: il grande scoglio da superare per comunicare oltre Oceano. Pochi fronzoli. Tanta voglia di raccontarsi. Di esprimere quello che prova. Ezequiel Schelotto ci accoglie così. Con un mix di spontaneità, semplicità, naturalezza e “calor” latino. Tipico del più classico dei tango argentini. Anche se al tango, forse, preferisce il liscio. Ci torneremo. Lui, che L’Italia è la mia seconda patria. Nessuna presunzione, nessuna retorica. Solo la necessità di far trasparire la sua persona. La sua signorilità. Il suo sterminato affetto per il calcio. Per farlo sceglie i microfoni de LaCasadiC.com. Incuriositi ci accingiamo ad ascoltare il calciatore che si lascia andare in un mare di confidenze e di racconti trascinanti. Con un filo conduttore: Cesena. Molto più che una “banale” esperienza professionale. “Vamos”.

Schelotto: “L’Europa? Credo di aver fatto la scelta giusta”

Quello che sta vivendo Ezequiel Schelotto è un periodo importante. Colmo di soddisfazioni personali, entusiasmante e soprattutto ricco di campo. Un fattore essenziale. Non una banalità. A maggior ragione per chi nasce in Argentina dove diventare un calciatore professionista è il primo sogno dei “ninos”.  Per lo Schelotto bambino il calcio è l’unica ragione di vita. L’unico obiettivo. Che lo costringe a fare i bagagli, a salutare i suoi cari e partire alla volta dell’altra parte del mondo. “Ogni ragazzo sogna di poter giocare nella squadra delle giovanili. Anche io ci ho provato. Ho cominciato nel Banfield, poco distante da Buenos Aires, ma non ho avuto fortuna. Poi è arrivata la chiamata del calcio italiano…”.

Schelotto Cesena

Quando l’Europa del pallone estrae la tua carta, che tu abbia 18 anni o 34 non fa differenza. Per Amleto era l’ “Essere o non essere”, per Schelotto: “Per un giovane argentino in quei casi la domanda è solo una: me la gioco?”. Abdicare alle proprie ambizioni per la paura di ciò che non si conosce? Non si addice all’ex Inter. Puntare in alto. Credere in sé stessi e non smettere di sognare”. La ricetta dell’Ezequiel Schelotto calciatore. Senza mai dimenticarsi degli esempi da seguire; le persone che sanno chi sei e che ogni giorno ti spronano ad andare avanti. E forse ti plasmano per renderti uomo.

Sai, i treni passano una volta sola. In quel caso o sali o perdi forse l’unica occasione. Mi sono seduto a tavola e ne ho parlato con i miei genitori. Mi hanno spinto a prendere quell’aereo. E in men che non si dica sono arrivato in Italia”. Non ci si azzardi a parlare di rimpianti. “Mai. Mi sento di dire di aver fatto la scelta giusta. Non credi? (ride ndr.)”.

E oggi dopo 18 anni di calcio professionistico, la vita gli restituisce quel briciolo di “gloria in patria” che si merita. Gioca nella Serie B argentina, ma la categoria non è rilevante. Le emozioni e le sensazioni che suscita l’odore dell’erba del campo da gioco fa passare tutto in secondo piano. “Sono nella mia Argentina. Gioco nel Deportivo Moron e sta andando tutto alla grande. Sia sul campo che a livello personale. Sono il capitano della squadra e ultimamente segno anche qualche gol. Stiamo lottando per il titolo e sono concentrato”. Professionalità e passione. Mucho calor. Il potere di un pallone.

L’età avanza, ma l’entusiasmo e la grinta aumentano di giorno in giorno

Schelotto non vuol sentir parlare di anni che passano. La grinta e la voglia di stupire e stupirsi prevalgono.Sì, è vero. Ho 34 anni. Ma non sono vecchio. E’ un’età matura. Oggi quasi tutti si ritirano tra i 39-40 anni. Direi che sono ancora in tempo; non credi?”. Non ci resta che annuire, accennare un sorriso d’intesa e tornare ad ascoltare. “Vedi, ti racconto come sono andate le cose e perché ho ancora un sogno”. La voce di Schelotto si accende, inizia a parlare e non sembra potersi fermare. Un vero fiume in piena. “C’è una storia, una situazione, non so neanche come definirla…”. Breve sospensione. Tra l’eccitazione e l’agitazione. L’euforia di chi sa di poter lasciarsi andare.

