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Riconoscenza, educazione e rispetto. Il calcio per Raggio Garibaldi: “Al mio viaggio dico grazie”

“Io al calcio devo solo dire grazie”. Parole semplici, ma efficaci. Tanta umiltà e rispetto per uno sport che rappresenta l’uomo prima del giocatore. E’ così che Silvano Raggio Garibaldi si congeda dai nostri microfoni. Nessuna richiesta, nessuna pretesa. Un dialogo amichevole, quasi confidenziale. La prova di chi non ha nulla da rimproverare né a sé stesso né agli altri. Un calciatore che raccoglie tutto quello che il calcio e l’esperienza gli donano. Sempre con il sorriso stampato sul viso. Come per tutta la durata dell’intervista ai nostri microfoni. E come fa dentro lo spogliatoio del Sestri Levante dove, lui, dall’alto della sua lunga carriera, contribuisce ad una storica promozione in Serie C. Oltre settant’anni dopo l’ultima volta. Questo è Silvano Raggio Garibaldi.

La voglia di tornare in campo, la determinazione e la promozione con il Sestri: “Bisogna sempre raccogliere il massimo”

Una stagione strana, non usuale per chi non si è mai fermato. Per chi si è sempre allenato per raggiungere degli obiettivi. Di squadra o personali non fa differenza. Allenarsi sempre e comunque perché nessuno regala niente. Ci torneremo. “Fino a gennaio mi sono sempre allenato. Ero in attesa di una chiamata da parte di altri club di Serie D, ma non arrivava”. Dopo aver girato l’Italia conoscendo diverse realtà e maturando una lunga esperienza sui campi da calcio non è complicato riconoscere l’occasione migliore. “A gennaio ho avuto questa nuova opportunità con il Sestri e l’ho sfruttata a pieno. E’ stata la scelta giusta. Ho sempre seguito la squadra fino a quel momento”.

Gli stimoli arrivano da soli. “E’ stato semplice rendersi conto del valore della squadra. Vedevo come giocava. Bene, determinata, intraprendente. I ragazzi lavoravano benissimo. L’allenatore aveva la squadra in mano. Girava bene”. Tanta la voglia di ripartire. Troppi i mesi di astinenza dal campo. Il profumo dell’erba, il sudore e l’ambiente squadra sono l’habitat naturale di chi sceglie di fare del pallone la propria vita. “C’era qualcosa di grande nel Sestri. La società me ne ha dato conferma. Le condizioni erano tutte favorevoli. Appena ho potuto ho accettato con grande entusiasmo”.

Entusiasmo. E’ questo il segreto di Silvano Raggio Garibaldi. La benzina di un motore sempre acceso. Per affrontare una carriera…anzi “Un bellissimo viaggio che mi ha portato ad inseguire la mia passione. E sempre con il sorriso. Con la semplicità e la spontaneità di un ragazzo. Come quelli che incontra negli spogliatoi del Sestri dove lui e capitan Massipane spiccano per “anzianità”. “E’ un gruppo di giovani fantastici. Molto interessanti sotto ogni punto di vista. Anche tecnico. Ci hanno dato un apporto enorme. Sempre disponibili a dare una mano.”

La carta d’identità segna 34 anni. 28 passati a giocare a calcio. “No, non ho dovuto dire gran che a questi ragazzi. Io ho sempre cercato di dare il massimo in campo. Il mio ruolo è stato quello di far capire a questi giovani l’opportunità che avevano davanti. Li ho solo spronati a non lasciare mai nulla di intentato. Mai niente al caso”. Poche parole, tanta sostanza e tanto sostegno. Per Raggio Garibaldi questa nuova tappa del suo percorso ha il sapore della rivincita. Personale. Perché la pace con sé stessi è essenziale per chi vive il campo. Per non avere rimpianti. “La promozione raggiunta è stata una soddisfazione grandissima. Soprattutto se pensiamo a come era iniziata la mia stagione”.

Riscatto, rivincita o orgoglio ciò che conta è solo il risultato. “L’importante è sempre raccogliere il massimo mentre si corre. Abbiamo vinto giocando bene. Abbiamo creato un bel gruppo e abbiamo raggiunto un risultato eccellente”. Al Sestri Levante non è il capitano, ma quella fascia la indossa negli anni sviluppando una mentalità da leader. Prima di tutto vengono i compagni. “La vittoria è soprattutto dei ragazzi. Sapere che questi giovani sono destinati a palcoscenici importanti è bellissimo. Soprattutto perché hanno ottenuto questa bella vittoria”. Umiltà e umanità. Qualità di chi non ha mai avuto regali.

