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Big Mac & i suoi fratelli azzurri: dalla Serie C alla Nazionale, quando il sogno diventa realtà

Dalla Serie C alla Nazionale, una poesia tinta d’azzurro su quel sogno che per alcuni giocatori è diventato realtà.

Credete anche voi ad una correlazione tra cibo e pallone?

Qualcosa di forte, stimolante e per certi versi anche proibitivo se si pensa alle solite frasi che, ancora oggi, si sente dire un giovane che sogna di trascorrere la vita diviso tra campo e panchina.

Come l’appetito pronto a divampare di fronte ad un Mac da gustare al volo (e se avete letto l’intervista a Massimo Maccarone non serve davvero aggiungere altro).

Tenetevi forte allora, perché dall’enorme “C” di Casa parte un treno in mezzo ad altre storie, denominate tutte da un delizioso profumo su sfondo tricolore.

La prima fermata di questo splendido viaggio é già rappresentata da un dolce ricordo piuttosto vivo.
Perché anche dentro il glorioso trionfo europeo targato Roberto Mancini c’è tanta, tantissima Lega Pro.

L’antipasto si chiama Matteo Pessina che, prima di poter essere la sorpresa della splendida rassegna estiva, esordisce col Monza, sgomita tra Lecce e Catania per poi trovare l’esplosione al Como e trasferirsi, definitivamente via La Spezia, alla corte di Gasperini.

Seguono a ruota capitan Chiellini (gavetta a Livorno prima di Fiorentina e Juve), Marco Verratti (tesoro abruzzese coccolato ed infine speziato su salsa Zemanlandia), Lorenzo Insigne (Cavese in chiaroscuro, poi champagne boemo tra Foggia e Pescara).

A prosieguo ancora Francesco Acerbi (lanciato si dalla Calabria amaranto in B ma solo dopo esser stato temprato dalla formativa esperienza padovana tra C1 e C2), Giovanni Di Lorenzo (122 presenze intervallate da Cuneo, Reggina e Matera con un passato da attaccante), Jorginho (La Sambonifacese prepara, il Verona lancerà il talento), Salvatore Sirigu (di tappa a Cremona) e Andrea Belotti (autore della sua prima stagione in doppia cifra all’AlbinoLeffe).

Il sogno, dalla Serie C alla Nazionale

Ma la lettera “C”, naturalmente, va ben oltre il presente.

È infatti prepotentemente racchiusa dentro l’urlo placcato d’oro di Fabio Grosso.

Colui che alla PlayStation , durante il ritiro tedesco prendeva sempre l’Italia, quasi come segno del destino.

Lo stesso ragazzo, in grado di emergere dal Chieti, planare a Perugia e castigare, memorabilmente, Germania e Francia dopo l’ottima annata rosanero.

Palermo chiama, Luca Toni risponde.

Chissà cosa ne sarebbe stato di quella meravigliosa doppietta mondiale all’Ucraina, se l’attaccante modenese avesse realmente deciso di ritirarsi a causa dello scarsissimo minutaggio concessogli da Cavasin al Fiorenzuola.

Siano benedette allora, in questo senso, le 15 reti siglate con la Lodigiani di Guido Attardi e Rinaldo Sagramola.
Perché da lì sarà Vicenza, con slancio, sempre più alto, verso una storia da mille culture ma con lo stesso sapore: quello del gol.

Ancora Berlino, ancora sacrificio: ad Andrea Barzagli serve (casualità?), una stagione in bianconero per lanciarsi.

La meritatissima promozione in maglia ascolana infatti, sarà il giusto trampolino di lancio di una carriera che, fra Chievo, Palermo e Wolfsburg, non gode forse mai della giusta considerazione prima della ricchissima epopea juventina, fatta di luci e trionfi.

Disegni la C, colorandola d’azzurro ed inevitabilmente, ti emozioni, quasi per istinto.

Destinazione Azzurro, dalla Serie C

Quella lettera, infatti, annovera tra i suoi proprietari un uomo speciale, dotato di una Penna Bianca capace d’orientare i sogni sul sacro fuoco del sentimento umile.

Già negli anni 70, infatti, un Fabrizio Ravanelli bambino si recava al Renato Curi con famiglia al seguito, salvo poi scrivere, qualche anno più tardi, la storia del suo amato Perugia, divenendo capocannoniere in C1 con 23 gol in 32 partite e dando inizio, contestualmente ad una carriera variegata e leggendaria.

Come quella di Totò Schillaci, il siciliano che rappresenta a tutti gli effetti la possibilità derivante dagli sforzi.

La realizzazione, nuda e cruda del cuore che parte da casa e diviene, volto simbolo, dell’incanto a pochi passi.

Messina, infatti lo celebra ancora adesso.

Quell’eroe con fame di gol capace di determinare promozioni ed illudere il mondo nel 90.

Colui che avrebbe realmente potuto prendersi tutto.
E che invece, ancora adesso, ricorda amaro il rimpianto del buio.

Ce ne sarebbero altre mille, di favole da raccontare.

Per arrestare il treno, tuttavia, bisogna aggrapparsi al principio.

Giocare, ancora una volta, con l’attrazione tra fame e calcio.

Immergersi, per l’ennesima volta, nel sacrificio pronto a risuonare forte.

Massimo Maccarone emoziona ancora adesso.
Nonostante le scarpine appese al chiodo.

Si pone, per certi versi a rappresentante di una grossa fetta di persone che avrebbero meritato di vestire di più la maglia del nostro paese.

Si tratta infatti del secondo giocatore chiamato in nazionale senza aver prima esordito in A dopo Raffaele Costantino (seguiranno a lui Verratti, Zaniolo, Tonali, Meret e Grifo).

Un attaccante dal fiuto del gol importante, che vede nella terza categoria nazionale l’inizio e la fine del suo percorso calcistico.

Prato e Carrara indicano, in mezzo ad Empoli, Middlesbrough, Siena, Palermo e Sampdoria tra le altre.
Mai sottovalutare, il pubblico bramoso di spettacolo.

Qualunque esso sia.

Si può raggiungere, la gloria.
Attraverso ogni categoria.

E se non ci credete, iniziate a mangiare.

L’appetito verrà da se.

di Damiano Tucci

Redazione

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