La Corte d’Appello ha rigettato il ricorso del Taranto contro la penalizzazione dei quattro punti in classifica che era stata inferta dal Tribunale Federale Nazionale. A distanza di pochi giorni dall’ufficialità, sono state rese note anche le motivazione. Sulla base di queste, infatti, ora la società potrebbe presentare il ricorso al Collegio di Garanzia, come anticipato in un comunicato.
La Procura federale della F.I.G.C., all’esito dell’apposita attività di indagine, con atto prot. 19389/644pfi23-24/GC/gb del 5 febbraio 2024 ha deferito innanzi al Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare:
L’adito Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare, con la decisione segnata in epigrafe, viste le richieste della Procura federale (per il sig. Alfonso Salvatore mesi 3 (tre) di inibizione; per la società Taranto F.C. 1927 s.r.l. punti 2 (due) di penalizzazione nella classifica del campionato di competenza, da scontarsi nel corso della corrente stagione sportiva), ha ritenuto provate per tabulas le violazioni contestate quanto al mancato versamento nei termini regolamentari (cioè entro il 18 dicembre
2023) per il bimestre settembre/ottobre 2023 sia delle ritenute Irpef per un importo di €. 55.242,30, sia dei contributi Inps per un importo di €. 73.687,00, ritenendo, per converso, irrilevante il mancato versamento della rata relativa al piano di rateazione Inps in scadenza nella mensilità di ottobre 2023, per un importo di €. 25.497,00, sia perché non fatto oggetto di contestazione, sia perché
non espressamente sanzionato dall’art. 33, comma 4, C.G.S..
In particolare il Tribunale ha evidenziato che: a) ai fini della sussistenza delle violazioni contestate non vi era differenza tra l’omesso pagamento ed il pagamento parziale (peraltro dedotto, ma non provato), diversamente da quanto sostenuto dai deferiti; b) i contestati mancati versamenti delle ritenute Irpef e dei contributi Inps per il bimestre settembre/ottobre 2023 nei termini regolamentari non potevano essere sussunti e quindi giustificati in una ipotesi di causa di forza maggiore, direttamente ricollegabile alla eccepita indisponibilità dello stadio per le due gare del 1° e del 15 ottobre 2023 e ai conseguenti mancati incassi, sia perché non si versava in una situazione di irresistibilità, sia perché i presunti mancati incassi riguardavano un periodo temporale ben lontano da quello della scadenza dei termini per i versamenti omessi; c) non era apprezzabile l’invocata tenuità del fatto (peraltro non riconosciuta nell’ordinamento sportivo e che non poteva considerarsi una causa di esclusione della responsabilità disciplinare, trattandosi tutt’al più di una circostanza che avrebbe potuto influire sulla determinazione concreta della sanzione da irrogare), in ragione del considerevole ammontare della somma complessivamente non versata (quasi € 129.000,00); d) proprio in ragione della gravità dei mancati pagamenti, non potevano neppure trovare applicazione le invocate attenuanti che, in ogni caso, non avrebbero potuto comportare una riduzione del minimo edittale della sanzione da applicare alla società, ciò ai fini di preservare il corretto svolgimento del campionato e dei risultati sportivi.
Di conseguenza è stata irrogata: a) alla società Taranto F.C. 1927 s.r.l. la sanzione edittale minima per il bimestre contestato nella misura di due punti per il mancato versamento delle ritenute Irpef e di due punti per il mancato versamento dei contributi Inps, trattandosi di due violazioni autonome, ciascuna da sanzionare con due punti di penalizzazione, per un totale complessivo di 4 (quattro) punti di penalizzazione in classifica, da scontare nel corso della corrente stagione sportiva; b) al sig. Salvatore Alfonso, tenuto conto delle due omissioni e della loro rilevanza, la sanzione di mesi 4 (quattro) di inibizione.
La società ha subito presentato ricorso alla Corte d’Appello.
