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Suagher a cuore aperto: “Caro calcio, ti scrivo…”

Caro calcio, ti saluto. No tranquillo, non è un addio. Mi sposto solo qualche metro più in là, oltre quella linea bianca del fallo laterale”.

Crack. Il crociato si è rotto. È la quinta volta.Basta. Forse è ora di dire basta…”. Il resto scompare, ci sei te con il tuo corpo e la tua mente. Quel pensiero non se ne va: “È finita”. Ricordi, emozioni, momenti. Un dolore lo attraversa. Emanuele Suagher è a terra sul campo di allenamento del Mantova: “Quando ho sentito il ginocchio cedere nella mia testa è partita l’idea di smettere. Mi si è spezzato il cuore. Avrei voluto farlo in modo sereno, non per un infortunio”. Lui lo sa, il suo cuore forse ancora no. “In quel momento mentalmente ho mollato tutto”. Passano i giorni. Il confronto con la moglie, con Possanzini e Botturi e, soprattutto, con sé stesso. Quell’idea diventa convinzione, anche se avvolta dalla sofferenza. Nella sala stampa dello stadio al fianco della sua famiglia e davanti a tutti i suoi compagni l’annuncio: “Mi ritiro”. Una fine che apre a un nuovo inizio. “Mi hanno proposto di entrare a far parte dello staff di Possanzini. Ho accettato con entusiasmo”.

I significati nascosti nel concetto della scelta. Il dolore per ciò che è stato e non sarà più. Le incertezze per un mondo che si conosce solo in parte. La bellezza di una nuova opportunità. Quella di Emanuele è una lettera a cuore aperto. Gli occhi si chiudono. Davanti scorrono le immagini. Immagini di una vita. Dai corridoi di casa all’Atalanta, fino al Mantova: in viaggio con Lele Suagher. “Caro Calcio, sono ancora qui”.

Credit: Mantova 1911

“Non è stato semplice…”

Sono sincero, non è stato semplice. A 31 anni non è facile lasciare, soprattutto se è dovuto al fatto che fisicamente e mentalmente era come se fossi morto. Nel mio cuore invece c’era ancora la passione e la voglia di continuare. È stata più una scelta dettata dalla razionalità. Dal punto di vista umano ha fatto male”. Nella voce si risentono le immagini di quei giorni. “È stato emozionante. Annunciare il mio addio al calcio in conferenza con la mia famiglia e con tutti i miei compagni è stato qualcosa di importante per me”. Fondamentale la vicinanza della famiglia e dell’universo Mantova. “Possanzini e Botturi si sono presi cura di me fin da subito e mi hanno proposto di entrare nello staff tecnico. Una proposta che mi ha aiutato ad accettare dentro di me la scelta di smettere”.

Una nuova possibilità. Un inizio oltre la fine. “Tutte le volte che mi ero rotto il crociato la mia forza era stata la famiglia. Volevo recuperare per essere un esempio per i miei figli, per dimostrare che non bisogna mollare nelle difficoltà. Questa volta è diverso”. Perché l’intelligenza sta anche nel capire. Capire cosa è meglio fare, affrontando la vita con maturità e consapevolezza. Cogliere il bello anche quando non è visibile.

Credit: Mantova 1911

Casa

E forse doveva succedere adesso. Doveva succedere a Mantova. Perché il Mantova di quest’anno è diverso. Diverso dal resto. Per il gruppo, per i legami, per le persone.L’aver visto i miei compagni alla conferenza mi ha fatto capire che sono riuscito a entrare nei loro cuori. La mia soddisfazione più grande”. Il valore dell’uomo. Immagini che restano, al di là di tutto. E il rapporto costruttivo con Botturi e Possanzini. “Il direttore l’ho conosciuto a Sesto. Prima di andare mi trovai con lui su una panchina a Bergamo. Mi ha stupito la semplicità dell’uomo. È un aspetto che ho sempre valutato negli anni. Ho sempre dato priorità alle persone che avrei incontrato e non ai soldi”. Un percorso “di crescita umana prima ancora che calcistico”. E poi l’allenatore: “Mi ha sorpreso il suo lato umano e come lasci libertà in campo ai suoi giocatori”. E adesso “penso a godermi questa nuova esperienza”.

