“Ce l’ho presente, nitido, come se fosse ieri. Era sabato mattina, alzo il telefono e chiamo Francesco Montervino. Non c’è voluto molto per convincerlo. Dopo meno di ventiquattr’ore era già a Taranto ed io gli ho consegnato le chiavi del mio Taranto”. Parte così la lunga intervista nella quale dopo mesi di assoluto silenzio, il numero uno del Taranto, Massimo Giove, si mette a nudo, in esclusiva per La Casa di C. Il passato come rifugio, ma anche lo sfrontato presente da matricola terribile sino a giungere ai progetti futuri di una piazza che vuole tornare ad alzare la voce, dopo anni di silenzi ingiustificati.
“Con Francesco viaggiamo in sintonia – attacca Giove -, lui sapeva perfettamente di avere davanti sì, il presidente, ma anche un grande tifoso, ed è per questo che la sinusoide umorale alle volte si accentua, nel bene e nel male. Massimo Giove è fatto così, quando il Taranto vince le cose filano in una certa maniera anche a casa, quando invece si perde tanto vale non rivolgermi la parola. Moglie e figlie, lo sanno. Io il Taranto lo sento dentro ma non da presidente, vorrei riuscire a trasmettere alla gente le sensazioni che provo per questi colori, per questa maglia e quando sbaglio, perché anche io sbaglio (sorride Giove, ndr.) perdo la testa perché mi ritengo competente. Il calcio la sento materia mia. Il tredici giugno, dicevamo? È stato il risultato sportivo che ho inseguito di più nella vita, credetemi, avrei dato tutto pur di vincere il campionato”.
Il presidente dei pugliesi è voluto ritornare sulla promozione in Serie C dello scorso anno: “È stata una stagione strana, via Pagni, arriva Montervino, io avevo già preso Laterza ed ero convinto di aver scelto bene. Si son parlati, si sono piaciuti per fortuna ed è nato un Taranto unico nel suo genere. Un Taranto operaio, che ha sempre lottato su ogni palla, come lo avevo immaginato, con alla testa un tecnico preparato e capace di gestire lo spogliatoio. A Venosa, sul due a due avevo il cuore che batteva forte ma sapevo che non sarebbe mai potuta finire così. Senza quel gol di Antonio ( Santarpia, ndr) il Taranto però avrebbe continuato ad esistere ugualmente. Magari con un’altra ferita da leccare ma saremmo ancora qua. Il calcio è riscatto, è speranza e la comunità che mi onoro di rappresentare merita di poter godere di momenti di estasi, di pura gioia. Siamo felici di averglieli regalati”.
Con la salvezza a portata di mano, Giove fissa gli obiettivi stagionali mettendo al centro del mirino i play off: “Bene, ma ritengo che a questo Taranto per merito, possa recriminare per almeno cinque o sei punti. Se avessimo chiuso a trentasei non credo che qualcuno avrebbe avuto qualcosa da ridire. Siamo una matricola, guidata da un professionista con qualità eccezionali, composta da diversi elementi giovanissimi che se da un lato aggiungono sfrontatezza dall’altra, alle volte peccano sotto il punto di vista dell’esperienza. Il nostro obiettivo lo conoscono tutti, tocca salvarsi senza passare dai play out e credo onestamente che con quarantadue punti non ci saranno grossi problemi, detto questo se dovessimo raggiungere i play off ce li giocheremo con spensieratezza, liberi, hai visto mai?”
Sulla crescita del Taranto, diventato ormai una casa: “Ci tengo a sottolineare come questo Taranto sia diventato adulto negli ultimi anni, risultando capace di camminare da solo. Se qualcuno me lo avesse detto al mio arrivo, gli avrei dato del pazzo. Stiamo perseguendo un progetto che al centro di tutto abbia la sostenibilità, non dobbiamo guardare a chi azzarda l’All In per poi ritrovarsi sull’orlo del fallimento. Questa filosofia però non può prescindere dalla cura del settore giovanile, siamo stanchi di dover migrare in provincia. Stiamo lavorando ad un progetto per il futuro, la creazione di un centro sportivo dove possa essere possibile raggruppare tutte le attività relative al Taranto Calcio. Dal ragazzino di sei anni alla prima squadra. Tutto nello stesso luogo. Non mi vergogno a confessare che provo rabbia nel non poter regalare ai bambini della mia città il sogno di indossare la maglia della loro squadra del cuore”.
