Dal Foggia a Foggia, nel segno di un’amicizia inesorabile: Zdenek Zeman e Beppe Signori. 39 anni fa la prima avventura insieme: allenatore e giocatore, maestro e allievo. Ad unirli, un filo rosso(nero) – e successivamente biancoceleste, alla Lazio. Adesso, invece, grandi amici, connessi da un rapporto speciale. Quasi quattro decenni non possono cancellare il legame tra Zeman e il suo “figliol prodigo” Signori, che è tornato dove tutto ebbe inizio. Questa volta, però, il club pugliese è in Serie C e l’ex attaccante è andato a far visita al boemo.
Ricordi che passano davanti agli occhi. La memoria che torna nel passato. Un rapporto dissolubile segnato nel tempo. Un legame di calcio. Un legame di vita. Chissà cosa avrà pensato Signori nel rivedere Zeman seduto su quella panchina. La fatica e il sudore, o, magari, tutti gli insegnamenti che gli diede il boemo. Insegnamenti che hanno cambiato la sua carriera. Un destino comune a quello di Totti. Per entrambi Zeman ha dipinto un ruolo diverso da quello a cui erano abituati. Un disegno tattico e tecnico differente. Una qualità, la loro, posta come riferimento delle sue squadre. Una qualità da centravanti. Fu grazie al boemo, infatti, che Signori diventò un attaccante.
“Ciao bomber”, le parole con cui Zeman accolse Signori, appena arrivato a Foggia. “Guardi che si è sbagliato. Io sono Signori e ho fatto soltanto cinque gol l’anno scorso a Piacenza di cui tre sui calcio di rigore”. La risposta. L’inizio della rivoluzione. Di solito, nel corso della carriera gli attaccanti tendono a scalare progressivamente di posizione. Zeman e Signori, però, erano avanti. Riuscivano a intravedere oltre i limiti del prevedibile. Ed è così che l’allenatore polacco decise di riadattare il giocatore lombardo. Nel 4-3-3 di marchio zemaniano un trequartista non ci stava bene, meglio provarlo da attaccante. Una follia per quelli che erano i centravanti dell’epoca.
La scelta, però, si rivelò vincente. Il sinistro di Signori uscì finalmente allo scoperto, e così anche i gol. 27 nei due anni in Serie B, che regalarono la promozione al Foggia. L’ultimo anno in rossonero, in Serie A, altri 11. Poi il momento dell’addio, solo momentaneo, ma Signori ormai aveva imparato a cavarsela anche da solo. Doppia cifra inevitabile a Roma. 55 reti nel primo biennio e due volte capocannoniere del campionato, aspettando il suo mentore. Quando Zeman si trasferì alla Lazio, ritrovò il mancino che aveva fatto innamorare i due: 62 gol in tre anni, arrivando anche nel 1996 al vertice della Serie A insieme a Igor Protti.
Un viaggio partito da Foggia. Zeman come guida.
A cura di Nicolò Franceschin e Gabriele Ragnini
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