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Da Roma a Seregno con tanta umiltà, parla Valeau: sognatore concreto

Lorenzo Valeau apre le porte di casa sua, diviso tra genuine speranze e già solidissime consapevolezze.

Certe storie vanno comunque sempre raccontate. Senza la necessità forzata di scoop o fuochi roboanti.
Anche e soprattutto servendosi del rumore di una risata, oppure apprezzando il valore di una pausa, volta, a significare tanto in base al contesto.

Valeau, nato a Roma il 5 marzo del 1999, rappresenta in questo senso l’occasione perfetta per l’esplorazione di prospettive delicate.
La sua viva disponibilità, si traduce infatti in un velo molto apprezzabile di timidezza che, però non va assolutamente interpretato negativamente, in quanto strizza sempre l’occhio al fuoco pronto ad ardere, senza mai lasciarsi trasportare dal caso, insomma, parola d’ordine? Piedi per terra.
Fatte le dovute premesse per tratteggiare meglio il profilo del ragazzo romano, è dunque tempo di entrare nel dettaglio , per spiegare una connessione da sempre particolare.

“Il mio primo ricordo col pallone? La mia famiglia mi ha raccontato che già verso i 4 anni provavo a palleggiare al mare e spesso la gente si fermava curiosamente ad osservarmi”.

Amore a prima vista dunque.
Confermato a più riprese da un filo conduttore prezioso.

“Aldilà di questo piccolo aneddoto la passione vera e propria per il gioco la devo a mio nonno: le prime partite le guardavo con lui, da lì è proprio nato tutto, anche la fede per la Roma”.

Qui la voce si fa più fluida, quasi appassionata, perché a parlare, in certi casi, ci pensa soltanto quel muscolo involontario pronto a pulsare più forte che mai.

“Nella capitale ho vissuto anni bellissimi. Vestire quei colori, anche solo a livello giovanile é stato un onore. Qualcosa che non si può spiegare, ricordo ancore le emozioni dei trionfi 14-15 e 16-17 (rispettivamente campionato e Supercoppa Under 17 prima, Coppa Italia e Supercoppa Primavera poi), con i compagni mi sento ancora ma c’è altro che mi portò dentro”.

Cosa?

“Innanzitutto una data, quel 18 marzo 2018 di Crotone-Roma che significa prima convocazione con la prima squadra”.

E a proposito delle sensazioni poi, il ragazzo aggiunge.

“Delle intenzioni di Di Francesco ero già stato pre allertato ma per queste cose non si é mai pronti, conservo ancora con me i momenti passati a guardare il soffitto, mentre riflettevo sui progressi fatti, mi sembra di non crederci ancora oggi. Vorrei inoltre confermare ciò che si dice su Daniele De Rossi: persona speciale e capitano vero, non dimenticherò mai i suoi preziosi consigli durante gli allenamenti coi grandi”.

Il viaggio, però deve proseguire, anche con alti e bassi.
Così, una volta lasciata la via di casa, per Lorenzo è l’ora di farsi le ossa.

Ascoli e Catania sono state due esperienze diverse tra loro, se non ho purtroppo avuto modo di apprezzare fino in fondo quella bianconera a causa dell’infortunio, stare sull’Etna mi ha certamente dato qualcosa in più”.

Nonostante le poche presenze ed un’atmosfera piuttosto ‘caliente’ come quella 18/19 infatti, l’ex esterno rossazzurro non ha rimpianti.

“In una squadra come quella non puoi arrivare tu, ragazzino e pretendere di giocare. A Catania sono grato perché é stata la mia prima piazza vera, lì ho capito cosa significhi avere il fiato sul collo: vincere, vincere e ancora vincere. Non chiedeva altro la gente e a ragion veduta visto il glorioso passato, ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato”.

Altro giro, altra corsa la prossima tappa é, decisamente quella del salto.

Trentuno partite, un gol, due assist ma, soprattutto, tanta fiducia.

