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Eterno Peter Pan, Simone Pesce: “500 presenze nei professionisti una gioia immensa. El Cholo? Mi ha cambiato come uomo”

Nel mondo dello sport il tempo è un avversario silenzioso, inesorabile. Spesso ti può essere amico e ti permette di raggiungere grandi risultati ma il ticchettio dell’orologio è anche un richiamo costante alla fugacità della carriera. Vivere il momento raccogliendo quanto di bello il calcio può offrire è ciò che ha permesso a Simone Pesce di essere ancora protagonista sui campi a 41 anni. L’emozione di essere acclamati dai tifosi, il suono dei tacchetti nel tunnel che porta al campo di gioco, l’odore dell’erba appena tagliata. Simone si è nutrito di questo per tutta la carriera e per lui non è ancora arrivato il momento di dire basta. “500 presenze nei professionisti in campionato sono un traguardo che non avrei mai immaginato di raggiungere. Provo una gioia immensa”. Un tassello importante che va ad aggiungersi a una carriera importante che parte da Latina, la squadra della sua città.

credit: FC Lumezzane

Simone Pesce: “Latina per me è casa. È lì che è iniziato tutto”

Rimarrò sempre legato alla mia città anche se è tanto che non ci torno”. La carriera di Simone parte da Latina. Da piccolo aveva già le idee chiare, giocare in Serie A. Quel sogno poi lo ha coronato senza mai dimenticare le sue origini: “Latina per me è casa: lì ho i miei genitori, i miei parenti, ho fatto le giovanili e poi ho esordito in prima squadra”. Il tempo però è anche beffardo e per quanto Simone possa essere un eterno Peter Pan sarà difficile vederlo indossare di nuovo quei colori: “Non ti dirò mai che non ci sarà la possibilità di ritornare a Latina ma a giocare posso escluderlo. Poi in altre vesti non so. Non credo di riuscire ad essere allenato da Daniele (Di Donato ndr.). Da un lato è anche meglio perché poi con lui sarebbe difficile mantenere un rapporto professionale visto che è il mio testimone di nozze. Non potrei mandarlo a quel paese“. E giù risate.

credit: FC Lumezzane

“Legatissimo alla Torres, grazie a quella tappa sono arrivato in A”

Una carriera ricca di chilometri, da Latina a Sassari. Un aereo pronto a spiccare il volo e Simone ne è il pilota. “Quella alla Torres è una tappa importantissima per me, lì ho capito che potevo fare il calciatore. Io sono arrivato lì dopo che ero stato al Latina. Sono arrivato lì in C1, da perfetto sconosciuto e alla fine abbiamo fatto un campionato incredibile. Eravamo dei ragazzini. Ho condiviso lo spogliatoio con Felice Evacuo, Stefano Guberti, Andrea Luci, ragazzi che venivano dalla primavera con un allenatore che era Cuccureddu. Nessuno ci dava un euro. Era una C1 fortissima, c’erano Napoli, Frosinone, Pisa. E Invece noi abbiamo fatto un campionato che ancora oggi a Sassari è rimasto impresso perché abbiamo perso una semifinale playoff con il Grosseto, ma in modo incredibile. Arrivammo terzi in campionato e si creò un alchimia fantastica”.

Ma il sogno di Simone era di giocare in A: “La guardavo in tv e c’erano giocatori che erano idoli per me. Del Piero, Nedved, De Rossi, Redondo”. Si Simone, però ora è il tuo turno: “Il primo anno che sono arrivato in A era il 2006, avevo 24 anni. Venivo dalla Torres e l’Ascoli mi ha dato questa possibilità incredibile. In squadra c’erano giocatori che avevano fatto la storia del calcio italiano. Pecchia, Pagliuca, Di Biagio, Del Vecchio. Io ho avuto la fortuna di imparare molto da loro. Li osservavo per carpire ogni dettaglio. Li ammiravo per il loro modo di vivere questo sport, il modo in cui si allenavano, come vivevano la passione per questo sport. Mi è servito per la carriera e capire il modo in cui si doveva affrontare l’allenamento, il modo in cui si vive davvero lo sport che facciamo”.

