“Il capo dice: Andate! Il leader dice: Andiamo!”. Chissà quante volte ai suoi ragazzi Ettore Guglieri ha pronunciato quella parola prima di una battaglia. Capitano e leader del Fiorenzuola, a 38 anni sta vivendo una seconda giovinezza. Trascinatore silenzioso di una squadra giovanissima e che, nel girone A, si sta togliendo qualche soddisfazione. Gli ultimi due pareggi con Renate e Padova ne sono la prova. Condottiero in campo e fuori, dove ormai da undici anni si dedica al volontariato nel suo paese. Paure e dolori vissuti con il Covid e la gioia, sul campo, per essere tornato tra i professionisti dopo dodici anni.
Il destino ci regala, spesso, storie da raccontare. Questa ha un nome e un cognome, Ettore Guglieri. Nato a Ponte Dell’Olio, paesino in provincia di Piacenza, è proprio vicino alla sua città natale dove ha deciso di iniziare a scrivere la sua storia. Prima di mettere la firma sulla prima pagina del suo libro a Fiorenzuola, Guglieri ha girovagato per la C.
Pizzighettone, Massese, Biellese e ultima il Lecco, squadra con cui ha disputato il campionato di Serie C per ben due anni. Una delle sfide più affascinanti giocate da Ettore è, senza dubbio, la partita in Coppa Italia contro l’Empoli. Ai tempi di Pizzighettone, allenato da Venturato, ha avuto l’opportunità di affrontare nomi importanti: Almiron, Lodi, Zanetti, Vannucchi e Tavano giusto per citarne qualcuno. Poi le altre esperienze fino a doversi misurare nei campi della D. Tanta gavetta insomma. Sudore, sacrifici e tanto lavoro. Per Guglieri è stato il pane quotidiano, ma sempre con la solita passione di sempre. Poi la chiamata del Fiorenzuola e la voglia di tornare a casa.
Nel 2014 alla firma del contratto, probabilmente, non si sarebbe mai immaginato a distanza di anni di poter entrare nella storia del Fiorenzuola. Una storia fatta di talenti cresciuti in rossonero e che poi hanno spiccato il volo (Paratici, Milanetto, Vecchi o lo stesso Pavanel, avversario dell’ultima sfida in campionato). Sette anni di Serie D. Lotta, grinta e dedizione, quella che non è mai mancata a Ettore e che tutt’ora mette in campo. La gioia più bella? La promozione in Serie C dopo una cavalcata trionfale nella scorsa stagione. Capitano e condottiero di una squadra impeccabile fatta di giovani e talento.
Una storia partita da lontano, che ci insegna quanto i sogni non debbano mai essere abbandonati. La gioia di una città, quella di tornare tra i professionisti e festeggiare il suo centenario nel modo più bello. Guglieri è l’emblema del Fiorenzuola, o meglio l’Ambasciatore, visto che la Lega e l’AIC l’hanno inserito nel ‘Club dei 100’. Non è un caso se è stato proprio lui il primo nome ufficiale della rosa dei piacentini in questa nuova avventura in Serie C. Una firma quasi superflua, perché in fondo la passione per il pallone e per il Fiorenzuola non ha bisogno di un contratto. Il compito di Ettore, come sempre negli ultimi anni, è quello di trasmettere passione, fare gruppo e essere d’esempio per i tanti giovani. La squadra c’è, la coesione anche, basta vedere l’abbraccio del gruppo al termine di ogni partita. Nelle ultime giornate Gugliè, come viene chiamato in spogliatoio, ha ritrovato la maglia da titolare. Prestazioni in crescendo, voglia di correre e di lottare come quelle di un ragazzino. La fascia sinistra ha il suo Ambasciatore: Ettore Guglieri, capitano senza età, pronto a continuare a scrivere le pagine più belle del suo libro.
Capitano dal cuore grande, Ettore Guglieri da diversi anni svolge anche volontariato nella città. Un segno di vicinanza alla comunità. Concilia passione, quella per il calcio, e la voglia di voler fare del bene. Stare vicino a chi ne ha bisogno. Il periodo più difficile? Sicuramente quello del Covid. Piacenza è la città più colpita all’inizio della Pandemia ecco, dunque, che il suo lavoro fuori dal campo diventa prezioso, soprattutto a Farini, paesino dove abita. Una storia, quella di Ettore, che magari non farà rumore, ma che merita di essere raccontata. Dieci gol sul campo in carriera, ma sicuramente quello più bello Guglieri lo ha segnato fuori, lontano dai campi.
A cura di Simone Brianti
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