Dall’aneddoto con Ibra al ritorno a Pesaro, Tonucci: “Qui per chiudere un cerchio”
Il difensore classe 1988 si è raccontato ai nostri microfoni, soffermandosi sulla parentesi nella “sua” Pesaro: l’ultima tappa della sua carriera.
C’è chi il calcio lo vive e chi vive per il calcio. Denis Tonucci, attualmente difensore della “sua” Vis Pesaro, fa parte in maniera decisa e convinta del secondo gruppo. Lo si capisce dal suo tono di voce nel corso della chiacchierata. Non è solo passione, è attaccamento viscerale: “Non potrei stare senza questo sport. Ringrazio mia figlia che pratica equitazione perchè mi aiuta a staccare un attimo. Vederla libera e spensierata mi slega da un qualcosa a cui altrimenti sarei incollato per 24 ore al giorno. Anche quando non sono in primo piano – ha aggiunto – cerco di seguire tutto“.
La storia di Denis e questo suo irrefrenabile amore nasce quasi casualmente: “Avevo quattro anni e decisi di fare pattinaggio artistico perché volevo seguire mia sorella. A fianco alla pista, però, c’è era un campo da calcio e io con i pattini (ride, ndr) andavo sempre lì. Così mio padre un giorno mi disse: Denis se vuoi giocare a calcio non c’è nessun problema“.
E il sostegno della famiglia non è mai mancato: “I miei genitori sono sempre stati dalla mia parte. Il Cesena mi ha ingaggiato a 9 anni e mio papà, nonostante lavorasse come pescivendolo e avesse orari complicati, ogni giorno prendeva la macchina e da Pesaro mi accompagnava. Poi negli anni successivi gli allenamenti si intensificarono e mio padre non riusciva più a farcela. Così decise di comprarmi un telefono e mi mise sul treno. Ho visto tanti ragazzi, miei amici, che nel tragitto da Pesaro a Cesena si fermavano a Rimini per farsi un giro o per incontrare la ragazza. Io, invece, sono sempre andato all’allenamento, poi ritornavo a casa alla sera e studiavo. Per i miei genitori era fondamentale che prendessi il diploma e ci sono riuscito”.
Da queste basi nasce la vita calcistica di Denis. Una carriera fatta di tante sfaccettature ed esperienze di spessore, in cui il sogno del bambino che ha iniziato a giocare a calcio con i pattini è divenuto realtà.
Tonucci e la Puglia: “A Bari anni bellissimi. Foggia? Mi spiace per come è finita”
Tra i tasselli del personalissimo puzzle di Tonucci si riscontrano diverse piazze importanti, calorose. Un aspetto che per Denis ha una motivazione precisa: “Un direttore sportivo quando cerca un giocatore lo fa anche perchè a livello caratteriale deve avere caratteristiche precise. Se sono stato scelto in determinate realtà è perchè evidentemente io posseggo queste qualità. Ne vado fiero – ha ulteriormente aggiunto- perchè sin da quando sono piccolo sono sempre stato così. La stessa cosa succede in campo. Sono uno che quando scende in campo se c’è da mettere la testa nella lavatrice, la mette. Non mollo nulla“.
Perseveranza, dare tutto, dogmi chiari nel carattere di Denis e ben in vista anche nelle esperienze in Puglia con Bari e Foggia, due delle principali tappe della carriera del difensore: “In biancorosso ho vissuto anni bellissimi, lo stesso è accaduto il primo anno a Foggia. Grazie a Stroppa ho imparato tanto sia all’interno che fuori dal campo“. In rossonero, però, c’è un grande rimpianto: “Mi spiace per come è finita. Avevamo concluso benissimo la stagione 2017/18 ma con una situazione societaria instabile, con un -9 in classifica e tanti cambi allenatore non è stato facile lavorare. Poi, ovvio, in campo ci vanno i giocatori e fu giusto attribuirci delle responsabilità ma era una situazione complicata“.
La maglia ricevuta da Ibra: “Dopo le tante botte, mi meritai quel premio”
A Foggia l’esperienza si concluse con il fallimento ma all’interno di essa Denis riuscì a siglare la rete più bella del suo intero percorso – chiedere a lui per conferma. Una semirovesciata alla Ibrahimovic che illuminò lo Zaccheria. E no, il paragone con il campione svedese non nasce casualmente.
