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Da ragazzo della curva a capitano della promozione. Settembrini: “Arezzo, la mia doppia vittoria”

Andrea Settembrini, Arezzo, l’Arezzo. Città, squadra. Adesso è davvero tutto suo. Come la promozione che ha riportato il club amaranto tra i professionisti. Una storia antica di calcio prima tifato poi giocato. Allo stesso tempo attuale e non così frequente. Il ragazzo della curva che da uomo torna a casa e vince un campionato. Da capitano anche, lui che una fascia al braccio non l’aveva mai indossata prima in carriera. Una trama e un copione con un epilogo così impeccabile che pensarlo soltanto dieci mesi fa sarebbe stato quasi rischioso. Al confine dell’utopia. Invece molto presto il desiderio è diventato obiettivo. E Settembrini manifesto di un profondo senso di appartenenza; in una parola Aretinità

Come la spieghi? Intanto partendo da una promessa (mantenuta). Perché la difficoltà di scendere di categoria, soprattutto tra i dilettanti, doveva essere bilanciata da un’ambizione forte quanto quella decisione. Settembrini firma con l’Arezzo e manda un messaggio a Castiglia che aveva siglato il suo contratto appena tre giorni prima: “Luca dobbiamo vincere per forza questo campionato eh”. “Assolutamente”.

Tanto per far capire come una vecchia conversazione possa tornare più attuale che mai. Settembrini è un capitano che parla sempre al plurale e nelle sue risposte difficilmente manca un ‘noi’

Settembrini, capitano del ‘noi’, e i suoi compagni fondamentali all’Arezzo

“Io e Luca (Castiglia, ndr) abbiamo praticamente lo stesso passato, lui ha fatto ancora più Serie B di me. Ma in quel momento eravamo sulla stessa barca – ha raccontato Settembrini a lacasadic.com -. Scendere di categoria è stata una scommessa per entrambi. Io non lo conoscevo personalmente, avevamo solo giocato contro. Lui ha firmato il 24 giugno, io il 27 ed è allora che gli ho scritto ma già avevo in mente di voler vincere questo campionato. E con Luca ci siamo spalleggiati per tutta la stagione. Per me lui è stato fondamentale nei momenti difficili; ci siamo fatti forza ed è stato veramente importante per me in questo cammino. Poi l’arrivo di Gucci e Foglia nel mercato di riparazione ci ha dato una grossa mano. Fondamentali anche loro due… Ci siamo fatto forza a vicenda”. Per tutta una stagione, fino all’ultimo, fino alla foto scattata con la coppa in mano sotto la curva. Insieme.

Dalla curva al campo, questione di Aretinità

Scelte e prospettive. Dopo la finale playoff persa dal suo Padova contro il Palermo in cui in palio c’era la Serie B, ripartire dai dilettanti l’estate scorsa è stata una decisione coraggiosa. Perché? “L’ho fatto per la piazza, per il passato, perché conoscevo Giovannini (il direttore sportivo, ndr) e perché sono tifoso fin da piccolo. Giocare nell’Arezzo è da sempre stato il mio sogno. Prima d’ora non avevo mai avuto l’opportunità di farlo, nemmeno da piccolo. Ora invece essere tornato e aver vinto così fa capire la perfezione di questa annata. Da aretino è stato inimmaginabile. Da tifoso è stata una vittoria e un’emozione doppia. Io 19 anni fa quando l’Arezzo è salito dalla C alla B ero sempre in curva. Poi sono andato via di casa e ho continuato a seguirlo solo virtualmente. Adesso, a distanza di anni, vedere festeggiare la tua gente in questo modo è stato da brividi”. Come riconoscere i volti degli amici di sempre nella confusione estatica di quella curva che è stata anche sua. Vederli gioire anche per merito suo. Andrea, o meglio ‘Sette’, con l’8 sulle spalle (il numero di Gattuso e della sua bella annata a Cittadella) e la fascia al braccio. 

