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Zeman-Pescara, storia ed eredità: il percorso del boemo in biancazzurro

Emblema di coraggio, icona dello sport pulito, cultore di un pensiero calcistico destinato a rimanere scolpito nella storia. L’amore tra Zdenek Zeman e il calcio si riassume così. Con quello sguardo sempre molto attento verso la palla che rotola, la cura del dettaglio, la fermezza di restare aggrappato a uno stile e l’energia di resistere a tutte le contrapposizioni. Un percorso netto, quello di Zeman, reso ancor più significativo dalla presenza di tantissimi seguaci e discepoli, che ne hanno compreso il valore del suo lavoro. Soprattutto per la bellezza di ricercare un qualcosa che andasse oltre il semplice risultato. 252 gol fatti, 217 subiti, 135 partite, 62 vittorie, 26 pareggi, 47 sconfitte, una promozione in Serie A, due ritorni e tre diverse parentesi a Pescara.

Credit: Massimo Mucciante

Un viaggio iniziato nel 2011

Pescara, 22 giugno 2011. Tutto parte da qui. Da quella scelta forse rischiosa ma efficace operata dal duo Delli Carri-Sebastiani: fuori Di Francesco dentro il boemo. È l’inizio di un’altra bella storia di Zemanlandia, principio di legame unico tra la gente e il suo calcio temerario. È, soprattutto, l’inizio della storia d’amore tra Zdenek Zeman e il tifo biancazzurro. Un colpo di fulmine scattato già dalla presentazione al porto del capoluogo abruzzese, che riportò la squadra a essere apprezzata e sostenuta dalla piazza. Risultato? Titolo di Serie B acquisito al termine dell’annata. Complice anche una cavalcata trionfale contraddistinta da numeri pazzeschi: 26 vittorie, miglior attacco con 90 gol, soli 5 pareggi e un giovane Ciro Immobile capocannoniere a quota 28 centri. Un parco divertimenti puro, tradotto nel concetto più virtuoso di squadra, che andò aldilà del mai rinnegato 4-3-3.

Sogno playoff infranto

Accantonate tutte le problematiche venute a galla nella seconda esperienza biancazzurra del boemo nel 2018, il corso targato Sebastiani regalò nel 2023 al maestro (nel frattempo reduce da una buona stagione a Foggia) l’ennesima, grande occasione: riportare il club ad avere una forte identità. La risposta non si fece attendere: Zeman allestì in poco tempo una squadra capace di esprimere un calcio aggressivo, propositivo e verticale, che totalizzò 8 vittorie e 4 pareggi in 15 partite e segnato 35 gol. Solo la sfida ai calci di rigore, nella semifinale dell’Adriatico giocata con il Foggia negò al Pescara la finale playoff di C.

Il calo del sipario su Zemanlandia

Dal terzo migliore attacco di tutti i gironi con 46 gol segnati in 27 partite alla percentuale più alta di produzione offensiva di tutta la Lega Pro. Zeman, nonostante il sesto posto in classifica e le 10 sconfitte in campionato, ha lasciato il suo timbro anche in questa squadra, valorizzando tanti ragazzi come Accornero, Cangiano, De Marco, Squizzato e Dagasso, alla prima esperienza tra i professionisti. Rilanciato Di Pasquale e confermato Mesik nel pacchetto arretrato, il cecoslovacco ha dato le chiavi del suo tridente a Cuppone (8 gol e 6 assist) e giocando alla pari con quasi tutte le squadre affrontate nella corrente stagione.

Un sipario calato su Zemanlandia a causa dell’intervento alla carotide (al quale è stato sottoposto il nativo di Praga) che lascia l’amaro in bocca, che lascia qualcosa di incompleto, una porta chiusa in faccia che forse riavvolge il nastro di una carriera che spesso poteva essere ma non è stata. O forse proprio perché si è svolta in questa maniera, rimarrà scolpita alla storia di questo sport. Perché molti hanno vinto più del boemo, ma in pochi saranno a essere ricordati come lui.

A cura di Anthony Massaro.

Redazione

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