Imola é stata la mia isola felice, mi sono sentito a tutti gli effetti parte di un progetto. Sono stato circondato da persone fantastiche e la salvezza conquistata ha soltanto reso ancora più dolci i ricordi. Dico ancora oggi grazie all’Imolese perché mi hanno fatto sentire un calciatore importante a tutti gli effetti.

Gratitudine, compostezza, rispetto, anche nei confronti delle esperienze al di sotto delle aspettative.

“A Casertana e Fano dico sempre lo stesso grazie. Ma il discorso é sempre il medesimo, io ho un mio pensiero, credo che i giovani debbano entrare in uno spogliatoio ed essere spugne: dobbiamo assorbire tutto ciò che ci viene inculcato e trasformarlo in qualcosa di positivo, non occorre sempre dare la colpa a qualcuno”.

Malgrado l’inesperienza, Lorenzo colpisce.
Perché sa gestire ottimamente spensieratezza e maturità, quasi come si stesse destreggiando sul campo.

Prima di proseguire però una curiosità.
Accanto al nome e alla data di nascita infatti, chi si accinge a dare uno sguardo al suo profilo rischia di rimanerne ingannato.

Scrivere “Terzino sinistro “,in effetti, sembra molto riduttivo, così, forse, meglio chiedere direttamente a lui.
“Il mio ruolo? Ho fatto il terzino, il centrocampista centrale e adesso mi stanno utilizzando anche da quinto. Devo dire che é la mia posizione preferita: ho licenza di spingere e mi piace parecchio ma sono pronto a tutto ciò che deciderà l’allenatore”.

Il presente si chiama Seregno e al momento di accennare questa nuova realtà, Valeau spiega pimpante.

“Mi hanno da subito accolto benissimo. Qui c’è un ambiente straordinario e le vibrazioni sono simili a quelle che provavo ad Imola. Spero solo di continuare così, sono grato alla società per aver puntato su di me”.

9 partite in campionato, un gol, un assist.
Numeri incoraggianti, specie dopo il momento complicato che vede gli uomini di Mariani reduci da due sconfitte di fila.
Dal campo, però, serve anche andare oltre.
E il ragazzo romano giá ride di gusto.

“Che dire? Sono fidanzatissimo da anni, nel tempo libero preferisco stare fuori, anche se il più delle volte arrivo stanco dagli allenamenti. Ho lasciato a Roma la PlayStation perché ormai la priorità va data al campo.”

Sollecitato poi sui modelli da imitare, anche qui ecco un ottimo dribbling.

“Non ho un vero e proprio idolo, guardo molto Theo Hernandez ma non intendo assolutamente dire che mi sento già come lui o che diventerò come lui, niente paragoni pesanti per favore, che sennò poi qui in questo mondo a venir massacrati è un attimo, faccio il mio percorso e vediamo dove porterà”.

Risate sincere e (ancora) piedi per terra.
Nel finale, tuttavia, a domanda precisa, c’è spazio per i sogni.


Una futura speranza da coltivare e preservare.

“Mentirei se dicessi che in un futuro lontano non mi piacerebbe tornare a difendere la Roma. Come ho detto sono cresciuto con questi colori e non sarebbe male l’idea di un ritorno. Anche qui però, mi riferisco ad un obiettivo a lungo termine, un sogno per il quale cercherò di lottare e migliorare ogni giorno ma oggi sono completamente concentrato sul Seregno. Devo assolutamente ripagare la fiducia che il club ha riposto in me e la mia unica preoccupazione di oggi è conquistare la stima di mister e compagni”.

Il confronto finisce, palestra effettiva di nuovi profumi.

Si può ancora avere la testa sulle spalle.
L’espressione visiva del sogno concreto.
Che dalla pelle tempra anche il cuore.

In bocca al lupo, Lorenzo.

Non smettere mai di crederci.

A cura di Damiano Tucci