Dal diario di un sognatore, Sheikh Sibi: “La mia rinascita con la Virtus Verona”
“È la magia di rischiare tutto per realizzare un sogno che nessuno vede, tranne te”. Se almeno una volta vi è capitato di guardare il film “Million Dollar Baby”, dopo i titoli di coda probabilmente questa frase avrà continuato a riecheggiare nella vostra mente. La stessa citazione potremmo ricollegarla al protagonista di quest’intervista. Non parliamo di boxe, ma della storia di un ragazzo, non ancora maggiorenne, che a soli sedici anni ha scelto lasciarsi tutto alle spalle. La propria casa, la famiglia e gli affetti più cari. Di partire senza una vera e propria meta, per un viaggio pericoloso e dall’esito incerto. Senza avere nulla in tasca, ma con un sogno: quello di diventare, un giorno, un portiere professionista.
Questo è il racconto di quel sogno che dopo anni di sacrifici sta lentamente prendendo forma. Classe 1998, nazionalità gambiana, professione: portiere titolare della Virtus Verona in serie C. Questa è la storia di Sheikh Sibi. Per gli amici, Tano, ma ci torneremo più tardi.
L’infanzia in Gambia
Sono distanti, Lampedusa e Verona. Così come sono distanti Verona e Serekunda, la città più grande e popolosa del Gambia. Da qui parte il viaggio di Sibi: “Se nasci in Gambia non puoi non innamorarti del calcio. Non ci sono altri giochi. Quello era il nostro svago, la nostra vita. Ho passato la mia infanzia tra i campi di terra battuta o per strada, giocando con gli altri bambini. Il mio ruolo da piccolo? Ho sempre giocato portiere, il mio posto è tra i pali. Quando riuscivo a negare un gol ad un mio amico ero felicissimo, sono una persona super competitiva”.
Un’infanzia difficile quella di Sheikh, cresciuto con la passione per il calcio e le responsabilità di dover contribuire al sostentamento della sua famiglia: “Tanti giocatori in Gambia pensano solo al calcio, io non sono così. Quando mio padre è scomparso mi sono ritrovato ad avere molte più responsabilità. Mio fratello mi ha sempre incentivato a seguire questa passione, ma dovevo avere un’alternativa. Ho cominciato a fare l’imbianchino con lui da giovane e continuo tutt’ora. La pittura è il mio secondo lavoro. Per me la famiglia è la cosa più importante. Adesso sono qui in Italia, mi trovo molto bene, ma inevitabilmente il pensiero è sempre rivolto ai miei parenti in Africa. Vorrei fossero qui con me, il sogno che sto cercando di realizzare è soprattutto per loro”.
Il viaggio nel deserto e l’arrivo a Verona
Nel 2015 Sibi decide di abbandonare tutto e andare via dal Gambia. Una scelta dolorosa e al contempo necessaria, per inseguire quel sogno che sembrava irrealizzabile per chiunque, ma non per lui: “In Gambia la passione e l’impegno non bastano. Ancora oggi non esistono strutture adatte per chi ambisce a diventare calciatore ad alti livelli. Mia mamma, mia sorella e mio fratello sono rimasti lì, io invece a sedici anni ho deciso di partire. Sono rimasto otto mesi a cercare di raggiungere un barcone che mi portasse al di là del Mediterraneo. In Libia ho continuato a lavorare come imbianchino, in attesa del mio turno”. Il suo turno arriverà, cinque mesi dopo il suo approdo a Tripoli. Dopo undici ore di navigazione, una barca della Guardia Costiera mette in salvo Sibi e i suoi compagni. Ce la fanno tutti e successivamente vengono trasferiti a Lampedusa.
Da Lampedusa a Verona. Da Verona a Borgo Venezia. Perché nella vita niente accade per caso e “di tanto in tanto, il fato si ferma a guardarti e ti tende la mano”. La strada di Sibi si intreccia con quella della Virtus Verona e di Gigi Fresco. Quest’ultimo nota le qualità del ragazzo al centro di accoglienza Costagrande e nel 2016 lo aggrega alla formazione rossoblù, regalandogli l’opportunità della vita. Il club veneto, infatti, non è una semplice società di calcio. E non soltanto perché il presidente è al tempo stesso l’allenatore – da ben 42 anni – ma soprattutto per il suo impegno nel sociale.
