Un momento delicatissimo per Simone Pavan, ex allenatore della Vis Pesaro. Come riportato da Il Resto del Carlino, tra poco più di una settimana giocherà la sua partita più importante, donando il midollo al figlio, malato di leucemia da un anno e mezzo. “Mio figlio ha bisogno del suo papà“. Parole toccanti e piene di emozione per l’ex calciatore che sogna di mettersi alle spalle questo periodo terribile e di ritornare a respirare a pieni polmoni la spensieratezza del campo da calcio.
L’ultima esperienza da allenatore per Simone Pavan risale al 16 febbraio del 2020, proprio nelle file della Vis Pesaro. L’arrivo del covid, l’addio alla panchina e agli allenamenti con la testa concentrata solo alla famiglia, “dentro e fuori dagli ospedali di continuo – spiega l’ex giocatore, tra le altre, di Atalanta, Modena, Venezia e Sampdoria –. Lottiamo, devo stare vicino a mio figlio. Ho detto no ad alcune possibilità. Il pensiero è di riiniziare quando starà bene“.
“Una settimana dopo l’esonero ci siamo chiusi in casa per il Covid – racconta Pavan -. Poi, usciti dal lockdown, nel 2020, a mio figlio hanno diagnosticato la malattia. Da lì non ho più allenato e ho detto no a diverse possibilità. Nelle cose pratiche sarebbe stato impossibile, devo stare vicino alla mia famiglia. Ora farò qualcosa per mio figlio e gli donerò il mio midollo. È in terapia da un anno e mezzo, la chemio è stata devastante“.
Arrivato nel luglio del 2019 sulla panchina della Vis Pesaro, Pavan ha guidato la formazione marchigiana fino al febbraio del 2020, poco prima che esplodesse la pandemia del Covid-19. Un’opportunità formativa, con una media di 1,07 punti a partita. Sulla panchina dei marchigiani ha vissuto la sua terza esperienza da allenatore professionista, dopo la doppia avventura al Modena, sia in Serie B che in Serie C. “Alla Vis Pesaro ho vissuto un’esperienza stupenda – dichiara Pavan-. Ci sono stati alti e bassi ma cerco di ricordarmi i momenti più belli. Abbiamo vinto delle partite toste e importanti, come dei bellissimi derby. E poi il rapporto fantastico con i tifosi che ci hanno sempre portato rispetto, sia nelle vittorie che nelle sconfitte. Non era facile gestire una situazione dove c’erano tanti problemi. Ma il mio pensiero, nonostante l’esonero, è molto positivo. Sono contento di aver vinto quelle partite che davano un certo senso ai tifosi perché ho subito capito l’amore che c’era verso la squadra. Ci è mancato l’equilibrio. A me tutto è servito. Ho dato tutto me stesso per far crescere i ragazzi“.
Una attitudine a lavorare coi giovani mai nascosta. Lo raccontano le esperienze vissute da allenatore nelle giovanili di Modena e Sampdoria. “È vero, quando ero in panchina alla Vis Pesaro c’erano tanti giovani e ho tentato di farli giocare il più possibile. Pannitteri (ora alla Fermana), ad esempio, era venuto in prova e ho richiesto che rimanesse. Si è sempre comportato umilmente, un ragazzo eccezionale che lavora in silenzio. E il suo primo gol, con l’abbraccio a me, ecco sono quei particolari che rimangono in mente. Il bello dello sport. La Vis Pesaro oggi? Sono contento perché si stanno confermando in categoria. Sono felice di questo e che i tanti problemi siano stati risolti. L’esperienza fa crescere anche dentro la società. Tutti noi allenatori negli anni speriamo di aver dato una piccola mano nel risolvere i problemi. Sono felice dell’ottimo campionato e mi auguro possano continuare“.
Nella vita, come nel calcio, bisogna sempre provare a guardare avanti, nonostante tutto. Simone Pavan ci sta riuscendo. Le difficoltà lo hanno plasmato, ma la voglia di tornare in pista c’è e non lo nasconde. “In questi anni di stop ho comunque trovato spazio per aggiornarmi. Ma quando avrò la possibilità dovrò ripartire da zero. Devo essere realista. Quando stai fermo due anni è difficile ma se avrò l’occasione ho le idee chiare, che siano giovanili o prime squadre. Questo tempo mi ha fatto ragionare su tante cose e alcune le affronterei in maniera diversa, anche per l’esperienza che sto vivendo con mio figlio. C’era già la possibilità di ripartire ma non ho potuto, mentalmente non ero al cento per cento”.
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