Settembrini e quella chiamata di Giovannini: “Andrea, devi venire qua. Voglio che tu sia il capitano dell’Arezzo”

“Il ruolo di capitano all’inizio l’ho preso nel modo giusto ma le pressioni ci sono perché essere profeta in patria non è mai semplice. Poi io era dal 2019 che non giocavo un campionato intero senza infortuni; prima il crociato e poi il menisco. Poi è arrivato il Covid e un altro stop. L’anno scorso a Padova non ho avuto continuità; era un gruppo eccezionale ma io volevo sentirmi di nuovo protagonista. E venire qui a livello personale è stato come riprendersi quel che avevo perso negli ultimi due anni. Una manna dal cielo. Mi sono preso i miei rischi perché scendere di categoria dopo tanti anni di professionismo è rischioso ma ogni sacrificio è stato ripagato”.

Gran parte del merito va anche a Paolo Giovannini, ds con cui Settembrini aveva già lavorato a Pontedera (allora salendo dalla C2 alla C1), lì dove era stato anche già allenato da Indiani che ha ritrovato in panchina proprio ad Arezzo. Una combinazione perfetta e una telefonata risolutiva. “Il direttore tre giorni dopo il 16 giugno, quando avevamo giocato la finale a Palermo, mi ha chiamato. Mi ha detto: ‘Andrea devi venire qua, voglio che tu sia il capitano dell’Arezzo’. Io mi sono preso dieci giorni di pausa, ho staccato un po’, ma appena sono tornato dalle vacanze ho firmato”

C come Casa

Settembrini è tornato ad Arezzo e l’ha fatto per restarci. Nessun trasferimento in vista, solo il trasloco. L’ultimo, in corso, per la sua nuova casa… a casa sua. Un gioco di parole e un mazzo di chiavi per ribadire che è lì il suo futuro. Sospinto dalle sue ambizioni e da quelle della proprietà. Il presidente, Guglielmo Manzo, è già al lavoro per rendere lo Stadio Comunale ancora più capiente. “Vedere questo progetto di ammodernamento con la possibilità di rifare la curva Maratona e anche la curva degli ospiti, da aretino è bellissimo. Il presidente – ha proseguito Settembrini – ha una personalità forte, sa quello che vuole e non ti manda a dire le cose ma parla in faccia. Questa caratteristica l’ho apprezzata fin dall’inizio. E soprattutto nei momenti di difficoltà, come quando abbiamo perso a Terranova. Lì c’è stato un confronto con la squadra e il presidente ci ha detto le cose come stavano. Penso che allora sia arrivata la svolta per il nostro campionato. Da lì infatti abbiamo collezionato 9 vittorie e un pareggio che ci hanno permesso di vincere il campionato”.

“Voglio dimostrare quello che valgo”

Migliore annata per rendimento (“Mai fatti così tanti assist”), gioia doppia da capitano-tifoso, festeggiamenti alla Ancelotti col sigaro in bocca. Ma non chiamatelo supereroe, anche se la sua foto del profilo WhatsApp lo ritrae da bambino con il costume di un personaggio dei Power Ranger. “Mi sento soltanto un ragazzo che ha ancora voglia di giocare e spero di farlo ancora a lungo. Quest’anno mi sono sentito di nuovo bene, non come negli ultimi anni. E ho tanta voglia di tornare a giocare e mettermi in mostra nei professionisti. Voglio dimostrare quello che valgo. Essermi ripreso tutto questo sul campo mi rende orgoglioso di me. E della mia la squadra, perché senza di loro non avrei fatto nulla”. 

“I have a dream” e adesso anche un altro…

L’Arezzo visto e sostenuto dalla curva nell’anno della promozione dalla C alla B 19 anni fa, la squadra riportata tra i pro adesso. Giro immenso e cuore amaranto, Settembrini protagonista prima sugli spalti poi in campo. Punto e a capo. Per continuare insieme ma anche per ricominciare dopo questa promozione in Lega Pro che inevitabilmente è un nuovo punto di partenza. Con un nuovo obiettivo. “Adesso finiamo campionato e poule scudetto ma non vedo l’ora di confrontarmi di nuovo con il professionismo. La società sta programmando la prossima stagione e ha ambizioni importanti, come me. Il mio sogno ora è un altro e lavoreremo anche per quello”. A questo punto, può essere svelato… “Tornare in B con l’Arezzo”

Guendalina Galdi

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