“Il portiere deve credere in sé stesso”. Né Zoff, né Buffon sono parole di Andrea Zaccagno. E’ con questa filosofia che il portiere del Rimini affronta ogni attimo della sua carriera. Ogni difficoltà, ogni scelta che credi sia sbagliata in realtà ti fortifica. Il giudizio degli altri? Quello non conta mai. Fiducia nei propri mezzi, abnegazione e sacrificio sono gli ingredienti per costruire una carriera. Anche tra i pali. Zaccagno lo dimostra. Vediamo come.
“E pensare che ero così scarso”. Può sembrare assurdo e invece è realtà. Sì, perché l’approccio di Andrea Zaccagno al calcio è di quelli che, ad oggi, faresti fatica ad immaginare. Tutto comincia quando ha ancora la racchetta in mano. Il tennis è la porta d’ingresso al mondo dello sport. Disciplina che rimarrà sempre nel fortino delle sue passioni. Tuttavia, c’è qualcosa in quella sfera che rotola sul prato che lo attira. Ci pensa, osserva gli altri bambini finché mosso dalla curiosità decide di buttarsi nella mischia. Andrea inizia a giocare come difensore nella squadra del suo comune, Casalserugo. Qualcosa però non funziona. Inoltre, l’allenatore lo rimprovera a più riprese perché ha un difetto.
Fa troppi falli che un difensore non può permettersi. Arriva il primo torneo, a Marserà. L’allenatore si trova davanti a un bivio perché mancano i portieri. La soluzione? Andrea come difensore è pericoloso, qualcuno in porta deve entrare, quindi, siccome due più due fa quattro mette Zaccagno. Epilogo del torneo? Facile. Casalserugo campione e Zaccagno protagonista. In finale neutralizza tutti gli shootout. Entrato in porta per necessità, rimasto per passione.
“Galeotto fu quel torneo”. Non solo per Andrea, anche per il papà che rimane colpito dalle gesta del figlio. Il padre, suo primo tifoso, prende una decisione. Decide di accompagnare il ragazzo a Padova per farlo entrare nel settore giovanile dei biancoscudati. Come per ogni bambino di soli nove anni anche per Andrea all’iniziò è dura. A Casalserugo conosce tutti, ha i suoi amici ed è l’unica cosa che conta in quel momento. Fortuna vuole che il padre riesca a convincerlo.
Inizia così l’esperienza nel calcio giovanile. A Padova, nella sua città dove pone le basi della sua carriera. L’esperienza veneta dura a lungo. Fino alla Primavera dove, forse, si hanno le prime avvisaglie di un futuro che avrà qualcosa da scrivere. Lo dimostra l’aggregazione del classe 1997 alla Primavera da sotto età. In prevalenza la squadra è composta da ragazzi nati tra 1995 e 1996. E’ l’occasione per apprendere alcuni spunti per incrementare il suo bagaglio tecnico. Arrivano anche le prime vittorie giovanili. Nel 2014 il Padova è costretto a portare i libri in tribunale. Andrea però non smette di credere in sè stesso.
Come il giocatore, anche dall’esterno credono in lui. E’ il caso del Ds del Torino Massimo Bava che, da ottimo talent, non si fa cogliere impreparato. Andrea è in vacanza al mare, suona il telefono: “Vieni a Torino”. Senza nemmeno fare i bagagli si dirige verso il Piemonte. Non solo Bava, al Toro c’è anche un’ altra figura determinante nella scelta di Andrea. E’ Moreno Longo, allenatore della Primavera granata. Gran parte di quello che è oggi lo deve proprio all’attuale allenatore del Como.
E’ con lui che Andrea impara il valore del sacrificio, della determinazione, ma soprattutto scopre il significato della “forza di volontà”. “Pretende sempre che tu dia il massimo. I ragazzi della Primavera li allena come dovessero giocare in Prima Squadra. Vuole inculcare la mentalità di prevaricare sull’avversario“. Questo il pensiero di Zaccagno. Fattori che hanno reso l’esperienza ai piedi della Mole come la più formativa. A Torino Andrea passa da ragazzo a uomo. Impara il valore della squadra. “La solitudine” del portiere passa in secondo piano. Il portiere deve stare al centro dell’azione.
Sempre Longo insegna che se non si costruisce dal basso non si arriverà mai dall’altra parte con un lancio lungo. Zaccagno prende appunti, assimila e prova a mettere in pratica. Il risultato? A Torino riesce a migliorare anche palla al piede. Sulle orme dell’idolo Ter Stegen. La sicurezza nei piedi e nelle uscite del tedesco sono il suo punto di riferimento.
Ogni singolo elemento impresso da Longo aiuta Andrea e compagni a vincere lo scudetto Primavera nel 2015. Un rigore parato in finale ai pari età della Lazio guidata da Simone Inzaghi e si festeggia. Primo anno in maglia granata e già campione. Predestinato? “Di predestinato c’è solo Donnarumma” dirà il portiere ex Pro Piacenza. “Il portiere deve credere in sé stesso”.