Sheikh “Tano” Sibi: l’idolo di Borgo Venezia
Un rapporto speciale quello di Sibi con la Virtus Verona, che dura ormai da otto anni: “La Virtus è una seconda famiglia, non solo per me, per tutti i ragazzi che hanno un passato simile. Mi sembra di essere arrivato ieri, invece sono passati già otto anni. Gigi Fresco? Lui lo considero un padre. Mi ha accolto in squadra quando sono arrivato a Verona. Se sono arrivato a questo punto della mia carriera lo devo a lui in gran parte. Il suo modo di gestire la squadra e l’ambiente è incredibile, dal punto di vista tecnico, tattico, ma soprattutto umano”. Nello spogliatoio della Virtus si respira un clima differente, familiare, plasmato negli anni sotto l’attenta supervisione di Gigi: “Siamo un gruppo fantastico. Abbiamo una grande connessione con lo staff tecnico e i vari collaboratori, ma anche fra di noi. Gigi è bravo a coinvolgere il collettivo nel progetto, ci sentiamo tutti importanti e ci vogliamo bene. Juanito (Gomez) è una forza della natura, la sua esperienza e il suo carisma sono fondamentali. È un leader all’interno dello spogliatoio, ma non solo lui. Danti, Manfrin, Daffara, abbiamo tanti giocatori esperti che sanno come gestire certe situazioni e aiutano tanto i giovani nel loro percorso di crescita”.
E Sibi? “In partita spesso mi capita di arrabbiarmi con i difensori, chiedo sempre massima attenzione. Fuori dal campo sono più tranquillo. Mi reputo un ragazzo molto simpatico (ride, ndr). Oltre alle prodezze tra i pali, la qualità che risalta maggiormente è il sorriso di Sheikh, anzi, di Tano, ormai idolo dei tifosi a Borgo Venezia: “Tano è davvero un bel nome, me l’ha dato il preparatore dei portieri quando sono arrivato qui alla Virtus Verona. Mi diceva che Sheikh era difficile e che sarebbe stato meglio avere un soprannome italiano. Da quel momento per tutti a Borgo Venezia sono diventato Tano Sibi”.
Buffon, l’esperienza con la Virtus Verona e i due rigori parati contro il Vicenza
Con la Virtus Verona Sibi compie tutta la trafila dal campionato dilettantistico alla serie C. Il 30 ottobre 2016 debutta in Serie D e al termine della stagione 2017-2018 firma il suo primo contratto da professionista. Lavoro. Impegno. Dedizione. Il ragazzo ha talento, è un diamante solo da sgrezzare. “Giocavo a calcio, ma a livello amatoriale. Il primo allenatore dei portieri l’ho avuto in Italia. L’obiettivo è sempre stato quello di diventare un professionista, una volta arrivato qui ho capito di essere nel posto giusto”. Il portiere gambiano quel sogno lo costruisce passo dopo passo, conquistando nel 2023 la maglia da titolare. Gigi Fresco gli dà fiducia, lui lo ripaga con 9 clean sheet e 4 rigori parati – miglior portiere del girone A – due dei quali nella stessa partita, il 28 gennaio 2024 contro il Vicenza: “Devo ringraziare il nostro preparatore Lorenzo Faccini, ci segue costantemente. In settimana facciamo sempre uno studio approfondito sulla squadra avversaria e sui giocatori, prima di scendere in campo conosciamo bene chi abbiamo davanti. Franco Ferrari? Con lui è stato più facile perché ci eravamo già incrociati dal dischetto. Dopo aver parato il primo rigore ho pensato, questo lo calcia dove mi ha segnato all’andata, e così è stato. Fortunatamente è andata bene”.
Un’autentica impresa quella di Sibi. Prima di lui in Italia c’erano riusciti solamente Lido Vieri, Marchetti, Sirigu e Consigli. Non Gianluigi Buffon, da sempre idolo indiscusso del portiere gambiano: “ In Italia tutti hanno avuto la possibilità di vederlo giocare allo stadio o in televisione. In Gambia era diverso. A tredici anni ci riunivamo tutti insieme con gli altri miei coetanei nei cinema e pagavamo per guardare le partite. Ogni volta che vedevo giocare Buffon rimanevo estasiato. È un fenomeno”.
Sibi: “Sognare non costa nulla”
Le prestazioni di Sibi non passano inosservate e nel 2019 arriva la prima convocazione in Nazionale. L’esordio arriverà due anni più tardi, contro il Congo il 29 marzo 2021, insieme alla chiamata per la spedizione gambiana alla Coppa d’Africa dello stesso anno: “L’emozione più grande nel calcio è avere la fortuna di rappresentare il tuo Paese. Quando ho ricevuto la prima convocazione ero felicissimo, sono ancora giovane e spero di vivere ancora tanti momenti del genere con la Nazionale. Lavoro per questo”.
La storia di Sheikh “Tano” Sibi è una perla rara. Un bambino africano, che come tanti altri giocava per strada rincorrendo un pallone, ha avuto il coraggio di prendere a calci un passato complicato e una vita di stenti: “Quando sono partito non avevo nulla con me. Solo tanta speranza e un sogno nel cassetto. L’unica cosa di cui ero consapevole è che sono sempre stato un buon portiere. Sono una persona umile, ma in cuor mio sapevo che ce l’avrei fatta. Adesso devo solo continuare a lavorare duramente, non voglio più guardare indietro. Sognate sempre ragazzi, non costa nulla”.