La società Taranto Football Club 1927 s.r.l. (d’ora in avanti anche solo il Taranto) ha proposto rituale e tempestivo reclamo (n. 109/CFA/2023-2024) avverso tale decisione, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di sette motivi di gravame, così rubricati: “I. Inquadramento della contestata violazione entro l’ambito normativo di cui all’art. 33, comma 4, del C.G.S., in combinato disposto con l’art. 85, lett. C), par. V, delle N.O.I.F.”; “II. Ergo, unicità della inadempienza addebitabile alla società
Taranto Football Club 1927 s.r.l. nel presente procedimento”; “III. La richiesta punitiva formulata dalla stessa Procura federale in fase dibattimentale”; “IV. L’autorevole ed univoca giurisprudenza in materia”; “V. Incompleto pagamento e non già omesso versamento, entro la scadenza del 18 dicembre 2023, delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi alle mensilità di settembre ed ottobre 2023”; “VI. Indiscutibile ravvisabilità, nel caso in esame, di una causa di forza maggiore, con conseguente esonero da ogni
responsabilità del sodalizio pugliese e del suo legale rappresentante”; “VII. Ulteriore applicabilità, sempre in ottica diminuente, degli artt. 12, comma 1, e 13, comma 2, del C.G.S.”.
In estrema sintesi la società reclamante, sulla base del tenore letterale degli artt. 33, comma 4, C.G.S. e 85, lett. C, par. V, N.O.I.F., ha sostenuto: innanzitutto che il contestato mancato versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps non poteva essere considerato come una duplice violazione con conseguente applicazione di una duplice sanzione, come inopinatamente ritenuto dal Tribunale (peraltro in asserito stridente e macroscopico contrasto con l’ormai risalente e consolidato l’orientamento giurisprudenziale in materia, che
in concreto dava luogo ad una altrettanto palese ed inammissibile violazione del principio della par condicio di tutti i partecipanti alla competizione), trattandosi piuttosto di una sola violazione cui corrispondeva una sola sanzione; di tanto era testimonianza la stessa richiesta sanzionatoria della Procura federale che aveva chiesto la penalizzazione di soli due punti a carico della società Taranto, laddove il Tribunale aveva invece inflitto quattro punti di penalizzazione, due per il mancato versamento delle ritenute Irpef e due per il mancato versamento dei contributi Inps; in secondo luogo che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, nel caso di specie non si versava in una situazione di omesso versamento nei termini regolamentari di scadenza delle ritenute Irpef e dei contributi Inps, quanto piuttosto di un incompleto versamento, giacché, come risultava dalla documentazione versata in atti ed in particolare dal Memorandum riepilogativo della stessa CO.VI.SOC. del 17 gennaio 2024, la società Taranto per il bimestre settembre/ottobre 2023 aveva corrisposto, oltre alla totalità degli emolumenti ai propri tesserati, anche una parte delle somme dovute a titolo di Irpef e di Inps, per un importo complessivo di €. 72.525,00, circostanza di cui si sarebbe dovuto tener conto sul piano sanzionatorio (“in ottica diminuente rispetto alla misura editale prescritta”); in terzo luogo, che nel caso di specie era sussistente una situazione di forza maggiore, con esonero di ogni responsabilità della società e del suo legale rappresentante, giacché quel mancato versamento si ricollegava in modo diretto ed immediato alla indisponibilità (determinata da specifici provvedimenti sindacali a tutela della pubblica e privata incolumità) da parte della società del proprio campo da gioco (Stadio comunale E. Iacovone) per gli incontri del 1° ottobre 2023 (indisponibilità totale e assoluta) e del 15 ottobre 2023 (utilizzazione a porte chiuse e quindi senza spettatori), il che non solo aveva privato la società dei conseguenti incassi, ma aveva anche inciso sulle sponsorizzazioni, quale l’acquisizione di contratti pubblicitari (non potendo evidentemente la società sottrarsi alle ordinanze sindacali che avevano interdetto per quei giorni l’uso dello stadio, ordinanze da qualificarsi come factum principis), determinando un considerevole danno economico stimabile in circa € 200.000,00 che aveva reso impossibile l’adempimento contestato; secondo i reclamanti tale situazione avrebbe dovuto essere valutata complessivamente ai fini dell’attenuazione della pena base; infine che il Tribunale non aveva considerato, ai fini della concreta applicazione della sanzione, le puntuali previsioni di cui agli artt. 12, comma 1, e 13, comma 2, C.G.S., che avrebbero consentito una più mite sanzione, potendo il giudice determinarla (o rideterminarla in sede di reclamo) anche in misura inferiore al minimo edittale.