Credit: Mantova 1911

Corridoi

Mantova è l’ultima tappa di un viaggio. Un viaggio che parte nel bergamasco quando “accompagnavo mio fratello e mio padre tra i vari campi di calcio. Avevo un anno”. Una carriera partita tra i corridoi e le stanze di casa: “Con mio fratello ci giocavo sempre. Una pallina e le botte che ci davano… sembrava calcio fiorentino”. E poi l’oratorio e il campetto in terra battuta: “Con i miei amici a sfidare i ragazzi più grandi”. Un calcio che non c’è più… “Le nuove tecnologie e i social stanno togliendo tanto ai bambini e ai ragazzi in termini di valori e crescita personale”. Il piccolo Emanuele entra presto nel settore giovanile dell’Atalanta, “la squadra del mio cuore”. Da centrocampista a difensore, grazie a Walter Bonacina: “Mi ha svoltato la carriera”.

Dal settore giovanile alle convocazioni con la prima squadra: “Io sono di Bergamo e da sempre un tifoso atalantino. Ero incredulo… un sogno per me”. L’unico rammarico: “Non essere riuscito a esordire”. In particolare con Gasperini “quando mi infortunai al ginocchio durante un torello a inizio stagione”. E ora il sogno è di fare quell’esordio sulla panchina nerazzurra: “Essere l’allenatore della squadra della mia città è il mio desiderio più grande”.

Credit: Mantova 1911

Viaggi(are)

Una carriera che ha attraversato l’Italia. La prima i pro con la Tritium: “Ho giocato con Dionisi e Malgrati, persone che mi hanno aiutato nella crescita”. Poi Pisa, dove “mi rompo per la prima volta il crociato. Mi sono stati molto vicini. All’inizio pensavo dovessi stare fuori 1/2 settimane…”. Crotone e Carpi, con la chiamata di Giuntoli: “Gioco benissimo l’andata. Poi la seconda rottura del crociato. Eravamo partiti per non retrocedere, abbiamo conquistato una storica promozione in A”. Il gennaio successivo il ritorno a Carpi e l’esordio in Serie A: “Contro l’Udinese. Sono entrato a 3 minuti dalla fine. Sufficienti per farsi ammonire (ride ndr)”. Il vero esordio “contro l’Inter a San Siro da titolare”.
Bari, Avellino, Cesena, Terni e l’anno dei record con Lucarelli: “Abbiamo scritto la storia della Lega Pro”. Poi un anno storico alla Pro Sesto e gli ultimi mesi al Mantova. “Ho sempre dato importanza alle persone e alla mia crescita come essere umano. Credo nei valori e nella correttezza, il resto viene dopo”.

Credit: Mantova 1911

Cuore

Dopo la prima volta che mi sono rotto il crociato mi dissero che dopo si torna più forti di prima. È vero, affronti esperienze pesanti, ma ti forma e ti fa comprendere l’importanza delle cose”. Un esempio importante a cui guardare: “Mio padre si svegliava tutti i giorni alle 6 del mattino per andare a fare il muratore a Milano. Trovava sempre un momento per me e mio fratello quando tornava, nonostante la stanchezza”. Lezioni di vita. Insegnamenti di un percorso che è pronto per una nuova pagina. Perché dentro la sofferenza e le difficoltà rinasciamo. Ci si conosce meglio. Si diventa… noi stessi, un po’ di più.
Questa chiacchierata è stata come uno sfogo, mi ha fatto bene”.

Gli occhi si riaprono. Sono colorati dall’emozione di questo viaggio. Il sorriso di una moglie e di due figli. I compagni da accompagnare e sostenere in un viaggio per costruire un’impresa. L’orgoglio per i valori portati avanti e per l’affetto di chi ti circonda. La forza di rialzarsi. Piccole grandi cose. Sorrisi. “Sono orgoglioso di quel bambino cresciuto tra le stanze di casa e il campetto di terra battuta”. Inizia una nuova avventura.
Caro calcio…”. Buona fortuna Lele.

Nicolò Franceschin

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