Schelotto
Credit IG Schelotto

Insomma, da un po’ gira la possibilità di poter tornare lì dove è iniziato tutto. In Italia. Anzi, a Cesena. In letteratura si parlerebbe di climax. Quell’avvenimento che non ti aspetti. Qui è una frase. Una dichiarazione d’affetto, d’amore o, forse, solo di riconoscenza, verso una città. Un popolo. Una società. Verso il calcio che Schelotto sa fare suo. “Vedi, arrivo a Cesena a18 anni. In una squadra appena retrocessa dalla Serie B alla Serie C. Non conosco una parola di italiano; la città è piccola e io non so dove mi trovo. Un po’ di timore c’era. Ma è andato tutto alla grande. E’ stato veramente un sogno. Un bellissimo sogno. Poi quel gol alla SPAL è stato l’apice. Da lì è cominciata una scalata indimenticabile”.

Schelotto Cesena

Pallone, vittorie e incontri speciali. La Cesena di Schelotto

Nuovo continente, nuova nazione, nuove culture, nuova lingua, nuovi compagni; la sensazione di non poter resistere. E’ spaesato, deve trovare nuovi punti di riferimento. Lo trova in Brunella, una storica tifosa del Cesena. Con lei assapora l’essenza della Romagna. Accoglienza, rispetto e spirito di solidarietà. Aiutare gli altri per rinvigorire sé stessi. Lo specchio dell’Italia. “Brunella e Matteo. Ti confesso che ho i brividi ogni volta che parlo di loro. Arrivare dall’Argentina, non conoscere la lingua e doversi adattare in fretta a nuove abitudini di vita non sarebbe stato possibile senza di loro. Mi hanno aiutato molto. La presenza al mio fianco di Brunella ha reso tutto più semplice. Quante volte sono andato a mangiare da lei; era la ‘mamma della Curva Mare’. La vita ha voluto che ci allontanassimo l’uno dall’altro. Io sono andato in Portogallo per giocare allo Sporting Lisbona e ci siamo salutati. Poi lei…”.

E’ il momento di passare ad altro. L’emozione si mischia al dolore. Il tono di voce squillante dell’inizio della chiacchierata si rompe. Il ragazzo è entrato in un forte turbinio di sentimenti. Placato da una richiesta dolcissima. “Scusami, posso approfittare di questa intervista per mandare un forte abbraccio a Matteo, il marito di Brunella? E ci tengo a precisare, con tutto me stesso, che io tornerei a Cesena di corsa anche per lei. Tornare a correre sul prato del Manuzzi pensando a quando lei era seduta in tribuna con il suo splendido sorriso e gioiva per me e per i miei compagni è un ricordo che riempie ogni vuoto”. La nostra risposta? Un doveroso silenzio. Lasciamo spazio al cadenzato rimbombare del cuore del calciatore. Sempre più forte. In equilibrio su quel filo conduttore che rimane e rimarrà il Cesena.

Schelotto Cesena

Schelotto: “Nessuno sapeva chi fossimo. Eravamo una squadra di sconosciuti, ma con lo stadio sempre pieno”

Sentimenti, emozioni, nascita di rapporti umani. Storie di amicizia e di affetti che rimarranno nel tempo. Ecco cosa può regalare un pallone che rotola su un prato. E se amalgamati a questi aspetti arrivano anche i successi sul campo il risultato non può che essere memorabile. E’ il caso del connubio tra il Cesena e Schelotto.Urca, pensare a quei tre anni fa effetto. Nonostante sembri ieri (ride ndr.). Era il 2008. Eravamo un gruppo di ragazzi sconosciuti. Nessuno aveva idea di chi fossimo. Giocavamo in Serie C, ma lo stadio era sempre pieno. E noi volevamo dimostrare sempre qualcosa. E l’abbiamo fatto vincendo il campionato e portando il club in Serie B.

Fermarsi? A Cesena in quegli anni proprio non se ne parla. E Schelotto può confermarlo: “L’anno dopo arriviamo secondi in Serie B quando ad inizio stagione ci davano già per spacciati. Ma non i nostri tifosi che erano sempre lì a sostenerci. Per noi quel secondo posto ha avuto, senza dubbio, il valore di una vittoria del torneo”.

Forse non solo per la squadra. “Vedere tutta la città festeggiare per il Cesena che tornava in Serie A dopo tanti anni è stato fantastico. Emozione pura”. Immagini scolpite nella mente. Istantanee di gioia e di soddisfazione. E’ il risultato di un progetto serio, ben indirizzato e frutto di un gruppo di ragazzi che condividono le loro giornate come una famiglia. Con la felicità e il desiderio di stare assieme. L’unione e la famiglia che ha creato il Cesena è stata la nostra forza. Essere protagonista in quella squadra con due promozioni e una salvezza è stato un regalo unico che la vita mi ha concesso. Un onore”.