In conclusione ha chiesto: a) in via principale, il proscioglimento da ogni addebito con integrale annullamento della punizione irrogatale; b) in subordine, ridimensionare sensibilmente la sanzione irrogata in prime cure, contenendola entro i limiti di una lieve ammenda ovvero, in via ulteriormente gradata, nella misura di uno o al massimo di due punti di penalizzazione. Anche il sig. Salvatore Alfonso ha proposto rituale e tempestivo reclamo (n. 110/CFA/2023-2024) avverso la ricordata decisione del Tribunale federale nazionale– Sezione disciplinare, lamentandone anch’egli l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua degli identici sette motivi di gravame sollevati dal Taranto (per la cui puntuale rubrica e per il cui contenuto si rinvia a quanto riportato sub 3). In conclusione ha chiesto: a) in via principale, il proscioglimento da ogni addebito con integrale annullamento della punizione irrogata; b) in subordine, ridimensionare sensibilmente la sanzione irrogata in prime cure, contenendola entro i limiti di una lievissima inibizione ovvero, in via ulteriormente gradata, nella misura di due mesi al massimo di tre mesi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La tesi non è meritevole di favorevole considerazione.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, dal quale non vi è ragione di discostarsi, la forza maggiore (artt. 1218 e 1256 cod. civ. e art. 45 cod. pen) è indicata dalla dottrina (i predetti codici non ne forniscono definizione) come quel particolare impedimento al compimento di una determinata azione, tale da rendere vano ogni sforzo dell’agente volto al suo superamento; insomma una forza contro la quale il soggetto non è in grado di resistere. Purché, s’intende, il sorgere dell’impedimento o il manifestarsi della forza non siano addebitabili a chi quella condotta avrebbe dovuto tenere. Quindi, la
semplice difficoltà di una prestazione monetaria, cioè qualsiasi causa sopravvenuta che renda più oneroso l’adempimento dell’obbligazione, non esclude la responsabilità per inadempimento. Invero, il debitore, per sottrarsi a tale responsabilità (presunta ex art. 1218 cod. civ.), deve provare l’assoluta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, cioè da una causa obiettiva estranea alla sua volontà: caso fortuito o, appunto, forza maggiore. È ovvio che, nel caso di obbligazione pecuniaria, il debitore non potrebbe mai invocare la distruzione della res (atteso che nulla è più fungibile del denaro), ma dovrebbe, appunto, dimostrare che, in presenza di una causa esterna, imprevista e imprevedibile e nonostante ogni sforzo fatto, la prestazione è “divenuta” impossibile (CFA, SS.UU., n. 90/CFA/2022-2023; n. 89/CFA/2019-2020; n. 88/CFA/2019-2020).
È stato anche affermato che per forza maggiore deve intendersi una vis maior cui resisti non potest e quindi un evento originato dalla natura o da un fatto che non può essere preveduto o, anche se preveduto, non può essere impedito, precludendo così di esplicare quella ordinaria diligenza che sarebbe sufficiente per adeguarsi al precetto violato (CFA, Sez. II, n. 119/2017-2018, proprio in materia di mancato versamento di ritenute Irpef).
Nel caso di specie non possono integrare l’invocata causa di forza maggiore la mancata utilizzabilità del proprio campo di gioco per le partite casalinghe del 1° e del 15 ottobre 2023 (ancorché determinata da specifiche ordinanze sindacali emanate a tutela della pubblica e privata incolumità conseguenti a danneggiamenti derivati da fatti e/o comportamenti non imputabili alla società e ai suoi tesserati o tifosi, ma dai comportamenti dei tifosi della squadra ospite dell’incontro di calcio del 3 settembre 2023 [Taranto –Foggia]) e i dedotti mancati incassi da essa derivanti, anche sotto l’asserito – ma in realtà neppure provato – venir meno dei contratti di sponsorizzazione pubblicitaria.
Infatti, sotto un primo profilo, tali mancati introiti sono cronologicamente collocabili in un periodo (1° ottobre/15 ottobre 2023) sufficientemente lontano rispetto al termine del mancato versamento delle ritenute Irpef e contributi Inps del bimestre settembre/ottobre 2023, termine scadente il 18 dicembre 2023; sotto altro concorrente profilo, poi, proprio rispetto al predetto termine di scadenza, l’inutilizzabilità dello stadio comunale non può essere neppure considerata un fatto imprevisto ed imprevedibile tale da rendere oggettivamente impossibile l’adempimento dell’obbligazione di cui si discute.