“Il calcio sta cambiando. Il presidente solo al comando sta diventando una rarità, basta guardare in Serie A dove otto club sono di proprietà estera oppure appartengono a fondi di investimento. Il mio modello di riferimento è l’Atalanta di Percassi. La prossima stagione proveremo a migliorarci, vivremo una nuova fase nella quale dovremo dare continuità al lavoro iniziato. Tratterremo i profili migliori implementando la rosa con elementi di livello. Laterza e Montervino? Abbiamo iniziato un percorso assieme che sino ad oggi ci sta regalando soddisfazioni. Tra di noi c’è stima ma nel calcio comandano il danaro e le ambizioni e se dovessero arrivare proposte importanti, non sarò certo io a porre il veto. Diaby? Su di lui c’erano tre club di serie A e diversi di B, poi l’infortunio ha fatto saltare tutto. Mastromonaco, Ferrara, Granata sono un patrimonio, vogliamo valorizzarli, farli crescere con la cultura di questa maglia addosso, se poi il grande calcio dovesse chiamare dovremo sederci e comprendere cosa sia meglio per loro ma anche per il Taranto”.
Il presidente si sbottona poi in merito alla questione stadio: “Al netto dei contributi a fondo perduto, pari circa a ventisei milioni di euro, il privato che intende costruire o rinnovare lo Iacovone dovrà mettere a monte di tasca propria qualcosa con venti milioni di euro. Con l’attuale concezione di impianto sportivo fruibile solo la domenica, questo diventa un investimento a perdere. Bisogna cancellare l’idea di stadio come luogo di solo sport, deve portare ricavo alla società 365 giorni l’anno attraverso alberghi, gallerie commerciali, medical center che allarghino il bacino d’utenza. Perché non pensare allora ad una riqualificazione dell’intero quartiere Salinella, che vada di pari passo con l’ammodernamento dello Iacovone? Giove è interessato allo stadio ma bisogna individuare dei progetti che possano stimolare l’investimento”.
“L’ho sempre detto e lo ribadisco. Laddove dovesse bussare alla mia porta qualcuno in grado di portare il Taranto in palcoscenici migliori, magari il Sultano del Brunei, io mi faccio da parte. In quel caso, io cedo il Taranto senza alcun problema. In questi anni nessuno si è fatto avanti per rilevare la società e non c’è mai stata nessuna trattativa. La situazione economica? Quest’anno raggiungiamo il break even. Siamo tra le prime società in Italia in termini di minutaggio. Poi ci sono i premi di valorizzazione, incassi pubblicitari e botteghino, siamo vicini al pareggio tra entrate ed uscite. Attualmente balla una trattativa con due sponsor importanti su base triennale che potrebbero dare maggior respiro alle casse. Sospensiva dei contributi? Entro il 16 febbraio adempiremo a quanto previsto dalla normativa. I nostri fiscalisti sono già al lavoro per operare la rateazione più consona alle nostre esigenze, come avviene in ogni azienda anche al di fuori del calcio. Esiste ancora quella massa debitoria con l’Erario che verrà estinta nei tempi previsti”.
Chiosa finale sul mercato e l’imminente 2022: “Le priorità sono un esterno d’attacco, un centrocampista ed un difensore. Ovviamente tre arrivi, significano tre partenze, senza dimenticare che finalmente ritroviamo Guastamacchia. Nuovo anno? Voglio ringraziare la città e la tifoseria per la vicinanza che ci stanno facendo sentire. Sono il motore del nostro lavoro e vogliamo regalare loro un 2022 eccezionale”.
A cura di Dario Gallitelli
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