Cesena Bisoli

Schelotto: “Ci vorrebbero più allenatori come Bisoli”

Perché una famiglia sia unita e riesca ad affrontare ogni insidia con l’atteggiamento e la coesione adeguata serve chi possa impartire le giuste nozioni e sappia indicarti la via da percorrere. In questo caso quella del trionfo. A “Villa Silvia”, la casa del Cesena, in quegli anni comanda Pierpaolo Bisoli. Per Schelotto molto di più di un allenatore: Ci dovrebbero essere più allenatori come lui. E’ il problema del calcio: cambia in modo strano e personaggi come Bisoli ce ne sono sempre meno. Io sono arrivato a Cesena dopo di lui. Il mister allenava i bianconeri già da un po’. Ma questo non ha mai influito”. Allenare tutti allo stesso modo. Titolari? Potenzialmente tutti come nessuno. Mettersi in gioco. Creare concorrenza tra un compagno e l’altro. Agonismo anche in allenamento. La ricetta di Bisoli sulla panchina del Manuzzi.

Al primo raduno ci ha detto subito che per lui saremmo stati tutti uguali. Contava solo il campo. Atteggiamento, umiltà, unione di intenti e gruppo. Questo era il Cesena di Bisoli”. Poche regole, ma efficaci. “Hai capito cosa intendo quando dico che il Cesena una squadra come quella non l’avrà mai più?”. Con un briciolo di soggezione e imbarazzo per la forte affermazione chiediamo ulteriori delucidazioni.

Catania striscione Tabbiani

“Ma scusa: Parolo, Giaccherini e io? Chi ci conosceva prima di quelle stagioni. Nessuno. E poi? Siamo finiti sulle bocche di tutti gli appassionati. Non solo a Cesena”. E’ la realtà dei fatti. Merito delle sue doti e di quelle dei due compagni, certo, ma il segreto è a monte. “Tutto questo grazie a Bisoli che ci ha considerati tutti uguali. Ogni partita per noi era come giocare una finale. C’era una voglia di vincere in ciascuno di noi che non è facile da trovare”.

Schelotto Inter

La Serie A del Cesena di Schelotto si colora d’azzurro

La scalata è quasi completa. Il Cesena targato Bisoli (e Schelotto) trona in Serie A. Il popolo bianconero è in trepidazione. Le immagini delle code ai botteghini per accaparrarsi l’abbonamento per la stagione seguente occupano le prime pagine di tutti i quotidiani locali. Tante aspettative sugli spalti come nell’anima di Ezequiel. “Noi giocatori siamo rimasti anche in Serie A. Se n’è andato Bisoli e mi è dispiaciuto molto. Eravamo carichi, ma un po’ timorosi. Per molti di noi era la prima volta in massima serie”. L’entusiasmo, o forse, la fortuna dei principianti regalano un avvio di stagione non pronosticabile. Prima partita all’Olimpico. L’avversario? La Roma di Claudio Ranieri. Il debutto di Schelotto e compagni si compie con pareggio per 0-0. Incredulità. Seconda gara, la prima al Dino Manuzzi in Serie A. E’ l’apoteosi. 2 a 0 al Milan di Ibrahimovic che si fa, persino, parare un rigore dall’intramontabile Antonioli.

“Sì, è stato un inizio pazzesco. Dopo quattro giornate eravamo primi in classifica. E continuiamo bene. Io mi sentivo protagonista. Come in Serie C e poi in B. Vengo anche convocato dal CT Casiraghi per l’Under 21”. L’ex Atalanta non ha dubbi. “Quando il CT mi ha chiamato ho detto subito sì. Lo dovevo al popolo italiano. Oggi mi ritrovo con una figlia con passaporto italiano e un matrimonio bellissimo celebrato a Como sulle sponde del Lago. L’Italia era ed è parte di me”.

Il Catania del “Galgo” parla argentino

In Serie A , tuttavia, manca qualcosa. L’ardore che scalda l’animo di Schelotto pian piano si spegne. “In quattro mesi gioco quattro partite da titolare. Passano poche gare e Ficcadenti non mi porta nemmeno più in panchina. Al limite mi concede 5 minuti”. Cerca spiegazioni. “Ho avuto un confronto con l’allenatore, capisco che qualcosa si è rotto e decido di fare un passo indietro e prendo altre strade”. La decisione più sofferta. Andarsene da Cesena in quel momento, dopo le pagine di storia scritte insieme ai suoi compagni è una delusione troppo forte.

Catania Schelotto

“Non mi sentivo più a mio agio. Tutti mi chiedevano di rimanere, ma io volevo giocare per ritrovare serenità mentale. E’ stato un dispiacere enorme. Quella maglia è qualcosa di troppo importante”. Parole dalle quali traspare solo un sentimento di rammarico. Con una nota di sincerità che addolcisce i ricordi di un addio. “Allenatori e giocatori passano, la maglia resta per sempre”. Cambiare per ritrovare sé stessi. Con la fortuna di poter respirare aria “di casa”. Per rendere tutto più agile.