D’altra parte, come sottolineato dalla sentenza impugnata, i reclamanti neppure hanno provato l’impossibilità oggettiva ed assoluta dell’inadempimento, notoriamente non integrata dalla mera difficoltà economica di adempiere. In merito, il Tribunale ha condivisibilmente rilevato, tra l’altro, che la società ben avrebbe potuto far fronte alla situazione di incolpevolezza rispetto ai mancati incassi con la dovuta diligenza, attraverso – per esempio – un finanziamento straordinario dei soci, anche oneroso.
Le osservazioni svolte escludono la rilevanza della situazione invocata dai reclamanti anche ai fini della loro valutazione come circostanze attenuanti o diminuenti della sanzione, anche al di sotto del minimo edittale.
9.2. Ugualmente infondato è il quinto motivo dei reclami riuniti, con cui è stato dedotto che nel caso di specie non si sarebbe trattato di un omesso versamento nei termini regolamentari delle ritenute Irpef e dei contributi Inps, ma piuttosto di un incompleto pagamento, dal momento che – secondo gli appellanti – dallo stesso Memorandum riepilogativo della CO.VI.SOC. del 17 gennaio 2024 risultava pacifica l’avvenuta corresponsione ai tesserati della società, oltre che di tutti gli emolumenti, anche di una parte
delle ritenute Irpef e dei contributi Inps per complessivi € 72.525,00.
Al riguardo è sufficiente osservare, per un verso, che oggetto del deferimento è il mancato versamento nei termini regolamentari delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi al bimestre settembre/ottobre 2023 e non già il (mancato o incompleto) pagamento degli emolumenti ai tesserati della società, così che il regolare e corretto adempimento di quest’ultima obbligazione (pagamento degli emolumenti ai propri tesserati) è ininfluente ai fini della presente controversia; mentre, per altro verso, il preteso parziale
pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps è del tutto irrilevante ai fini di escludere la responsabilità disciplinare (CFA, SS.UU. n. 108/CFA/2023/2024; n.108/CFA/2022/2023).
9.3. Devono essere poi esaminati i primi quattro motivi dei due appelli, con cui, in sintesi, i reclamanti hanno dedotto che, secondo il tenore letterale del combinato disposto degli art. 33, comma 4, C.G.S. e 85, lett. c), par. V, N.O.I.F., la violazione ivi prevista sarebbe unica ed unitaria e riguarderebbe complessivamente e cumulativamente il versamento delle ritenute Irpef, dei contributi Inps e Fondo fine carriera e non potrebbe dar vita – come invece ritenuto dal Tribunale – a tante autonome fattispecie di
responsabilità per quanti adempimenti previsti e cioè il versamento delle ritenute Irpef o il versamento dei contributi Inps ovvero di quelli relativi al Fondo fine carriera; peraltro, sempre secondo i reclamanti, le conclusioni raggiunte nel caso di specie dal Tribunale si porrebbero in contrasto con i precedenti giurisprudenziali in materia, determinando la violazione del principio del legittimo affidamento sul più favorevole trattamento sanzionatorio in materia conseguente al consolidato indirizzo
giurisprudenziale nonché l’altrettanto inammissibile violazione del principio di parità di trattamento sanzionatorio delle società impegnate nel campionato.
Le pur suggestive argomentazioni difensive sono destituite di fondamento.
Innanzitutto risulta manifestamente contraria alla ratio della normativa la propugnata interpretazione del combinato disposto delle indicate disposizioni, secondo cui il mancato versamento delle ritenute Irpef o dei contributi Inps e di quelli del Fondo fine carriera darebbe luogo ad un’unica, unitaria, cumulativa e complessiva violazione, punibile con un’unica sanzione di due punti di penalizzazione.
E’ infatti del tutto irragionevole che la sanzione di due punti sia ricollegabile tanto all’ipotesi dell’omesso versamento di una sola delle obbligazioni ivi previste (ritenute Irpef o contributi Inps), quanto a quella, obiettivamente diversa, dell’omesso versamento cumulativo di tutte quelle obbligazioni; del resto il fatto che ognuna di quelle obbligazioni sia in realtà autonoma ed indipendente rispetto alle altre si desume agevolmente dal fatto che diversi sono i soggetti creditori (Stato, Inps), diversa è la loro natura
giuridica (tributaria nel caso delle ritenute Irpef, previdenziale nel caso dei contributi Inps) e diversa ancora è la loro finalità (di fiscalità generale quella delle ritenute Irpef, sostanzialmente di garanzia per i lavoratori del settore quella dei contributi Inps).