“A Catania sono cresciuto come uomo. Per Simeone ci saremmo buttati nel fuoco”

Da un’isola all’altra. Dalla Sardegna alla Sicilia. Simone ha tante richieste, ma quando il Catania chiama è difficile dire di no. Una squadra, una piazza che per storia e tradizione farebbe tremare le gambe a tanti ma Simone è pronto ed è in Sicilia che coronerà il suo secondo sogno: segnare un gol in Serie A. “Dopo tre anni ad Ascoli è arrivata la possibilità di andare a Catania. Mi è servita ancora di più perché mi ha dato la possibilità di maturare e crescere come uomo. C’è stato un periodo dove non ho giocato tanto all’inizio e quindi ho capito l’importanza dei giocatori in un gruppo anche quando non si gioca. Lì ho avuto due allenatori importantissimi per la mia carriera. Uno è stato Giampaolo, l’altro il Cholo Simeone. Mi ha cambiato la mente. È un grande allenatore, sotto la sua guida sono migliorato come uomo. Con lui ho avuto la fortuna di fare il mio primo gol in A nel derby contro il Palermo, a Catania è una partita sentitissima”.

Simone non poteva scegliere occasione migliore: “Per me è stata una gioia che porterò nel cuore per tutta la mia vita. Ho provato un’emozione incredibile in quel momento e mi capita ancora di emozionarmi quando rivedo quelle immagini”. E sull’uomo che ha permesso di coronare il suo sogno: “Il Cholo è un allenatore strepitoso. Sono rimasto impressionato del suo carisma e dell’empatia che aveva con i calciatori. Nel gruppo si viveva quella sensazione che ogni calciatore si sarebbe buttato nel fuoco se solo ce lo avesse chiesto. Questa è una qualità che non tutti hanno. Ha una leadership e una capacità di entrarti nella testa incredibile e questo lo ha fatto vedere con l’Atletico Madrid”.

Novara dalla gloria al baratro ma che legame con Bruno Fernandes e Toscano

Il viaggio di Simone prosegue. “Sono arrivato a Novara dopo l’esperienza a Catania. Li siamo retrocessi e la stagione successiva abbiamo perso la finale playoff per ritornare in Serie A. L’anno dopo dovevamo fare un campionato di vertice e invece siamo retrocessi dalla B alla C”. Dalla gloria al baratro, ma è dal fallimento che nascono i più grandi successi. Qui entra di nuovo in gioco il tempo e Simone aveva intenzione di sfruttarlo riportando il Novara dove merita: “Dopo una stagione in C abbiamo vinto il campionato e siamo ritornati in B. Novara per me è stata molto importante. Li sono stato allenato da Toscano che è davvero un grande allenatore. Ho condiviso lo spogliatoio con Bruno Fernandes. Quando ha esordito era giovanissimo. Ha impressionato tutti per la personalità e per il tocco di palla che aveva. Vederlo ora capitano dello United mi ha stupito. Aveva una grinta una tenacia, una determinazione e una voglia di arrivare che lo hanno reso uno dei giocatori più importanti del calcio europeo. Sono felicissimo per lui, siamo rimasti in contatto e si merita tutto quello che si è guadagnato”.

Ma a Novara Simone ha incontrato una persona molto importante e che tutt’ora fa parte della sua vita: Domenico Toscano. “Con il mister ci siamo incontrati per la prima volta in C, venivamo dalla retrocessione. Quel campionato dovevamo essere i protagonisti dopo aver perso la finale playoff l’anno prima e invece siamo retrocessi in Lega Pro. Molti di noi sono rimasti anche controvoglia e il mister quando è arrivato posso dirti che è stato bravissimo. Ha una mentalità vincente, è riuscito a creare un gruppo importante, forse uno dei gruppi più belli in cui ho giocato. Ancora oggi ci sentiamo. Il mister è entrato nelle nostre teste, è una persona molto esigente, può sembrare burbero ma è un buono. Sono davvero contento per lui che quest’anno sta facendo un campionato importante: spero possa portare il Cesena in B”.

