Trent’anni dopo Sebastiano Rossi torna a Cesena. No non si rimetterà di nuovo i guantoni per difendere la porta dei romagnoli ma sarà il responsabile dell’area tecnica dei portieri. Per l’ex Milan un ruolo trasversale a cavallo tra la prima squadra e il settore giovanile del club dove è cresciuto prima di spiccare il volo per vincere tutto con i rossoneri.
Lo ha spiegato lo stesso ex numero uno attraverso il sito ufficiale della squadra bianconera: “Sono felice di tornare nel Cesena in questo momento storico. Voglio ringraziare la proprietà per la fiducia che mi ha accordato. A Robert Lewis mi unisce un’amicizia lunga oltre sedici anni e adesso ho avuto modo di conoscere anche il suo socio John Aiello: sono persone che non lasciano nulla al caso e vorranno senz’altro migliorare quanto di buono già fatto dalla precedente gestione. Il mio incarico? Sarò un uomo di campo e coordinerò il lavoro di tutti i preparatori dei portieri: in passato il Cesena ha espresso grandi estremi difensori e il nostro compito sarà di rinverdire questa tradizione, individuando e facendo crescere nuovi talenti tra i pali come già accade in altri ruoli”.
Rossi nasce proprio a Cesena, dove inizia a giocare. È nelle giovanili dei bianconeri e qui vince un Campionato Primavera sotto la guida di Arrigo Sacchi. Le qualità ci sono e quindi si decide di mandarlo a farsi le ossa in C1, al Forlì. Il debutto da professionista è discreto: mette insieme 11 presenze, subendo 13 gol. Al rientro a Cesena vede poco il campo, così come nella sua prossima tappa, all’Empoli. Ha bisogno di giocare e viene mandato a 21 anni alla Rondinella Marzocco, club toscano di C1. Qui porta a referto 28 partite con 19 gol subiti. La buona annata gli vale il rientro a casa, al Cesena degli “anni d’oro”. Dal 1986 al 1990 i romagnoli vivono splendide stagioni conquistandosi la A, in uno spareggio col Lecce, e tenendosela per anni, senza mai rischiare la retrocessione. Esordisce nel 1987 nella massima serie e inizia a far parlare di sé.
Si crea un’asta per accaparrarselo e a spuntarla è il Milan di Berlusconi. È l’inizio di un connubio storico. Arriva a Milano nel ’90 come riserva di Pazzagli: un po’ di apprendistato e poi si prende i rossoneri sulle possenti spalle. Diventa titolare indiscusso relegando alla panchina anche Antonioli e vince, letteralmente, tutto. Cinque scudetti, una Champions League, una Supercoppa UEFA e tre Supercoppe di Lega, diventa un simbolo del Diavolo e uno degli idoli della curva. Alto, strafottente, straripante fisicamente è un vero e proprio incubo per gli attaccanti avversari, uno spauracchio per i rigoristi. È con costanza tra i migliori portieri del campionato e con altrettanta frequenza snobbato dalla nazionale. Nella stagione 1993/1994 supera Zoff per imbattibilità in un campionato di Serie A, record battuto solo recentemente da Buffon. Certo avere davanti quella che in molti ritengono la miglior difesa della storia del calcio aiuta, ma anche Seba Rossi ci mette del suo, creando una saracinesca invalicabile.
Gli anni passano però e il suo posto da titolare scricchiola, così come il Milan che si trova ad affrontare la fine di un ciclo e la diaspora delle sue stelle. Rossi si macchia poi di un brutto gesto in campo quando durante un match con il Perugia colpisce con una manata Bucchi, guadagnandosi espulsione e lunga squalifica. È la goccia che catalizza il suo declino. Viene sostituito da Abbiati che gli prende il posto e porta il Milan di Zaccheroni a un inatteso scudetto. Seba saluta la compagnia, si ritira da lì a poco e viene menzionato più per fatti di cronaca che per i ricordi delle sue tante parate. Ora però a Cesena l’occasione di ripartire. A casa di lui non si sono ancora dimenticati.
A cura di Simone Gervasio
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