Qualche anno prima Denis, acquistato nell’estate del 2013 dall’Ajaccio, disputò in Francia l’unico campionato di massima serie della propria vita e lì ebbe modo di marcare l’ex campione di Milan, Inter e appunto PSG. Una lotta senza frontiere, a cui è annesso un aneddoto indimenticabile: “A fine partita dopo l’ennesimo contrasto, mi avvicinai dandogli del lei e gli dissi se almeno la maglia potevo averla dopo tutte le botte che mi aveva rifilato (ride, ndr) e lui me la diede dicendomi “si vede che sei italiano” per la tradizione dei nostri difensori: una frase che non dimenticherò mai. Ma l’aneddoto non finisce qui. A fine primo tempo Zlatan mi disse che la maglia l’aveva promessa a Mutu con cui erano stati compagni alla Juventus e allora gli chiesi addirittura scusa per il disturbo. Poi però a fine partita evidentemente decise di darmela perchè me l’ero meritata. Ancora oggi resta uno dei momenti più belli della mia carriera“.
La “sua” Pesaro: “Dopo tanto girovagare dovevo dare stabilità alla mia famiglia”
Le emozioni positive, i rimpianti, la Francia, il girovagare dal Nord a Sud dell’Italia, tutto questo con un’unica destinazione finale: Pesaro. Tonucci, ovviamente, non sapeva come si sarebbe svolta la sua carriera ma aveva l’ambizione di chiudere dove tutto è iniziato: “Dopo tanto girovagare credevo fosse il momento di dare stabilità alla mia famiglia. Ringrazio più di chiunque mia moglie perchè avere a fianco una donna del genere può portarti solo cose belle. Era il momento di tornare anche per ripagare tutto ciò che lei e i miei figli hanno fatto per me in questi anni. Era dovuto anche per la città, per i miei genitori, per i miei amici più stretti: una bella storia che, sperando di stare bene fisicamente, spero di proseguire ancora con la consapevolezza che quando si concluderà sarà un bel finale“.
In attesa di dire basta Denis si gode ancora il campo e la sua Vis Pesaro che tanto sta facendo bene nel girone B: “Siamo molto orgogliosi e soddisfatti di quello che abbiamo fatto finora, abbiamo la fortuna di essere guidati da Stellone che è un grande allenatore. Sin da inizio ritiro ci ha insegnato tantissime cose. Io lo conosco da Bari e non è mai cambiato. Per lui non ci sono titolari e riserve. Scende in campo chi merita e stiamo lavorando su tantissimi concetti che apprendiamo in maniera rapida“. Entusiasmo doveroso ma al contempo l’esigenza di predicare calma: “Certamente stiamo riscontrando risultati positivi ma questo non toglie che dobbiamo continuare a lavorare sempre di più ogni settimana per cercare di raggiungere l’obiettivo che è quello della salvezza. Una volta acquisita, poi vedremo se riusciremo a fare qualcosa in più“.
Il post calcio: “Mi piacerebbe lavorare con i bambini”
Alla determinazione e al non mollare mai, dunque, Denis abbina un’umiltà senza precedenti. Lo si percepisce in maniera ancor più chiara dal modo di porsi ai giovani: “In squadra ci sono diversi ragazzi molto piccoli ma non mi sento di poter dare dei consigli. Non ritengo di aver fatto nulla di così rilevante. Sicuramente ho visto tante situazioni e per questo mi sento di dire che per fare questo bisogna essere dediti al lavoro perchè può essere un aspetto decisivo“.
Un monito sempre ben presente nella testa del difensore pesarese, anche in vista del proprio futuro, su cui ha già un’idea precisa: “Ho avuto la fortuna negli ultimi due periodi estivi di fare dei camp con i bambini. La serenità e il divertimento di quando si è piccoli, senza ansie e senza pressioni mi affascina e quindi chissà se si apriranno degli spiragli in questo senso. Stare insieme ai bambini mi piace tanto. Al momento, però, il focus è sul campo, sulla stagione“. E non potrebbe essere altrimenti: per un “innamorato pazzo” del calcio come Denis chiudere al meglio il cerchio nella sua Pesaro non può che avere la precedenza su tutto il resto.