Raggio Garibaldi non fa previsioni e si gode il presente

L’anno prossimo sarà Serie C. Campionato che Raggio Garibaldi conosce bene. Gubbio, Virtus Entella, Mantova e Como le squadre con le quali affronta la Lega ProClasse 1989, ma non ne vuole sapere di fare i conti con l’anagrafe. “Al momento sto bene fisicamente. Finché il fisico tiene e finché sto bene anche a livello mentale il mio desiderio è continuare a giocare. Per il resto decide la società perché subentrano varie dinamiche. Il mio progetto è finire bene questa splendida stagione. Per me e per la squadra. Il futuro? Si vedrà”. Frasi di circostanza o sentimenti reali non sta a noi dirlo. Di certo c’è che la passione, l’amore per questo sport e la determinazione non abbandoneranno il centrocampista. “Spero di giocare la C”. E un’altra spontanea risata chiude il capitolo. Semplicità, educazione e reverenza verso il calcio. Raggio Garibaldi è così.

“Genoa è stata una scuola di vita”, le tappe del viaggio di Silvano

Una carriera, quella di Silvano, che inizia a 6 anni quando entra nel settore giovanile della Virtus Entella. La squadra della sua città natale. Chiavari. Omen nomen direbbero i latini. Anche Silvano approda in quel di Genova. Vi rimarrà fino alla maggiore età. Anni di grande crescita tecnica, tattica, ma soprattutto umana. Personale. Sotto svariati punti di vista. “Entrare nel settore giovanile del Genoa è stato fondamentale. Sì, mi sono formato come calciatore, ma l’aspetto, per me principale, è un altro. Il Genoa è stata una vera scuola di vita”. Allenamenti, partite, momenti di condivisione con compagni, allenatori, membri dello staff. “E’ stato un periodo bellissimo. Ricordo con grande piacere i viaggi in treno con i miei compagni e il mio gemello”.

Il fratello Stefano. Portiere. Sono cresciuti insieme. In casa e sul campo. Gemelli nella vita come nelle promozioni. Stefano, oggi preparatore dei portieri del Genoa torna in Serie A con il Grifone allenato da Alberto Gilardino.

E’ stata una fortuna giocare con il proprio fratello. Ci siamo sempre sostenuti. Avere un gemello con cui condividere quei momenti, quegli anni è stata una spinta in più per non mollare mai”. Anche nelle difficoltà. Affrontate come Silvano Raggi Garibaldi insegna. Con il sorriso. “Pensare positivo? Sempre. Penso ai momenti in cui gli allenatori mi rimproveravano. In quei momenti era difficile. Magari ti lasci andare, ma poi quando capisci che lo fanno per la tua crescita la prospettiva cambia. E’ stato un percorso formativo unico. La soddisfazione nel riuscire a soddisfare le richieste dell’allenatore, anche dopo aver sofferto, ripaga sempre tutto”.

Gli incontri, gli amici e le telefonate: gli anni è come se non fossero mai trascorsi

Altruismo e gratitudine. “L’unico limite sei te stesso. Prendo mister Chiappino e mister Torrente. Mi hanno dato tantissimo. Mi hanno formato. Parte di quello che sono oggi lo devo a loro, ma tutti gli allenatori, preparatori e tecnici che ho avuto mi hanno lasciato qualcosa. Tutti”. Una precisazione fondamentale. “Non è una sviolinata è la verità. Ho preso qualcosa da ognuno di loro”. Riconoscenza. Rapporti umani, legami nuovi, sani, di fratellanza e di amicizia. Il Genoa secondo Raggio Garibaldi. “Ho avuto tanti compagni. Tanti amici. Genova è stata anche questo. Anzi soprattutto questo”. Pacatezza, umanità e rispetto.

Non chiedermi di fare nomi. Sarebbe antipatico e poco rispettoso. Non me la sento. Sono veramente legato a tutti. Sono rimasto in contatto con tanti dei miei compagni. Siamo lontani, sono trascorsi diversi anni ma basta una telefonata e il tempo è come se non fosse mai passato”. Istantanee di un percorso che rimarrà indelebile nel cuore dell’ex Pisa. Frammenti di reale sincerità. “Ho un ricordo nitido ti tutti. Nessuno escluso”. I valori dello sport racchiusi nelle sue dichiarazioni. Una bandiera. Il quadro “Genoa” firmato Raggio Garibaldi trova la sua cornice allo stadio Marassi. Genoa Torino, 13 aprile 2008. Silvano si accomoda in panchina. In piedi davanti a lui Gian Piero Gasperini. L’allenatore si gira, lo chiama.