Catania Schelotto

“A Catania è stato facile. Tu considera che in quegli anni senza argentini non si giocava (risata ndr.). Bergessio, Papu Gomez, Barrientos, Andujar, Maxi Lopez e altri. Ma soprattutto Diego Pablo Simeone allenatore. El Cholo alla prima esperienza in Europa. Oggi è uno dei migliori al mondo senza dubbio. Ed è iniziato tutto da Catania”. Un Catania albicelsete più che rossazzurro.

Nell’isola in cui promana la storia di conquiste arabe e normanne a scaldare gli animi del popolo etneo c’è una legione latino-americana. Facciamo record di punti. Ci salviamo con tre giornate di anticipo e giochiamo partite memorabili. 4 a 1 al Palermo. Troppo bello”. Gioie di squadra e soddisfazioni personali. A Catania ho segnato il mio primo gol in Serie A. Contro la Lazio”.

Calciatore e protagonista ieri, tifoso sanguigno oggi

Ma niente, come anticipato, Ezequiel non riesce a slegarsi da quel filo conduttore bianconero. In Romagna il passato ha un peso superiore al presente. E’ la base per pensare al futuro. “Il mio telefono non ha mai smesso di suonare. Messaggi, chiamate, e-mail. Tutto. Vogliono che io torni perché si ricordano di me. Magari anche delle mie giocate (altra risata ndr.). Percepisco l’affetto di quella gente”.

Quel “bambino”, come si definisce lui, che arriva in una piccola città dalla lontana America del Sud e che lo fa diventare uomo sente che adesso ha bisogno di lui. Cesena lo accoglie, lo culla tra i campi da calcio e le passeggiate in Piazza del Popolo tanto da farlo sentire parte dei lei. “Io sono un vero tifoso. Il tifoso in più potrei dire. So tutto del Cesena. La seguo da sempre. Vederla perdere mi fa soffrire tantissimo. Anche quella sconfitta con il Lecco…”. E si ferma quasi stizzito.

Cesena FC
Credit Cesena FC

“Ho la pelle d’oca a ripensare a quegli anni pensa cosa potrebbe succedere se tornassi a viverli. Tornare a sgroppare sulla fascia del Manuzzi, non lo nascondo, è il mio desiderio. Per quella città, per i tifosi e per me. Ho odiato il modo in cui ho lasciato quella terra e devo chiedere scusa. Posso farlo solo giocando a calcio e dando il mio contributo”. Sono quasi finiti gli aggettivi per descrivere la passione che Schelotto nutre per la città malatestiana e la sua gente. E, quindi, è lui stesso a lasciarsi andare in una spontanea professio fidei. Cesena non merita la Serie B. Il suo posto è solo la Serie A. Per tutto. Stadio, città, tifosi. Tutto. E io vorrei regalargliela”.

Esperienza, stabilità tecnica e atteggiamento vincente. Ecco cosa può portare Schelotto al Cesena di oggi

E niente, è un chiodo fisso. “Come calciatore sto bene. Sono carico come lo ero da ragazzino. Posso dare stabilità tecnica, voglia di vincere e conosco la piazza. Sono lo stesso giocatore di quindici anni fa. Solo con più esperienza. So cosa chiedono i tifosi. Perché è quello che chiedo anche io che oggi sono un tifoso bianconero”.  Riscattare sé stesso e la squadra. La mancata promozione? Non deve preoccupare. Ogni stagione è a sé. “Mi sento di dire, soprattutto ai calciatori più giovani, di non avere paura della sconfitta. Devono stare tranquilli e scendere in campo sereni. Se danno tutto, giocano con cuore e testa freddi i tifosi lo riconosceranno. E’ successo a me, succederà anche a loro”. Vero, ma qualcuno deve insegnarlo a questi ragazzi.

Schelotto atalanta

“Puoi avere anche undici esordienti in campo e andare ai cento all’ora, ma se non hai chi conosce la piazza è dura. Bisoli diceva: due gruppi per farne uno. Giovani e vecchi”. E anche qui si torna indietro. “Pensa a me. De Feudis, Biasi, Antonioli, Do Prado, Bucchi. Come avremmo fatto senza questi giocatori?”. Atleti consolidati ed esperti che non fanno mai pesare la loro “anzianità”. Consigli e incoraggiamenti. Tramutati negli anni in amicizia. L’unico sentimento che non sfumerà mai.

E’ ora di lasciarsi. La famiglia e il fremito caotico di Buenos Aires chiamano. Ma non prima dell’augurio più sentito. “Chissà, magari tornando a giocare a Cesena, potremmo ritrovarci e fare una festa tutti assieme. Con Giaccherini, Parolo, Jimnez, Antonioli con cui mi sento spesso e Do Prado che ho richiamato pochi giorni fa”. Ezequiel Schelotto, l’argentino che al tango preferisce il liscio. Con la luce del sole di Romagna a illuminare il suo sorriso.