“Siamo contenti, abbiamo fatto un’impresa”. Esordisce così Matteo Soncin, ai nostri microfoni, con la voce ancora piena di emozione e l’adrenalina di chi sa di aver vinto una battaglia difficile. Contro pronostici e previsioni. La sua Pergolettese è salva, con una giornata d’anticipo. E in questo successo c’è anche l’impronta dei suoi guantoni: dopo una stagione in panchina, con il cambio di allenatore, Soncin è diventato titolare inamovibile. 7 partite, quattro gol subiti e tre clean sheet in questo finale di stagione.
Tra rinvii precisi e parate, il portiere classe 2001 ha contribuito alla rinascita di una squadra che sembrava smarrita: dopo la sconfitta contro il Lecco, i gialloblù avevano toccato il diciannovesimo posto. Da lì è iniziata la risalita: “Nessuno si sarebbe aspettato una striscia di sette risultati utili consecutivi, contro squadre forti. Abbiamo vinto in trasferta, sui campi di Triestina, Mantova e Renate, oltre che in casa con la Giana, e pareggiato contro FeralpiSalò, Trento e Pro Vercelli. Siamo rimasti concentrati fino alla fine e stiamo raccogliendo i frutti del lavoro“.
Dall’arrivo di Giovanni Mussa come nuovo allenatore, la Pergolettese ha raccolto 15 punti in otto gare. “Il cambio in panchina ci ha dato una scossa sul piano della cattiveria, ma dobbiamo ringraziare Lucchini, che ci ha fornito basi solide per arrivare la salvezza. Il merito va a tutto il gruppo, a tutti e trenta i giocatori che hanno sputato sangue dall’inizio alla fine. Abbiamo sofferto, l’abbiamo voluto. Un’impresa folle(mente bella)”.
La gara decisiva, allo Stadio Città di Meda, contro il Renate, è stata tesa fino all’ultimo. A deciderla, i gol dei gialloblù Mazzarani e Moreo, dopo una partita di sacrificio: “E’ stata una battaglia. Siamo scesi in campo carichi e sapevamo che avremmo portato a casa un risultato positivo. Senza segreti, giocando cattivi e convinti, con il cuore“.
Il momento di Soncin è davvero d’oro, ma – dicevamo – non è sempre andata così: “Ho avuto un inizio stagione difficile. Sicuramente ho fatto perdere qualche punto nelle prime partite e sono finito in panchina. Ho lavorato sodo, senza dire una parola, aspettando il mio momento. Ora è arrivato e me lo godo: spero di aver dimostrato il mio valore”. Con un contratto in scadenza a giugno: “Sono pronto a parlare con la società per il futuro. Vediamo come si evolverà la situazione”.
Un presente a Crema – “manca una partita, contro la Pro Patria, e lotteremo per vincere ancora” -, un futuro ancora da scrivere, e un passato a tinte rossonere: Soncin è stato per anni portiere titolare delle giovanili del Milan, dall’Under 15 alla Primavera. “Di quell’esperienza mi sono rimaste troppe cose per dirle tutte. Non mi è mai mancato nulla, ho solo bei ricordi“. Uno su tutti: “La vittoria dello Scudetto Under 16. Tutti ci davano sfavoriti. Eravamo arrivati quinti nel girone, ma vittoria dopo vittoria siamo riusciti ad arrivare all’obiettivo”.
Al Milan, che per Soncin è stato una seconda casa, ha lasciato tanti amici: “Da Tonin, oggi a Cesena, a Mionic (Montevarchi), Brambilla (Cesena), Olzer (Brescia), Merletti (Renate) e Daniel Maldini, che quest’anno ha segnato il suo primo gol in Serie A. E spero di raggiungerlo presto: con lui abbiamo sempre condiviso tutto, gioie e dolori”. Già, i dolori: “La retrocessione in Primavera 2 è stata una batosta, ma eravamo quasi tutti sotto età, e l’anno seguente abbiamo dimostrato il nostro valore, tornando nella categoria che meritavamo”.
Negli allenamenti da giocatore rossonero e nei tanti riscaldamenti pre-partita in prima squadra, Soncin ha condiviso la porta con campioni del ruolo, due su tutti Donnarumma e Reina: “Gigio non si accontentava mai, lo vedevo sempre allenarsi a duecento all’ora. Non ho mai visto un portiere forte come lui dal vivo: è un campione. E Pepe un leader e una bravissima persona: mai una parola fuori posto e sempre pronto ad aiutare i più giovani. Un grande esempio”.
Ispirazioni, aspirazioni ed emozioni. Come quella della prima volta a Milanello: “Ero in Under 15, già in prova fra i grandi. Teso e contentissimo. Varcando il cancello di Milanello ho pensato: “E’ qua che voglio stare”. E sto lottando per tornarci: vestire di nuovo la maglia rossonera è il mio grande sogno. Ci credo, sempre. Combatto anche per questo”.
A cura di Luca Bendoni
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