L’esordio in Serie A con Gasperini, l’esperienza con Juric e nessuna intenzione di smettere

E’ il suo momento. Le gambe tremano, lo stadio freme e Silvano, come sempre, non smette di sorridere. Entra in un vortice di emozioni. “Lo stadio Marassi era pieno. Ma ritengo che parlare dell’esordio sia riduttivo. Cioè, l’esordio inizia e finisce lì. Quello che conta è tutto quello che c’è dietro e quello che ci sarà dopo”. Piedi per terra, e mai banale. Sognare sì, ma mai distogliere l’attenzione dalla realtà. “Quello che conta è come si è sviluppata l’intera carriera. Mi interessa quello. Gasperini? Per me è uno dei migliori in Italia. E’ il top per la categoria. Sa valorizzare i giovani”. C’è spazio anche per un altro “genoano” d’eccezione: Ivan Juric. “Allenarsi con lui a Mantova è stato un onore. Un vero piacere. E’ simile a Gasperini. Ha preso molto da lui. Organizzava degli allenamenti molto intensi, ma davvero belli”. Genova e il Genoa fanno il loro corso.

Il magone di Silvano è facilmente intuibile. Raccontare il passato è bello, aiuta a valorizzare il presente, ma senza esagerare. Torniamo quindi al giorno d’oggi. A 34 anni non è ancora tempo di tirare le somme. “La mia carriera è stata un bel viaggio. Fatta di momenti positivi e momenti negativi. Ma io sono sempre stato dell’idea che anche dalle difficoltà bisogna saper ricavare qualcosa di utile. Ho sempre seguito la mia passione. E’ l’unica cosa che conta veramente”. Ma con il degno rispetto per ciò che accade sia nella vita che in campo. “Il calcio mi ha dato tanto. Non mi ha regalato niente, ma non mi ha neanche tolto niente. Attraverso le mie qualità e la mia determinazione mi sono sempre preso tutto”. Gratitudine verso questo sport mischiata a tanto orgoglio personale. Consapevolezza nei propri mezzi maturata negli anni. “Spero che il calcio mi dia ancora tanto”.

“Allenare? Devo capire se ho le capacità”

E se non fosse il calcio a dare a lui sarebbe lui a dare qualcosa al calcio. Perché di abbandonare il campo proprio non se ne parla. “Sì, ho preso il patentino da allenatore per i dilettanti. Mi piacerebbe allenare. Sono curioso. Vorrei rimanere sul campo”. Ma mai dare nulla per scontato. Anche se stai dall’altra parte. “Solo che non sai mai se sei adatto. Aver giocato non vuol dire essere portati per allenare. Un conto è dire vorrei fare l’allenatore, un conto è farlo. Devo capire se sono effettivamente portato per il ruolo”. Mai prendersi in giro. Mai chiedere troppo a sé stessi. Rispetto per il calcio sempre e comunque. Il frutto di un “viaggio” in cui ha fatto tesoro degli ostacoli incontrati.

De Rossi, Brozovic e Verratti, anche Raggio Garibaldi ha i suoi idoli e…quel messaggio per i più giovani

C’è spazio anche per “tornare bambini”. “Il mio idolo da ragazzino era Daniele De Rossi. Il suo carisma e la sua capacità di stare in campo e presidiare il centrocampo è qualcosa di unico. Oggi ti dico Brozovic. Copre il campo, combina quantità e qualità. Ha un’ enorme capacità di creare azioni durante la partita invidiabile. Tante azioni”. Sottovoce, con la sincerità che lo contraddistingue si lascia andare. “Sarò chiaro. Il top si chiama Verratti”.

E’ ora di salutarsi. Dopo l’ennesimo sincero sorriso chiude con un pensiero per chi verrà dopo di lui. “Ad un ragazzo che inizia a giocare oggi direi solo una cosa. Di divertirsi. Il calcio deve essere divertimento. Rispettate sempre il calcio e lui rispetterà voi. Ringraziate sempre per i sacrifici che fanno le persone vicine a voi. Seguite la vostra passione. Se vi accorgete che non è la vostra strada non abbiate paura a cambiare”. Silvano Raggio Garibaldi. La semplicità e la spontaneità rinchiusa nella sua passione per il calcio.

A cura di Alvise Gualtieri

Alvise Gualtieri

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