Ambizioni. La luce nel buio del futuro. La risposta alla fatica. La spinta per rialzarsi dalle cadute. La soluzione per dimenticare gli ostacoli del passato. La forza dell’autostima che sovrasta la paura di provare. Il segreto di Giuseppe Mastinu, centrocampista della Torres, risiede in questo. Nell’abilità di vincere il timore di sbagliare. Quello capace di condizionare. Di disegnare una falsa realtà che ti conduce verso scelte che potrebbero compromettere ciò che verrà dopo. Ricerca di appigli e stimoli ulteriori. Il bisogno di conferme. Incoraggiamenti e nuove esperienze. Proprio quelle che fino a quel momento rendono tutto più complesso. Nel gol allo scadere di Mastinu contro l’Arezzo è racchiuso tutto ciò. Una carriera trascorsa ad inseguire. Ad aspettare il momento giusto. Con il pensiero di non essere all’altezza che aleggia costante e imperterrito. Che annebbia la mente, ma non il destino. Lui ci vede sempre bene.
Cerchi: le esperienze della vita. Casuali o cercate. Sono l’essenza della persona. A volte rafforzano, altre abbattono, ma la loro indispensabilità risiede nel lasciare sempre qualcosa. Da ciascuna di esse saremo in grado di ricavare insegnamenti che permetteranno di affrontare quella seguente con maggiori consapevolezze. Questo è ciò che accade a Giuseppe Mastinu. L’esterno della Torres è l’esempio della circolarità concentrica delle esperienze. Dal punto centrale rappresentato dalle su ambizioni si aprono l’una dopo l’altra una serie di avventure che segneranno la sua carriera. Il gol contro l’Arezzo ne rappresenta il fulcro. È una rete che fa i conti con il passato che vuole cancellare. È la chiusura di un cerchio rimasto aperto sin troppo. Di quelli che più pesano nel proseguimento del cammino.
Rimorsi, paure e condizionamenti potrebbero prendere il sopravvento e indurti ad abbandonare sogni e progetti. Uno scenario che Mastinu conosce e vive in prima persona. La paura di non essere all’altezza, l’idea che a 25 anni sia ormai tardi per continuare a credere nel “domani”. Ambizioni: stimolo e zavorra allo stesso tempo. Non basta un debutto a 16 anni in Serie D con l’Arzachena. Come non sono sufficienti 5 stagioni da protagonista, 96 presenze e 13 gol in una squadra dov’è il più giovane e gioca con calciatori molto più grandi e abituati alla categoria. Non è abbastanza nemmeno la chiamata della Primavera di un club prestigioso come il Milan. No, perché il destino decide che quello non è ancora il tuo momento. Vuole convincerti. O forse spronarti a migliorare. La sfortuna di un infortunio potrebbe costringere a fare ritorno nella “comfort zone”.
Lì, nella sua Sardegna, in un paesino di poco più di mille anime dove già il nome descrive a pieno il contesto: Trasnuraghe. Lì, dove la cultura e la tradizione familiare inducono coraggio. La forza dei sentimenti. Quel papà ex calciatore di spicco della squadra di paese che, per quanto in suo potere, aiuta nel processo di crescita e acquisizione di fiducia. Che si materializza nell’affrontare ancora lunghe stagioni tra campi sconnessi e ginocchia sbucciate su e giù per l’Isola. Dal Budoni all’Olbia dove in due stagioni registra 16 gol. Uno dei quali è un cerchio rimasto aperto sino ad oggi.
Al centro la Torres. Condannata da Mastinu in finale playoff ad abbandonare sogni di professionismo. Una chiusura che sa di rivincita. Nel 2013 Giuseppe svolge l’intera preparazione estiva con i rossoblù, realizza 5 gol nel precampionato, ma la società non lo mette sotto contratto perché non lo ritiene adatto alla Lega Pro. Oggi, a Sassari “Beppe”, come lo chiamano i compaesani, sta chiudendo quel cerchio. Un’esperienza. La più dolce e gratificante. La paura delle aspettative si trasforma in forza d’animo. I sogni tornano ad essere la stella di un viaggio che vuole dimenticare il passato. Che non fa più paura, ma insegna.
La sofferenza delle aspettative. Questo è il calcio di Mastinu. La costante convinzione di aver commesso degli errori. Il timore di allontanarsi e di essere risucchiato nel vortice dell’ignoto da una parte e la foga di realizzarsi dall’altra. L’entusiasmo dell’idea di esserci riuscito sovrastato dalla paura che sia troppo tardi. Il sentore di aver esaurito le occasioni. L’idea ricorrente di mollare perché è ora di pensare a sé stessi. Di andarsene da quella “comfort zone” rappresentata dai sogni del pallone e costruirsi un avvenire concreto. Chiudere in maniera definitiva quel cerchio. Reinventarsi. Dal campo al bancone di un locale nella sua Sardegna. Dai dribbling allo shaker. Finché il tempo lo vorrà. Non è semplice fare i conti con il passato. L’ansia dei rimorsi. I rimpianti. Mastinu ha un conto in sospeso con sé stesso. Decide di saldarlo in grande stile. Passando dalla Serie D alla Serie B. Lo Spezia di Di Carlo punta su di lui.
Fa il suo esordio tra i professionisti a 25 anni in Coppa Italia contro l’Udinese alla Dacia Arena. E lì tutto si ferma. Istantanee e pensieri del passato si congelano. Sacrifici, rinunce e addii. Esperienze che segnano. Istantanee di soddisfazione. Resilienza e riconoscenza del sacrificio. Che trovano l’apice in un match contro il Perugia dove “Beppe” vince l’eterna battaglia con sé stesso (LEGGI QUI). Palla sul vertice destro dell’area, la sposta su mancino e la infila nell’angolino opposto. Mastinu e lo Spezia se ne vanno in Serie A. E alla soglia dei 30 anni colleziona le sue prime presenze lassù dove il timore di allontanarsi non l’avrebbe mai condotto. Questo è essere Giuseppe Mastinu. Vincere l’inconscio e fare i conti con esso. Trasformare le rinunce e le delusioni in insegnamenti. Raggiungere l’autostima. Così affronta il viaggio e ritorna in B. Chiude l’ennesimo cerchio e riparte da Pisa. Esperienze che fortificano. Giuseppe Mastinu e la Torres oggi: un cerchio che si chiude è l’apertura del successivo. Esperienze.
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