La normalità di un numero 1, Vismara: “Atalanta, sogno la A con te”
“Aspetta che vado a vedere nelle ricerche di Spotify… L’ultima che ho ascoltato è 00 di Artie 5ive”. Un paio di cuffie, le canzoni come compagne di viaggio: “Per concentrarmi, caricarmi o isolarmi, la musica mi aiuta in diversi momenti”. Ma Paolo Vismara che brano sarebbe? “Champions Dream. Presente no? Quella di Gollini”. E forse non poteva essere altrimenti. La canzone di un portiere passato dall’Atalanta per un altro che a Bergamo sta crescendo che racconta il viaggio verso un sogno. “Il mio? Arrivare in Serie A con la Dea e vincere il campionato”. Quella di Vismara, classe 2003 dell’Atalanta U23, è la storia di un ragazzo che ha reso grande la normalità. I guanti “rigorosamente bianchi” messi perché “fuori ero più scarso degli altri e non mi passavano la palla”. Bergamo è casa sua, dopo esserci arrivato a 8 anni. La mentalità ha segnato il suo percorso. Anni senza trovare molto spazio, l’esperienza a Torino e la D a Brindisi. Quest’anno una stagione da protagonista e a convocazione con l’U20: “Lavoro, dedizione e forza di volontà. Se non ci credi perdi solo tempo”. Questione di mentalità, appunto. Questo è il suo viaggio. Su le cuffie, tasto play. “Partiamo”.
“Io vado in porta”
“Ho iniziato nel giardino di casa con gli amici e poi con la squadra del paese”. Aspetta, una domanda… ma l’inizio è stato subito con i guanti? “No, giocavo fuori ma non ero molto bravo (ride ndr)”. Meglio in porta. Nel 2010 i primi provini con l’Atalanta: “Una gioia enorme entrare nel settore giovanile nerazzurro. Anche se da bambino pensavo solo divertirmi”. Una scuola di vita: “Ti formano come persona. Curano la crescita del ragazzo sotto ogni punto di vista. Ti insegnano il senso del rispetto”. Un percorso non semplice, soprattutto all’inizio: “I primi anni non ho trovato molto spazio. Mi sono serviti per crescere e diventare il giocatore e il professionista che sono”.
Perseverare
“Quando non giocavo ho pensato che il calcio potesse non essere la mia strada. Nella mia testa però non ho mai mollato”. Sottile spesso il confine tra il coraggio di crederci e la scelta di cambiare. A volte è solo questione di sensazioni. Sensazioni che vivono di mentalità: “Ero convinto che con la pazienza e il lavoro l’occasione sarebbe arrivata”. Un passo alla volta. Una parata alla volta. Quello di Paolo è un cammino costruito sulla gradualità e sulla perseveranza. Ogni cosa ha il suo tempo. Consapevolezze. La continuità “trovata con l’U18 nerazzurra” e poi due anni nella Primavera del Torino: “Non ho giocato molto, ma mi è servito per fare un’esperienza fuori casa”. Una crescita graduale, appunto. Poi la scelta di andare in D con il Brindisi: “L’ho vissuto come un passaggio naturale per la mia crescita. In quel momento era il giusto step per me”. E il campionato vinto: “Ho ancora i brividi. Un calore incredibile. Nella partita contro la Cavese sensazioni uniche”.
Presente nero e azzurro
In estate il ritorno di Vismara a Bergamo e la prima storica annata dell’Atalanta U23: “È una grande opportunità. Una squadra composta da ragazzi che si conoscono da anni e che vivono un forte senso di appartenenza per questi colori”. Una stagione vissuta da protagonista e la chiamata della Nazionale: “Indescrivibile. Ci speravo e ho lavorato questo”. La mente torna a un preciso momento: “Sei carico?” con una bandiera italiana, il messaggio dell’agente con cui Paolo scopre della convocazione. Dalla Nazionale alla prima squadra. Prime volte, emozioni uniche. “A San Siro contro l’Inter la mia prima chiamata in Serie A”. La stagione con l’Atalanta U23 e i primi contatti di Vismara con la squadra di Gasperini: “Allenarsi con loro è un’esperienza importante. Impari tanto e inizi a vivere quei ritmi e quell’intensità”. E il confronto con gli altri portieri: “Con Marco (Carnesecchi) ci conosciamo da un po’ di tempo. Ci sentiamo e parliamo spesso dopo le partite. Posso solo migliorare osservando lui e Musso”.
Essere e sognare
“Tenacia, voglia di migliorarsi, forza di volontà. Se uno non ci crede e non mette se stesso, spreca solo tempo”. Paolo ripensa alla sua storia. Quella storia fatta di panchine, qualche delusione e conquiste frutto del lavoro. “Se hai fiducia un’occasione arriva. Passa tutto dal lavoro quotidiano”. Normalità da numeri uno: “Sono un ragazzo tranquillo, poi certo… per fare il portiere un po’ pazzi bisogna esserlo”. “Il mio idolo? Alisson. Il mio obiettivo è alzare sempre di più il livello. Il sogno? Arrivare in Serie A. E magari vincere lo scudetto con l’Atalanta. Sarebbe meglio del Mondiale”. Lì dietro tra i pali: “Essere portiere significa essere da solo. Se sbagli, prendi gol. Ma è bello così, avere questa responsabilità nei confronti dei tuoi compagni”. La musica come compagna e dei tatuaggi “legati alla mia famiglia”. Magari il prossimo sarà la data della vittoria di un trofeo. “Mondiale o Champions il sogno. Con una parata con la mano di richiamo…”.
La canzone di Paolo è solo all’inizio. Champions Dream, tasto play.