Siamo al “Garilli” di Piacenza. Lì, dietro a una porta, c’è un ragazzo delle giovanili a fare il raccattapalle che ammira i tanti campioni in campo: “Di Francesco, Volpi, Cacia, Hübner. Che giocatori in quel Piacenza”. La voce, tanto malinconica quanto sognante, è quella di Jacopo Silva, difensore classe 1991 del Renate, secondo nel Girone A di Serie C, che siamo andati a trovare nella sede della società nerazzurra. E poi quel Piacenza-Milan, quattro giorni prima della finale di Manchester contro la Juventus: “Da tifoso rossonero una grande emozione. Finì 4-2 e ricordo che giocarono Matri e Piccolo, che poi ritrovai qualche anno dopo come compagno”.
Di strada ne ha fatta Jacopo Silva. Dal settore giovanile alla fascia da capitano del Piacenza. La rinascita a Caserta e il corteggiamento al Renate. L’idolo che si chiama Silva, Thiago Silva: “Fortissimo”. Fino alla gioia più grande con la sua Laura: la figlia Ludovica. Ostacoli, delusioni. Conquiste e gioie. È la storia di un ragazzo divenuto uomo. È la storia di Jacopo Silva.
“Io la definisco casa. Ci sono nato, ci sono cresciuto. Ho avuto l’orgoglio di diventare capitano” Quello tra Silva e Piacenza è uno di quei rapporti scritti nel destino. “Ho fatto tutto il settore giovanile fino alla prima squadra”. Poi il fallimento della società, l’esperienza al Pro Piacenza, e il ritorno al vecchio amore: “Una volta tornato, vincemmo la Serie D. Uno dei ricordi più belli”. Una maglia. Una seconda pelle. Un amore.
E questo legame i tifosi non se lo sono certo dimenticati: “L’accoglienza che mi hanno riservato due settimane fa mi ha toccato molto”. Indimenticabili “il campionato vinto, la fascia di capitano, i due derby vinti con la Cremonese e la vittoria contro l’Entella”. E poi l’ultimo anno: “È stato tosto. Prima il campionato perso all’ultima giornata. Poi la finale playoff persa. Infine, l’addio. Non me lo aspettavo”. Nell’estate del 2019 le strade si dividono. Alle spalle Piacenza, davanti il futuro.
Dal dramma alla rinascita. “È fatta, Caserta. Domani devi partire”. Cambia tutto. Si stravolge tutto. Jacopo deve lasciare quella che per anni era stata la sua casa e partire per una nuova avventura. Ricordi e incertezze. E poi ci sono le sorprese: “La stagione di Caserta si è dimostrata fondamentale. Sono cresciuto tanto, soprattutto dal punto di vista caratteriale. È stato come rinascere”.
E poi Renate: “Una trattativa lunga e faticosa”. Una trattativa conclusa a mercato già finito: “La mia compagna era incinta e volevo avvicinarmi. A Ferragosto uscì la possibilità di Renate, ma quanto l’ho dovuto corteggiare… (ride ndr)”. La firma arriva l’8 ottobre: “Tartassai i miei procuratori. Meritano una statua”. In attesa dell’esito del tampone, si allena da solo, fino all’esordio contro il Pontedera a Chiavari: “Entrai al 5’ del secondo tempo”. Parte così la nuova storia d’amore.
Prima la stagione molto positiva con Diana, un allenatore che “farà strada”, poi quella attuale con Cevoli: “Persona stupenda. È stato bravo a toccare le corde giuste. Ci ha dato fiducia e serenità”. Lo scorso anno il miracolo sportivo sfiorato nei playoff contro il Padova: “Una partita indimenticabile”. Ora il secondo posto: “C’è entusiasmo”. Miglior attacco in Italia, “ma dobbiamo prendere meno gol”. Un difensore lo sa bene. Un difensore con il vizio del gol. Sono già due quest’anno, l’ultimo nella vittoria per 4-1 contro la Pro Patria. E anche per “Apo” (Silva), Renate si conferma un’oasi felice: “Ambiente speciale. Tranquillità e serietà. E fatemi citare il grande Ivo, il nostro magazziniere”.
E poi il rapporto con “i matti”: Anghileri, Maistrello e Galuppini. E i viaggi in macchina con i primi due mancano: “Io e Anghi ci divertivamo a tirare in mezzo Tommy. Un giorno fingemmo che al campo si stessero picchiando dei compagni e che ci fossero i carabinieri. Arrivati all’allenamento, scese tutto preoccupato ma non trovò nessuno. Quante risate”. Il rapporto con Galuppini: “Lo conosco da Piacenza, quando vincemmo il campionato. Con lui, come con gli altri due, c’è davvero un rapporto che va oltre al campo. Amicizia speciale”. E una sentenza finale: “Al fantacalcio ci giocano tutti, ma finisce che vince sempre Anghileri. Ha troppo c**o (ride ndr)”.
“Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te”, cantava Battiato. A Jacopo, l’amore per sua figlia Ludovica, glielo si legge negli occhi: “Indescrivibile. La gioia più grande della mia vita”. Una famiglia costruita con Laura, la compagna: “Un osso duro. Un corteggiamento più lungo di quello al Renate (ride ndr). Con lei ho trovato la stabilità”. E ora, l’esultanza è tutta per loro, con la doppia L mimata con le mani. “Mi donano serenità”, racconta Apo. E a parlarci, questo suo amore lo si percepisce. Lo si vive. Nelle sue parole, sul suo viso, nei suoi occhi. E un ringraziamento ai genitori: “Vivono a Bobbio. A loro devo tanto. Hanno fatto grandi sacrifici per me”.
Una storia, quella di Apo, di emozioni e di grandi amori. E le pagine da scrivere ce ne sono ancora tante. Magari già da quest’anno, con il suo Renate. E ora si scappa a guardare Gomorra, Ludovica permettendo.
A cura di Nicolò Franceschin
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