La nuova vita con il Lumezzane

Dopo le stagioni da protagonista con la maglia del Novara, Simone va a Cremona. Il tempo, però, inizia a diventare suo nemico e l’idea di dire basta inizia ad insidiarsi nella sua testa: “Con la Cremonese ho vissuto le due stagioni migliori della mia carriera vincendo anche un campionato di Serie C che a Cremona non si vinceva da 12 anni. Stavo benissimo fisicamente e mentalmente avevo trovato la mia dimensione. Non volevo andare via, ho pensato davvero di smettere lì perché avevo trovato l’ambiente ideale. Poi per vari motivi e vicissitudini sono andato a Salò”. E ora? È arrivato il momento di scegliere. Continuare o dire basta? No, Simone non è uno che molla: “Arrivi in quella fase della vita dove il mondo del calcio inizia a metterti davanti ad una scelta”.

Ero in vacanza con Caracciolo e tramite Serpelloni siamo stati messi in contatto con Ludovico Camozzi e ci ha prospettato il progetto Lumezzane. Era un bel progetto ma era una scelta difficile. Dovevi andare a giocare in Eccellenza e non era facile mentalmente. Il progetto che ci ha prospettato, però, era a lungo raggio quindi dopo una settimana di colloqui e tante richieste in C, alla fine ho accettato. Devo dire che dopo tre anni abbiamo fatto cose splendide. Poi Andrea è diventato dirigente e io ho continuato a giocare perché mi sto ancora divertendo. Ora il rapporto è diverso perché comunque deve esserci rispetto. L’ho frequentato da compagno, ho vissuto con lui delle emozioni e sensazioni che altri non hanno vissuto però cerco di essere il più professionale possibile quando ci vediamo. Bisogna essere sempre lucidi perché comunque rappresenta una società e i rapporti personali devono essere messi da parte”.

Le 500 presenze in campionato

L’anno scorso abbiamo vinto il campionato di D dove siamo stati primi dall’inizio alla fine, una bella cavalcata. E l’opportunità di giocare di nuovo in C ho detto: ‘Dai, torno tra i professionisti a 41 anni, non me lo sarei mai immaginato’. Sono contento di aver sposato questo progetto, perché mi ha permesso di tagliare il traguardo delle 500 presenze in campionato, ma la cosa di cui più vado fiero è che comunque mi sento stimato come uomo dalla società”. Le esperienze vissute da Simone l’hanno fatto diventare l’uomo che è oggi, ma è il suo essere eterno Peter Pan che gli permette di essere un esempio per i giovani del gruppo.

La cosa particolare è condividere lo spogliatoio con ragazzi che hanno 20 anni in meno, potrebbero essere i miei figli. Devi cercare di rapportarti in modo diverso rispetto a come lo facevi prima nello spogliatoio perché hai a che fare con ragazzi giovanissimi e devi cercare di essere un punto di riferimento e capire quando usare il bastone e quando la carota. Cercare di dare dei consigli giusti soprattutto ai giovani che si approcciano a questo lavoro. Bisogna provare a essere un esempio sia in campo ma soprattutto fuori, parlandogli molto, spiegandogli come funziona questa vita”.

Il tempo scorre ma il desiderio è continuare con il calcio

Tra obiettivi di squadra e personali. Pesce è molto chiaro: L’obiettivo principale della squadra è la salvezza, raggiungerla quanto prima. Siamo una neopromossa, abbiamo una società che è ambiziosa ma dobbiamo in primis mantenere la categoria. Dobbiamo fare quanti più punti possibili per continuare a giocare in questo campionato”. Da pantaloncini e maglietta a giacca e camicia: “Sto facendo il corso da direttore, non so se quella sarà la mia strada ma lo sto facendo. Il mio pensiero ora è vivermi il presente e divertirmi perché è la cosa più importante e ringrazio il Lumezzane che ha permesso ancora tutto ciò. Ho avuto una bella carriera sono stato fortunato e ho realizzato il sogno che avevo da bambino e mi sono tolto tante soddisfazioni, volevo giocare in A e ci sono riuscito quindi sono felicissimo di quello che ho fatto. In un futuro però voglio rimanere in questo mondo”.

Carlotta Parisi

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