E’ quindi ora di volare sempre più in alto. E così farà. L’anno seguente accetta di seguire il suo maestro Longo alla Pro Vercelli. In Serie B. “Ho sbagliato” rivelerà qualche anno dopo. L’ammissione di colpe si deve al fatto che l’eccitazione dell’offerta e la possibilità di giocare subito in cadetteria prevale sulla razionalità. Trascorre la stagione in panchina. Solo 3 partite. D’altra parte il suo collega titolare si chiama Ivan Provedel. Ma niente paura “Il portiere deve credere in sé stesso”.
A questo punto deve trovare il modo di riscattarsi. Deve ritrovare l’energia e gli stimoli di Torino. Lo farà con la maglia azzurra. Come Paolo Rossi nel 1982 o Totti nel 2006 anche Andrea riparte dalla Nazionale. Estate 2017. La Nazionale di Ventura non si qualifica al Mondiale in Russia. Calcio italiano in ginocchio. Ci sono, però, 22 ragazzini di appena 20 anni che pieni di grinta e passione sono pronti a riportare i sorrisi al popolo “calciofilo” italiano. Inizia il Mondiale Under 20.
Per il CT Evani Zaccagno è il portiere titolare. Un’esperienza unica per Andrea e per quell’Italia che guarda al futuro. Con Andrea giocano Pessina, Orsolini, Mandragora, Dimarco e Barella. Quest’ultimo il più forte secondo Zaccagno. Il portiere viene da un secondo posto all’Europeo Under-19 come “numero 12”. Il titolare? Meret. La nazionale chiuderà la rassegna internazionale con uno storico terzo posto e Zaccagno scriverà il suo nome negli annuari. Il classe ’97 è il portiere con il maggior numero di parate del torneo. Tra le curiosità della competizione c’è anche il primo rigore dato con il VAR. Parato da Andrea al’Uruguay. “Il portiere deve credere in sè stesso”.
Dopo aver assaporato il calcio che lui definisce “vero” torna a Torino. Ad aspettarlo c’è il ritiro estivo con la prima squadra. Sogno o son desto? Si sarà chiesto. Andrea può allenarsi con Belotti e compagni. Con il Gallo c’è subito sintonia. Peccato che l’ex capitano del Toro gli faccia spesso gol. Ma è Salvatore Sirigu il vero “guru” di Andrea. “Intelligenza tattica, carisma e senso della posizione”: sono queste le caratteristiche che “ruba” al portiere sardo. “Il senso di posizione che ha Sirigu non lo ha nessuno“.
Terminato il ritiro capisce che per lui non c’è spazio alla corte di Mazzarri. Non vuole ripetere l’errore di Vercelli quindi decide di andare per gradi. Riparte dalla Serie C. A Pistoia. “A Pistoia posso dire di aver vissuto la mia prima vera esperienza da professionista”. Gioca oltre trenta partite e convince tutti. C’è solo un problema che lo perseguita. La struttura fisica. 183 centimetri non sono una misura convincente per un portiere. Inoltre, è magro, longilineo. Caratteristiche che lo penalizzano nel trovare squadra. “Vogliono portieri alti e piazzati”. Ma…“un portiere deve credere in sé stesso”.
Nell’estate 2019, tornato alla base subisce un grave infortunio alla spalla. Rimane fermo per un lungo periodo, ma non molla. Riparte dalla Serie B. Virtus Entella. “Ho sbagliato di nuovo“. Il rientro è troppo affrettato e incorre in una ricaduta. Niente paura. Riposo, riabilitazione e si riparte. Sempre in cadetteria. Questa volta alla Cremonese con Bisoli che lo lancia subito titolare. Dura poco. L’ allenatore di Porretta viene esonerato dopo la prima partita di Andrea. Arriva Pecchia che porta con sé un altro giovane portiere. Carnesecchi. Per Andrea si chiudono le porte del campo. “Un portiere deve credere in sé stesso”.
Quindi tocca alla Romagna. La neopromossa Rimini vuole rilanciarsi nella terza serie. E prima di tutto serve un portiere affidabile. Una scelta stimolante per Andrea. Da Rimini sono partiti dei baluardi del ruolo come Handanovic e Consigli. “Zaccagno mi ricorda anche un po’ Consigli” dirà Fabio Fenucci, preparatore dei portieri biancorossi. Ai piedi del Ponte di Tiberio sta colpendo tutti. 24 presenze, 10 clean sheet e ancora una volta un rigore parato. Importante e pesante come sempre. Quello del big-match contro la Reggiana. E siccome la filosofia non è cambiata. Non smette di credere né in sé stesso né nei sogni del Rimini. In fondo “quando sei un pro giochi prima per la squadra e per tifosi, sempre”.
Andrea Zaccagno, un portiere che non si arrende.
A cura di Alvise Gualtieri
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