Peraltro la stessa previsione normativa (art. 33, comma 4, C.G.S.) che fissa la sanzione “… a partire da almeno due punti di penalizzazione in classifica”, induce ragionevolmente a ritenere che essa, ancorché in modo non perspicuo, abbia considerato come fonte di responsabilità ogni singola fattispecie di omesso versamento, ricollegando ad essa per ogni mese (del bimestre in considerazione) un punto di penalizzazione.
In tal senso, del resto – diversamente da quanto sostenuto dai reclamanti – si è orientata la giurisprudenza del giudice federale la quale ha rilevato l’autonomia delle singole fattispecie previste dalla normativa in esame (omesso versamento delle ritenute Irpef, omesso versamento dei contributi Inps) e la diretta ed immediata correlazione tra competenze non pagate e mensilità di riferimento; con la conseguenza che ognuna di quelle singole violazioni è fonte di responsabilità per ognuno dei 2 (due) mesi cui è correlata: la sanzione è pertanto ragionevolmente commisurata – nella sistematica del Codice – nel senso di 1 (un) punto per ogni mese e per ognuno dei singoli mancati versamenti (in tal senso SS.UU. 108/2023/2024; 108/2022/2023).
9.4. È infondato anche il settimo motivo dei reclami con cui è stata invocata, in un’ottica diminuente della sanzione, la corretta applicazione delle puntuali previsioni di cui agli artt. 12, comma 1, e 13, comma 2, C.G.S., non considerate dal primo giudice, che avrebbero consentito una più mite sanzione, potendo il giudice determinarla (o rideterminarla in sede di reclamo) anche in misura inferiore al minimo edittale.
Non vi è ragione, infatti, di discostarsi dalle condivisibili conclusioni raggiunte dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte federale d’appello secondo cui “le circostanze attenuanti di cui all’articolo 13, comma 2, C.G.S., pur atipiche, non possono essere anche generiche, siccome soggette ad un’espressa motivazione da parte del Collegio e, dunque, se prospettate dalla parte, ad una specifica e puntuale verifica e rigorosa allegazione degli elementi eventualmente valorizzabili quali attenuanti” (SS.UU. n.
90/2022/2023; n. 35/2021/2022; n. 88 e 89/2019/2020).
D’altro canto, per quanto riguarda le sanzioni previste a carico della società con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di punti negativi in classifica, non è possibile una graduazione che tenga conto della gravità dell’infrazione (così come avviene per le persone fisiche), né è consentito al giudice sportivo quantificare una sanzione inferiore al minimo edittale previsto puntualmente della normativa federale e ciò in ossequio al principio della parità di condizioni tra i soggetti in competizione e
all’esigenza di non creare indebite distorsioni dei campionati (SS.UU. n. 101/2022/2023; n. 78/2022/2023; n. 88 e 89/2019-2020).
In questo senso, in tali decisioni è stato considerato che “ L’ordinamento sportivo, nella sua parte sanzionatoria, è solo parzialmente e cum grano salis, assimilabile a quello penale. Invero, mentre per quest’ultimo, la funzione (non assorbente ma certamente) principale della pena è – per esplicito dettato costituzionale – la rieducazione (rectius: risocializzazione) del condannato, per l’ordinamento sportivo la sanzione ha essenzialmente scopo e funzione retributiva, e restauratrice della par condicio nelle
competizioni agonistiche. Di talché sembra conseguente ipotizzare, in tale ultimo ordinamento, la sussistenza di una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive (ma anche con funzione generalpreventiva), devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente
(desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.); le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto (agonistico) di interessi tra i vari attori della competizione.
Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze – tanto aggravanti quanto attenuanti – aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti
più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa. La ragione è quella cui si è fatto prima cenno: la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere – più o meno – avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali”.
Nel caso di specie i reclamanti non hanno neppure indicato quali siano gli elementi eventualmente valorizzabili come circostanze attenuanti, tali non potendo essere – alla stregua di quanto si qui osservato – né la pretesa indisponibilità dello stadio comunale per le proprie gare casalinghe del 1° e del 15 agosto 2023, né il preteso incompleto (e non omesso) adempimento dell’obbligazione di cui si discute, né tanto meno il presunto diverso indirizzo giurisprudenziale in materia.
10 In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, i reclami, già riuniti, devono essere respinti.
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